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Un’attività così intensa di unità navali e velivoli di Russia e Stati Uniti non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda. Se ci fosse dato di svegliarci oggi dopo aver dormito per 20 anni, potremmo pensare che tra le due superpotenze sia in atto un confronto militare identico a quello che intercorreva ai tempi dell’Unione Sovietica. L’ultima notizia è quella che riferisce del terzo dispiegamento nel Mar di Barents, cioè in un mare artico a ridosso del territorio russo, di un cacciatorpediniere della classe Arleigh Burke, che hanno in dotazione il sistema Aegis in grado di colpire, se equipaggiato con il missile “Standard” Sm-3, i missili balistici nella fase denominata midcourse, ovvero di volo dopo la spinta iniziale.

Nello specifico l’unità che è in navigazione verso il Mar di Barents è l’Uss Ross (Ddg-71), ed è la terza volta, quest’anno, che naviglio dell’Alleanza Atlantica penetra nelle fredde acque del Grande Nord.

A settembre sempre il Ross e un P-8A Poseidon del Patrol Squadron (Vp) 47 si unirono alla fregata della Royal Navy Hms Sutherland (F-81), alla fregata norvegese Hnoms Thor Heyersdahl (F-314) e ad una nave da rifornimento per dimostrare la capacità di integrazione tra gli alleati della Nato. Prima ancora, a maggio, è toccato al caccia Donald Cook (DDG-75), insieme al Porter (DDG-78), al Roosevelt (DDG-80) e alla fregata inglese Kent (F-78).

Anche quest’ultima crociera è accompagnata da pattugliatori marittimi, che ormai effettuano missioni quotidiane in quelle acque: negli ultimi quattro giorni, infatti, P-3C Orion norvegesi e P-8 Poseidon dell’U.S. Navy si sono alternati in voli di ricognizione decollando dalle basi di Andoya (Norvegia) o Keflavik (Islanda). L’ultima, proprio di oggi mercoledì 21 ottobre, è quella di un Orion norvegese diretto verso il Mar di Barents, di Norvegia e la Groenlandia.

Il passaggio dell’Uss Ross nell’Artico segue la sua partecipazione all’esercitazione Joint Warrior 20-2, una serie di manovre multilaterali guidate dal Regno Unito per fornire alle forze Nato e alleate un ambiente multidominio unico al fine di prepararsi alle operazioni globali durate dal 21 settembre al 15 ottobre e a cui ha partecipato anche la portaerei britannica Hms Queen Elizabeth con imbarcati i caccia F-35 della Royal Air Force e dei Marines americani.

Cambiando fronte, ma restando nella zona dell’Artico, e cambiando anche dominio passando da quello navale a quello aereo, proprio ieri la difesa aerea dell’Alaska è stata chiamata a intercettare e scortare due bombardieri russi tipo Tupolev Tu-95MS che stavano effettuando una crociera della durata complessiva di 11 ore nei cieli sopra i mari di Chukchi, Bering e Okhotsk, nonché sulla parte settentrionale dell’Oceano Pacifico. I bombardieri russi, accompagnati da un aereo Aew (Airborne Early Warning) A-50, sono stati scortati da due Sukhoi Su-35 e due Mig-31 mentre il Norad, il North American Aerospace Defense Command, ha fatto decollare su allarme una coppia di F-22 Raptor, supportati da un E-3 Awacs e da una aerocisterna Kc-135.

Sempre nello stesso settore, ma il giorno dopo, è arrivata la risposta degli Stati Uniti. Un bombardiere B-1B accompagnato da un’altra aerocisterna è stato intercettato dalla difesa aerea della Russia, che ha fatto decollare ancora caccia Su-35 e Mig-31, sul Mare di Bering. In un breve video diffuso dal Ministero della Difesa russo è possibile apprezzare l’intercettazione dei velivoli americani.

Questi voli di pattugliamento sono operazioni di routine, sebbene, come già accennato, siano tornati di moda di recente dopo una “vacanza” durata quasi 20 anni. Normalmente sono senza storia, ma capita che a volte, per l’intemperanza di un pilota o per un qualche tipo di “ordine”, soprattutto nel caso russo in cui il sistema stesso di guida-caccia non lascia molto spazio all’iniziativa personale, avvengano degli “incidenti” che aumentano la tensione tra i due contendenti. Ad agosto, ad esempio, le forze armate statunitensi hanno accusato la Russia di aver effettuato una intercettazione pericolosa di un bombardiere B-52 Stratofortress mentre, durante un volo che lo ha portato a toccare i cieli di 30 Paesi della Nato e alleati, è stato oggetto di manovre aggressive da parte di un caccia russo Su-27 mentre si trovava sul Mar Nero. La Nato ha anche affermato che un altro Su-27 ha commesso una violazione dello spazio aereo della Danimarca mentre effettuava un’altra intercettazione di un B-52 sul Mar Baltico a settembre.

L’attività di Nato e Russia nei cieli, e nei mari, è pressoché continua in tutti i settori dei rispettivi confini, però, dati alla mano, quella effettuata a ridosso del Circolo Polare Artico è maggiore. Qui assistiamo maggiormente all’attività dei bombardieri e pattugliatori marittimi russi che, a cadenza quasi settimanale, effettuano puntate verso le Adiz (Air Defense Identification Zone) della Nato e degli Stati Uniti venendo seguiti da vicino dai caccia dell’Alleanza: prima della missione di ieri dei Tu-95 si registra quella della scorsa settimana di tre bombardieri Tu-160 che hanno effettuato un lungo volo sul Mar di Norvegia spingendosi sin quasi al Mare del Nord. La motivazione di questo “scontro” a distanza tra Russia e Nato nel Grande Nord è da ricercarsi proprio nell’importanza strategica dell’Artico, diventato sfruttabile a livello minerario e commerciale, grazie ai cambiamenti climatici che ne hanno liberato le acque dai ghiacci per periodi sempre più lunghi durante l’anno.

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