Non sono state avviate al momento inchieste internazionali, paventate dal presidente turco Erdogan in primis e dal presidente ucraino Zelensky. Ma sul crollo della diga di Nova Kakhovka alcune novità nelle ultime ore sono comunque emerse. In particolare, un’esplosione rilevata nella notte tra il 5 e il 6 giugno ha lasciato alcune “tracce” in alcuni sistemi di monitoraggio sismici e satellitari. Qualcosa quindi, all’interno o in prossimità della struttura, è accaduta. E questo porterebbe a rendere meno probabile il crollo accidentale causato da mesi di abbandono e di incuria.
I rilevamenti satellitari
In un articolo di Eric Schmitt sul New York Times, si fa riferimento ad un’esplosione rilevata dai satelliti poco prima del collasso della diga. In particolare, un alto funzionario dell’amministrazione Usa rimasto anonimo, ha reso noto il rilevamento di tracce di calore compatibili con un’esplosione nell’area di Nova Kakhovka da parte di alcuni satelliti dotati di sensori a infrarossi. Un dettaglio non indifferente, specialmente se si considera che il rilevamento risale proprio alla notte del crollo.
L’impressione resa dal funzionario sentito dal quotidiano della Grande Mela è che in effetti il cedimento della grande infrastruttura sul Dnipro potrebbe essere collegato a quella traccia rimasta nelle strumentazioni dei satelliti spia statunitensi. In tal modo, prenderebbe corpo l’ipotesi di un’esplosione interna, figlia di un sabotaggio. Tuttavia la persona ascoltata dal Nyt ha preferito non sbilanciarsi: pur puntando il dito contro i russi, i quali controllano l’area della diga dal febbraio del 2022, ha anche specificato che al momento nessun servizio segreto di Washington ha sciolto la riserva sulle responsabilità di Mosca. Servono quindi ulteriori prove, per adesso non riscontrate e soprattutto non riscontrabili nell’immediato.

Quasi scartata del tutto invece l’idea di un crollo causato da un bombardamento: è noto infatti che la diga, costruita nel pieno della guerra fredda, è stata ideata in modo da resistere anche a raid atomici. Se davvero qualcuno ha intenzionalmente fatto collassare la struttura, lo ha fatto dall’interno. Piazzando forse grandi quantitativi di esplosivo nelle aree più vulnerabili e sensibili. “Gli esperti – si legge nell’articolo del Nyt – avevano avvertito all’inizio di questa settimana che le prove disponibili erano molto limitate, ma hanno affermato che un’esplosione in uno spazio chiuso, con tutta la sua energia applicata contro la struttura circostante, avrebbe causato il maggior danno possibile”.
L’esplosione rilevata dagli strumenti sismici
Di esplosione nelle ultime ore hanno parlato anche gli analisti del Norsar. Quest’ultimo è il nome dell’istituto norvegese per il monitoraggio di episodi sismici e, in particolari, quelli ricollegabili a possibili esplosioni e test nucleari. Gli studiosi del Norsar hanno rilevato una potente esplosione nell’area di Nova Kakhovka alle ore 2:54 del 6 giugno. Anche in questo caso quindi nella notte del crollo della diga. La deflagrazione ha lasciato tracce negli strumenti sismici piazzati in Ucraina e in Romania e ha causato un piccolo sisma di magnitudo poco inferiore a 2. Un livello tale da non essere avvertito dalla popolazione, ma rimanere registrato nelle strumentazioni.
“Vediamo un impulso di energia focalizzato, tipico di un’esplosione – ha raccontato Volker Oye su Npr.org – esplosioni in questa particolare parte dell’Ucraina si vedono raramente”. La deflagrazione non può essere localizzata nel punto esatto in cui avviene, c’è un margine di errore nell’ordine di 20 o 30 km. Tuttavia è lecito pensare che l’esplosione registrata nell’area sia riconducibile a qualcosa di avvenuto in prossimità della diga oppure dentro la struttura.