La Finlandia ha espresso ufficialmente la sua volontà di adesione alla Nato: la decisione è stata annunciata in una conferenza stampa congiunta dal presidente Sauli Niinisto e dal primo ministro Sanna Marin, che hanno affermato contestualmente che la scelta deve essere ratificata dal parlamento del Paese prima che la Finlandia possa chiedere formalmente l’adesione all’Alleanza Atlantica. “Ci auguriamo che il parlamento confermi la decisione di richiedere l’adesione alla Nato nei prossimi giorni”, ha detto Marin domenica, aggiungendo che la domanda sarà basata “su un mandato forte, insieme al presidente della repubblica”.
Anche la Svezia ha fatto sapere, nella giornata di lunedì 16, che seguirà la Finlandia. Il primo ministro svedese Magdalena Andersson ha affermato che il suo Paese seguirà Helsinki nella ricerca dell’adesione alla Nato dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il cambiamento storico, se concordato dai membri dell’Alleanza che devono decidere all’unanimità, porrebbe fine a più di 200 anni di non allineamento militare svedese e a una neutralità armata, quella finlandese, che dura dal termine della Guerra d’Inverno, nel 1940.
Stoccolma fa sapere, così come Helsinki, che “informeremo la Nato che vogliamo diventare un membro dell’alleanza”, ha detto ancora il primo ministro Andersson. Sullo sfondo, nella giornata di ieri, c’è stata la telefonata tra Sanna Marin e il presidente russo Vladimir Putin dove la leader finlandese ha informato il suo omologo della storica decisione.
Quanto accaduto ha innescato la reazione di Mosca. Questa mattina il vice ministro degli esteri, Sergei Ryabkov, ha detto che si tratta di un “errore di vasta portata”, che non sarà “sopportato”. La presidenza, però, è di ben altro avviso. Sempre oggi proprio Putin ha affermato che l’espansione della Nato “a spese” della Finlandia e della Svezia non rappresenta una minaccia diretta per la Federazione Russa, dal momento che Mosca non ha problemi con questi Paesi. Il presidente lo ha annunciato al vertice dell’anniversario della fondazione del Csto (Collective Security Treaty Organization), che si sta svolgendo a Mosca. Allo stesso tempo, però, Putin ha messo in guardia sulla possibile risposta di Mosca in caso di espansione delle infrastrutture militari della Nato in Finlandia e Svezia quando ha affermato che una simile evenienza “provocherà sicuramente la nostra reazione”.
Quanto accaduto nelle ultime 24 ore ha scatenato la propaganda di Mosca, che dai suoi canali mediatici è tornata nuovamente a parlare della possibilità di utilizzo di armamento nucleare.
In un talk show della Tv di stato russa Rossiya1 si è infatti affermato, in merito all’adesione di Svezia e Finlandia nell’Alleanza, che “la loro ragione ufficiale è la paura. Ma avranno più paura nella Nato. Quando le basi della Nato appariranno in Svezia e Finlandia, la Russia non avrà altra scelta che neutralizzare lo squilibrio e la nuova minaccia dispiegando armi nucleari tattiche”.
Qualcosa di simile era avvenuto all’inizio di questo mese quando, sempre nella medesima trasmissione televisiva, si era simulato l’utilizzo di armamento nucleare ma di tipo strategico. Nella fattispecie si parlava del possibile lancio di missili balistici intercontinentali tipo Sarmat dall’oblast di Kaliningrad, evidenziando come in pochissimo tempo (poco più di tre minuti) potessero colpire le maggiori capitali dell’Europa occidentale. Il Sarmat, però, non è ancora entrato in servizio e a Kaliningrad non sono presenti basi missilistiche coi silos sotterranei di lancio per gli Icbm.
Le recenti parole sentite su Rossiya1 vanno lette attentamente: si parla di “dispiegamento”, non di utilizzo, di armi nucleari tattiche. Sappiamo che negli arsenali russi questa particolare tipologia di armamento è presente in numero maggiore rispetto a quelli occidentali, e se guardiamo alla situazione nella sola Europa il divario è ancora più grande: si stima che la Nato abbia circa 180 ordigni nucleari tattici distribuiti tra Olanda, Belgio, Germania, Italia e Turchia. Da questo punto di vista l’Alleanza, infatti, sta considerando di tornare a dispiegarli nel Regno Unito, a Lakenheath, che erano stati tutti entro il 2008.
Sappiamo anche che attualmente Mosca sta usando un sistema missilistico da crociera a raggio intermedio, l’Iskander-K armato col missile 9M729, nel conflitto ucraino e che questo particolare vettore può anche trasportare una testata nucleare tattica. Sino a prima della guerra Mosca, per non generare un’escalation riguardante i sistemi nucleari tattici/strategici in Europa, aveva affermato che avrebbe mantenuto gli Iskander-K “al di là degli Urali”, ovvero nella parte più centrale della Russia, ma ora è plausibile che questa condizione sia cambiata.
Forse quindi le parole della televisione russa rappresentano già uno stato di fatto: i sistemi nucleari tattici sono già stati dispiegati nella Russia europea. Sicuramente però si tratta dell’ennesima attività di propaganda russa che agita lo spauracchio nucleare per spaventare e condizionare l’opinione pubblica occidentale, che viene ritenuta da Mosca avere un peso notevole nei processi decisionali dei rispettivi governi.
La vera domanda da porsi però, non è se esista un qualsivoglia rischio nucleare connesso all’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia, ma se vi sia la possibilità di utilizzo di un ordigno atomico tattico nel conflitto in Ucraina. Abbiamo già visto che la dottrina russa di impiego dell’armamento atomico è cambiata: nel 2020 il Cremlino ha aggiunto la possibilità di impiego del suo arsenale nucleare per impedire “l’escalation delle ostilità e la loro cessazione a condizioni accettabili per la Federazione Russa e (o) i suoi alleati”, come si legge nell’articolo quattro del decreto presidenziale. Questo però non significa che la Russia utilizzerà sicuramente un’arma atomica per porre termine al conflitto, ma che ne avrebbe la facoltà.
Sappiamo infatti, da manuale della guerra di Mosca, che i russi preferirebbero combattere in condizioni di minaccia nucleare senza usare gli ordigni atomici tattici per via del rischio di innescare un’escalation di tipo strategico. Un attacco con un ordigno atomico tattico in Ucraina, benché non comporterebbe una risposta di pari livello della Nato per il fatto che Kiev non fa parte dell’Alleanza, aprirebbe comunque alla possibilità di suo un ingaggio maggiore nel conflitto, magari col dispiegamento di forze di interposizione, con un blocco navale dei porti russi o con la creazione di quella “no fly zone” richiesta dagli ucraini all’inizio dell’invasione russa. Un’eventualità che ci porterebbe rapidamente in uno scontro armato diretto con la Russia che Mosca non desidera e nemmeno Pechino.