L’Unione Europea e il Regno Unito potrebbero etichettare il gruppo Wagner come organizzazione terroristica, minando un altro tassello dell’universo militare russo per via della “dimensione internazionale e della gravità” dei suoi interventi ma soprattutto per via delle sua attività destabilizzanti. Una richiesta che viene dai parlamenti e dai politici di varie nazioni europee che fa seguito a un’altra importante decisione presa alcuni mesi fa: il 25 novembre scorso, infatti, il parlamento dell’Unione Europea aveva designato la Federazione Russa come Stato sponsor del terrorismo spaccando l’Europa tra detrattori e sostenitori della mossa.
Una cordata di Stati europei
Dapprima è stata la Francia, il 9 maggio scorso, a dare voto unanime dell’Assemblea Nazionale al fine di dichiarare il gruppo di mercenari come formazione terrorista. Si tratta per ora di un testo non vincolante che vuole esercitare una moral suasion a livello diplomatico affinché la richiesta venga accolta a livello dell’Unione. Ancor prima dei cugini d’oltralpe erano stati i partiti verdi belgi, rispettivamente froncofono e fiammingo, Ecolo e Groen, nel marzo scorso, ad avanzare una richiesta similare. A fargli eco, nelle settimane successive, le Repubbliche baltiche, Polonia e Repubblica Ceca, tutte concordi nel ritenere che il gruppo soddisfi i criteri per essere inscritto nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Ue per via delle sue attività nel teatro ucraino e in Africa. Ora, a questa sequela di richieste, potrebbe aggiungersi il Regno Unito: a riferirlo il Times che cita una fonte interna al governo britannico: Londra potrebbe dunque conferire al gruppo di miliziani di Yevgeny Prigozhin il medesimo status riservato a Isis e al-Qaeda. Una decisione che parrebbe imminente e che potrebbe diventare operativa nelle prossime settimane al fine di esercitare maggiore pressione politica sul Cremlino.
Il significato diverso per Londra e Parigi
La designazione, da parte di Londra, avrebbe un significato non solo diplomatico ma anche penale: diverrebbe perseguibile penalmente non solo l’arruolamento nel gruppo ma anche la partecipazione alle sue riunioni e manifestazioni, il supporto in ogni sua forma nonché l’esposizione pubblica di loghi e simboli appartenenti alla brigata. A ciò si aggiungerebbero le sanzioni finanziarie volte a privare il gruppo di qualsivoglia sostegno economico. Nel caso francese, invece, si guarda ben oltre i confini nazionali: la designazione avrebbe come scopo il rafforzamento degli strumenti giuridici volti a colpire il gruppo, assestando un colpo ad attori chiave come cleptocrati e oligarchi, banche, proprietà, intermediari di ogni tipo che costituiscono la longa manus di Vladimir Putin all’estero. Del resto è comprensibile come la Wagner sia per Parigi il nemico numero uno in Africa ove Macron, alle prese con una politica traballante ed un clima di rinnovato odio anti-francese, annaspa nel tentativo di contrastare il jihadismo, soprattutto in aree come il Mali. Non a caso, nella risoluzione francese la motivazione “africana” è ben espressa e sottolineata a chiare lettere e giunge dopo una manciata di mesi dal ritiro forzato delle truppe francesi da Burkina Faso e Mali, guidati da giunte molto ostili a Parigi: in Mali, soprattutto, la giunta è stata accusata di avvalersi proprio dei servizi della Wagner e di volgersi verso Mosca.

Uno strumento complesso
Questa differenza di strumenti, che riflette una differenza di vedute tutt’altro che minimale tra le due sponde della Manica, trova un’ulteriore critica -a livello di approccio-da parte della Commissione Europea. Come ha riferito il portavoce per gli Affari Esteri Peter Stano, “per dichiarare ufficialmente che Wagner è un’organizzazione terroristica, è necessaria la condanna da parte di uno dei Paesi membri Ue”. Solo dopo questo passaggio, gli Stati membri, in seno al Consiglio, possono discuterne e poi prendere una decisione. Cosa significherebbe questo per l’Unione? Alle sanzioni che Wagner ha già ricevuto per i crimini commessi in Ucraina, Libia e in Siria si aggiungerebbe dunque tale designazione, tirando in ballo una questione reputazionale che renderebbe impossibile trattare per le vie legali con l’organizzazione stessa in prossimo futuro.
Il pressing sui parlamenti internazionali e sull’Unione sta avvenendo negli ultimi mesi anche grazie al contributo della diaspora ucraina, coadiuvata da esperti legali specializzati in questioni transnazionali. Tuttavia, il diritto internazionale pone una serie di complessi cavilli. Se dimostrare le responsabilità nell’invasione è cosa semplice, imputare i singoli capi d’accusa è cosa ben più complessa. Il lungo elenco di crimini imputati alla Wagner come il pericolo per la pace, gli omicidi, i saccheggi, i danni al patrimonio naturale e artistico, le operazioni di disinformazione richiedono standard di dimostrabilità altissimi, come ad esempio testimoni oculari, ma soprattutto chiede ad una corte nazionale di esprimersi su fatti accaduti fuori dalla sua giurisdizione.
Alla complessità burocratica e legale si aggiungono i numerosi interrogativi che questo tipo di etichette generano. Oltre a rischiare di spaccare il fronte europeo, già claudicante e in ordine sparso, in attesa di una decisione dell’Unione si rischia di avere 27 (+1) trattamenti differenti della Brigata Wagner, il che metterebbe a repentaglio non solo il meccanismo comunitario ma la sua stessa credibilità. Vi è poi l’atavico dilemma: la rincorsa sanzionatoria è effettivamente efficace nello strozzare il nemico o rallenta ancor di più l’eventuale processo di pacificazione o almeno la tregua? E ancora: quanto si rischia l’incoerenza se movimenti simili non fossero trattati alla stessa stregua?