Non era giovanissimo, non sembrava animato dal furore post adolescenziale che porta a volte a fare scelte apparentemente incomprensibili. Non era povero o di bassa istruzione, tanto da poter essere attratto magari da qualche ideale in grado di colmare determinati vuoti nella propria esistenza. Soprattutto, non aveva mai fatto trasparire nulla circa la sua volontà di andare nel Rojava, nel cuore del Kurdistan siriano. Per questo ancora ci si interroga come mai Giovanni Asperti sia voluto andare verso quel campo di battaglia al fianco delle forze curde. E come mai, soprattutto, da lì non sia più tornato.
La famiglia di Giovanni Asperti
Ad ufficializzare la morte dell’italiano impegnato nelle forze Ypg, ossia le milizie di autodifesa curde in Siria, è un comunicato della stessa formazione curda. Non si chiariscono però i motivi del decesso. Si sa, e lo si è appreso nelle ore successive alla notizia della morte di Asperti, che lo stesso italiano in qualche modo sapeva di dover morire sul campo. Nello scorso mese di luglio lascia infatti una lettera ai suoi fratelli in cui, tra le altre cose, afferma di andare a combattere nel Rojava: “Faccio conto di non tornare mai più, e non nel senso che vivrò là il resto dei miei giorni: nel senso che cercherò attivamente la morte liberatrice sul campo. Vado a fare la guerra per i curdi”. I suoi fratelli non si spiegano i motivi della scelta. Tutti e tre sono conosciuti nella loro cittadina di origine: Ponteranica, in provincia di Bergamo. Stefano Asperti è preside della facoltà di lettere dell’università La Sapienza di Roma, Carlo Asperti invece lavora per il consorzio aerospaziale Leonardo, infine Andrea Asperti è docente di informatica a Bologna.
Tutti ben in carriera, figli del resto di una famiglia che annovera al suo interno nel passato intellettuali e senatori. Il padre di Giovanni Asperti, Pietro, è tra i fondatori del gruppo de Il Manifesto a Roma durante il ’68, mentre lo zio Vittorio Chiarante negli anni passati è più volte senatore del Pci. Ma anche lo stesso Giovanni appare in carriera: da sempre appassionato di geologia, nel suo paese raccontano in queste ore che al liceo si porta avanti con le materie rispetto ai compagni proprio per dedicarsi alla geologia. Passione che è anche il suo mestiere, visto che risulta impegnato in una società del settore che si occupa di dismissione delle piattaforme petrolifere. Non solo: Giovanni Asperti sembra condurre anche una vita normale. Poche frequentazioni sui social, una moglie e due figli adolescenti: elementi dunque, che indicano una vita piena per l’appunto, con affetti e con lavori che non portano a pensare a repentini drastici e fatali cambiamenti.
Quei conti che non tornano
La situazione appare anomala. La Digos in queste ore sta scandagliando il comportamento di Giovanni Asperti sul web, anche se, come si legge su Repubblica, al momento non sarebbe stato trovato nulla. Ma di certo con qualche referente l’italiano avrà pur parlato, difficile immaginare che si sia presentato sul campo di battaglia curdo improvvisamente e senza conoscere nessuno. Giovanni Asperti sarebbe partito il 23 luglio 2018 da Malpensa, con un volo destinazione Abu Dhabi. Da lì poi, con un altro viaggio aereo, raggiunge Erbil. Si tratta del capoluogo della regione autonoma del Kurdistan iracheno, città di riferimento per tutti coloro che vogliono andare nel nord dell’Iraq o per l’appunto nell’est della Siria. Tutto viene programmato in silenzio, l’unica traccia è la lettera fatta arrivare ai fratelli pochi giorni prima della partenza: “Combatto per i curdi, ma non vado a fare il mercenario”, scrive tra le altre cose.
Ma i veri elementi che non tornano, sono principalmente due: l’età della vittima ed il reale motivo della morte. Giovanni Asperti aveva 50 anni, un’età ben al di sopra della media dei combattenti del Ypg. Tra i curdi combattono soprattutto ragazze e ragazzi, tanti giovani non solo curdi che difendono sia la causa del popolo mediorientale che l’ideale che sta alla base della fondazione del Rojava. Quest’ultima avviene nel 2012, quando cioè i curdi si rendono autonomi sfruttando la debolezza del governo siriano impegnato nel suo primo anno di guerra. Le forze Ypg sono le stesse che combattono l’Isis, lo fanno a Kobane quasi da sole, successivamente ricevono armi e supporto dagli Usa specie da quando, nell’ottobre 2015, i combattenti danno vita alla coalizione Sdf. Ci sono pure diversi ragazzi italiani nel Ypg, ma nessuno supera i 30 anni. Il motivo che spinge Giovanni Asperti ad andare fin laggiù a 50 anni e con una famiglia sulle spalle, oltre ad una carriera avviata, rimane un mistero.
Ma c’è un altro elemento, per l’appunto, che non torna. Nel comunicato del Ypg in cui si rende onore al combattente italiano, non viene specificato il motivo del decesso. Potrebbe apparire, in primo luogo (trattandosi di una zona in guerra), di una morte in battaglia. Ma nella cittadina dove Giovanni Asperti ha trovato la morte, non si combatte da anni. Dayrik, questo il nome della località, si trova nell’estremo nord est della Siria. Si tratta di una zona controllata dai curdi da almeno sei anni, l’Isis da queste parti non ha mai messo piede. Il califfato in Siria rimane confinato attualmente ad una sacca ad est dell’Eufrate, in una zona molto lontana rispetto a quella dove è morto Asperti. È pur vero che i curdi si aspettano una possibile nuova invasione turca e delle milizie filoturche, ma al momento nonostante i proclami di Erdogan non ci sono battaglie in corso. Perchè dunque Asperti, pur andando nel Rojava in un momento di maggior calma della guerra, nella lettera scrive di andare a cercare la “morte liberatrice” sul campo? E perchè, soprattutto, il geologo italiano è in effetti poi deceduto pur se non in una zona di guerra?