Il dubbio assale Kiev, i suoi alleati e gli esperti militari. Tutti sono convinti che la Russia, entro la fine di febbraio, darà il via a una nuova offensiva in Ucraina. Ma nessuno riesce a dire con certezza dove e soprattutto in che modalità e numeri essa possa definitivamente cominciare.
L’intelligence britannica, nel suo ultimo briefing quotidiano sulla situazione del fronte, ha scritto che “è altamente improbabile che la Russia tenti un’offensiva che comporti l’attraversamento del Dnipro“. In questi mesi le due parti del conflitto hanno mantenuto alta l’attenzione sul corso del fiume, e in particolare sul suo delta, attraverso continue schermaglie. Ma un potenziale assalto che preveda l’attraversamento in massa del fiume viene considerato una manovra “estremamente complessa e costosa”. Anche se, come descritto su questa testata, non può essere escluso del tutto.
La situazione a est
Resta invece alta l’attenzione a est, soprattutto perché l’intelligence ucraina ha da tempo avvertito che, in base alle proprie informazioni, il presidente russo Vladimir Putin avrebbe ordinato la conquista delle regioni di Donetsk e Luhansk entro marzo: in sostanza entro un anno dall’inizio dell’invasione.
Dal momento che la “operazione militare speciale” ideata dal Cremlino prevede tra i primi obiettivi la “messa in sicurezza” del Donbass e la sostanziale acquisizione sancita anche dall’annessione ratificata da Mosca, per Putin è essenziale presentarsi di fronte all’opinione pubblica e alla comunità internazionale con quello che per lui rappresenterebbe il traguardo raggiunto dopo quel 24 febbraio 2022.
Di recente, il capo del consiglio nazionale di sicurezza ucraino, Oleksiy Danilov, ha riferito a Reuters che l’offensiva russa, ritenuta questione di giorni, avrebbe nel mirino anche Kharkiv o Zaporizhzhia. In questo secondo caso, gli occhi sono puntati in particolare sulla ormai nota centrale nucleare, e non è un caso che in questi giorni il direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, è atteso a Mosca proprio per discutere della sicurezza dell’impianto ucraino.
Le ultime informazioni che giungono da est confermano che l’idea della Federazione Russa sia quella di spingere il fronte oltre all’attuale linea su cui si sono assestate le truppe (in pratica oltre la cosiddetta linea Wagner). Le autorità ucraine parlano di decine di migliaia di soldati russi nelle regioni occupate. Nei giorni scorsi, su Telegram è stato comunicato l’arrivo di circa 15mila nuove unità nell’area di Mariupol, dove al momento vi sarebbero, tra città e provincia, 30mila soldati russi. Il governatore ucraino di Lugansk, Serhiy Gaidai, ha riferito di una nuova avanzata dell’esercito di Mosca che avrebbe nel mirino le località di Bilohorivka, Kreminna e Svatove.
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I progressi della Russia
Il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, a conferma di questa accelerazione dei piani del Cremlino, ha annunciato ieri l’avanzata su Bakhmut e Vulhedar. La prima, in particolare, insieme a Soledar, continua a essere un vero “tritacarne“, con migliaia di vite spezzate dalla furia della battaglia. Come riporta Adnkronos, il ministro ha voluto sottolineare, in un raro aggiornamento su quanto accade dal fronte, che secondo i dati di Mosca l’Ucraina avrebbe perso, soltanto nel mese di gennaio, 6.500 soldati, centinaia di droni e carri armati e diverse decine di aerei ed elicotteri. Mentre secondo fonti militari di Kiev, i morti tra i russi, soltanto il 6 febbraio sarebbero stati più di mille. Entrambe le informazioni sono impossibili da verificare, ma di certo segnalano l’ampiezza degli scontri.
L’inaspettato update di Shoigu sul conflitto confermerebbe l’importanza che questa offensiva riveste nei piani russi, e dimostrerebbe anche una certa rinnovata fiducia da parte degli apparati militari di Mosca sull’esito della guerra. Il silenzio che ha caratterizzato per mesi la conduzione della guerra è infatti andato parallelo con un sostanziale ripiegamento russo nelle aree dove era più facile controllare la linea del fronte. E quella fase si è caratterizzata soprattutto per un conflitto sempre più evidente tra segmenti della difesa, mercenari e milizie che ora appare meno manifesto. Almeno a livello di dibattito pubblico. A conferma che ora sono le forze armate russe a volere ottenere risultati per evitare che Wagner e ceceni abbiano il sopravvento politico sul modo di condurre la guerra. E la presunta offensiva di febbraio appare incentrata proprio su questo cardine, per il quale, non a caso, è stato richiesto l’intervento del capo di stato maggiore, Valerij Gerasimov.
Questo, tuttavia, non implica di per sé che l’offensiva sia immediatamente su vasta scala né che essa avvenga secondo le ipotesi paventate da Kiev. In parte perché l’esercito russo, anche a causa delle numerose perdite registrate, potrebbe scegliere una strada meno complicata evitando battaglie di ampia portata e soprattutto su più fronti, ma scegliendo di puntellare le aree dove sa di potere avanzare e infliggere danni agli ucraini. In parte perché allungare di nuovo la linea del fronte rischia di pregiudicare quella rinnovata capacità di gestione fornita dal ritiro degli ultimi mesi e quindi dalla riduzione delle distanze.
Inoltre, come ricordato da diversi analisti, il ricambio di forze dagli altri distretti militari, con riservisti, nuove leve, o addirittura con i carcerati arruolati dalla Wagner, è quantitativamente importante ma qualitativamente rischioso: non si tratta di veterani né di unità addestrate per andare in prima linea, ma utili, al contrario, per il controllo dei territori occupati. Se Kiev resiste, per il Cremlino il fallimento dell’offensiva avrebbe un effetto estremamente deleterio sul morale delle truppe e sulla tenuta degli apparati della difesa. E in questo momento Putin ha bisogno di dimostrare che, dopo un anno di guerra, i sacrifici richiesti dalla Russia hanno portato a un risultato concreto.