Il 2024 sarà un anno di grandi appuntamenti elettorali. A spiccare sono le elezioni che si svolgeranno negli Stati Uniti, in Russia, India, Unione europea e Taiwan. Sul Vecchio Continente aleggia però lo spettro di un’altra votazione che, qualora fosse indetta, potrebbe rivelarsi altrettanto decisiva. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non ha infatti ancora escluso del tutto l’ipotesi di chiamare alle urne il suo Paese.  

Se la Russia non avesse lanciato la guerra di aggressione contro Kiev nel 2022, l’Ucraina sarebbe tornata al voto nei mesi di febbraio o marzo del prossimo anno. Il conflitto in corso, l’occupazione di vasti territori ucraini ad est e a sud, la controffensiva dimostratasi più lenta del previsto e gli impedimenti legati alla legge marziale. Questi sono alcuni degli elementi che frenano Zelensky dall’annunciare le elezioni.  

D’altra parte, la classe politica continua ad interrogarsi su tale prospettiva mentre il presidente ucraino valuta con la massima attenzione tutte le opzioni. Ottenere un mandato forte per assicurarsi il sostegno della maggioranza della popolazione potrebbe rivelarsi particolarmente utile nel caso in cui gli sforzi bellici dovessero, come sembra, prolungarsi e richiedere nuovi sacrifici. Come visto di recente negli Stati Uniti e in Polonia, lo scenario di una riduzione degli aiuti militari forniti dagli alleati occidentali si sta materializzando prima del previsto. L’organizzazione del Forum dell’industria bellica svoltosi nei giorni scorsi a Kiev fa da preludio ad una trasformazione dell’Ucraina in uno Stato militare che rende manifesta la consapevolezza che l’aggressività russa sarà sempre un fattore di cui tenere conto e per la quale occorre prepararsi in tempo. Nel presente come nel futuro. Una netta vittoria elettorale potrebbe inoltre garantire al presidente ucraino una maggiore autorevolezza al tavolo dei negoziati nei confronti di Mosca o di una coalizione di nazioni terze. 

“Noi siamo pronti. Non è una questione di democrazia. È una questione legata alla sicurezza”. Così si è espresso il leader ucraino in una conferenza a Kiev. Zelensky ha dichiarato che sarebbe favorevole alle elezioni solo se gli osservatori internazionali potessero certificarne la regolarità. Riconoscendo che gli attacchi missilistici russi contro le città e le ritorsioni di Mosca contro gli abitanti di territori occupati renderebbero l’organizzazione del voto un incubo logistico, il presidente ha evocato la possibilità di far votare i cittadini online

Secondo il gruppo di ricerca indipendente United Ukraine, Zelensky gode della fiducia del 91% degli ucraini intervistati, seguito dal comandante delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny, con l’87% e da Serhiy Prytula, un rappresentante dell’opposizione, con l’81%. “Il primo passo è la vittoria, dopo viene tutto il resto” ha affermato Prytula il quale, come il presidente, ha un passato da attore comico, è a capo di un’associazione di beneficenza che sostiene i militari e ha sospeso dall’inizio della guerra ogni attività politica.  

Gli alleati di Kiev non hanno preso una posizione sull’eventualità del voto volendo evitare ingerenze nella vita politica del Paese che potrebbero danneggiare l’autorità di Zelensky. Un’eccezione è rappresentata dal repubblicano Lindsey Graham, grande consigliere di Donald Trump al tempo della sua amministrazione. Il senatore americano incontrando il presidente ucraino lo ha invitato a svolgere le elezioni nonostante la guerra come un atto di sfida contro la Russia e una scelta a favore della democrazia e della libertà. 

Secondo il Kiev Independent l’opposizione vorrebbe un ritorno alle urne dopo la fine del conflitto perché è consapevole che nella fase attuale non avrebbe speranze contro Zelensky. Una minaccia alla leadership del presidente a quel punto potrebbe arrivare dalla candidatura del generale Zaluzhny. Se i termini della pace saranno più vantaggiosi per gli ucraini rispetto a quelli riservati agli aggressori e un sentimento più critico avrà preso piede, Zelensky potrebbe seguire il destino di Winston Churchill, il primo ministro britannico che vinse la guerra ma perse poi alle elezioni. 

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