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Arrivati a quasi 60 giorni di guerra in Ucraina è possibile cominciare ad analizzare la dinamica delle operazioni aeree nel conflitto e chiarire la questione inerente alla presunta superiorità aerea russa. Innanzitutto occorre specificare esattamente cosa significa “superiorità aerea”, un termine militare che indica una condizione ben precisa sul campo di battaglia.

Esistono, da manuale, cinque “livelli” su cui si sviluppa il controllo dei cieli in un conflitto: incapability, denial, parity, superiority, supremacy. A ciascun livello ne corrisponde uno uguale ma contrario: alla supremazia aerea (supremacy) detenuta da uno dei due contendenti corrisponde l’incapacità aerea (incapability) dell’altro. La superiorità (o al contrario la negazione) la si ottiene nel proprio spazio aereo o in quello avversario. Detto in altri termini, il controllo assoluto dello spazio aereo significa poter utilizzare lo spazio aereo nemico (o il proprio) senza nessun tipo di reazione avversaria, sia essa proveniente da terra o dal cielo.

Tenendo presente questa definizione possiamo dire che in quasi due mesi di conflitto, la Russia non ha ottenuto la superiorità aerea (tanto meno la supremazia) nei cieli ucraini se non in modo saltuario e puntiforme. Parimenti non possiamo dire che l’Ucraina abbia effettuato efficacemente il totale contrasto dell’attività aerea russa e abbia avuto la completa agibilità del proprio spazio aereo. L’aeronautica di Kiev ha continuato, se pur in modo molto più discontinuo rispetto a quella russa, a effettuare operazioni di attacco al suolo usando i suoi Sukhoi Su-25 (“Frogfoot” in codice Nato) e, saltuariamente, si sono visti volare anche altri velivoli da attacco come i Su-24 (in azione, ad esempio, all’aeroporto di Gostomel durante il tentato blitz russo di inizio conflitto), i MiG-29 e i caccia Su-27, alcuni dei quali sono stati abbattuti anche nelle ultime settimane, a dimostrazione che le forze aeree ucraine volano ancora.

È pur vero che il rateo di abbattimenti è favorevole alla Russia, non fosse altro perché l’aviazione di Mosca è numericamente e, in linea generale, qualitativamente più moderna e consistente rispetto a quella di Kiev. Questo spiega la ricerca di forniture di caccia da parte del governo ucraino, e l’attivarsi degli alleati occidentali per soddisfare in qualche modo queste richieste. Proprio qualche giorno fa siamo venuti a sapere da Janes che l’Ucraina ha aumentato la sua flotta di aeromobili disponibili, avendo ricevuto nuove parti e assistenza dagli Stati Uniti e dagli alleati internazionali.

L’aviazione ucraina ha dichiarato il 20 aprile di non aver ricevuto nuovi velivoli – contrariamente ai precedenti resoconti dei media basati su un briefing del segretario stampa del Pentagono John Kirby – ma di aver rimesso in servizio alcuni tipi di aeromobili non divulgati.

“L’Ucraina non ha ricevuto nuovi aerei dai partner!” si legge sull’account Twitter ufficiale dell’aviazione ucraina, ma “con l’assistenza del governo degli Stati Uniti, (l’aviazione ucraina n.d.r.) ha ricevuto pezzi di ricambio e componenti per il ripristino e la riparazione della flotta di aerei delle forze armate, che consentiranno di mettere in servizio più attrezzature”.



La notizia è da considerarsi attendibile: la fornitura di caccia, di fabbricazione sovietica, ancora in possesso di quei Paesi della Nato che facevano parte del Patto di Varsavia (MiG-29 principalmente), oltre a essere particolarmente complicata per questioni logistiche legate al loro trasporto all’interno del territorio ucraino (comunque possibile se pur a rischio), lo è anche dal punto di vista “addestrativo”.

I MiG-29 polacchi, ad esempio, sono stati rimodernati dagli Stati Uniti vedendo montare una nuova dotazione di sistemi elettronici: un moderno sistema Iff (Identification Friend or Foe), sistemi di navigazione Rockwell Collins AN/ARN-153 Tacan (Tactical Air Navigation) e ANV-241 per la navigazione Vor/Irs, nuovi Gps Trimble 210P con specifiche civili, una nuova radio e 16 velivoli hanno ricevuto anche altri aggiornamenti come un nuovo computer di missione e un pannello di controllo frontale (Ufcp).

Si tratta quindi di profonde modifiche ai sistemi di bordo, che hanno mutato parte del “cervello” del caccia e quindi è necessario che i piloti vengano addestrati a utilizzarli in modo corretto. Qualcosa che non è semplice fare in un breve lasso di tempo, ma è comunque possibile. Molto più semplice quindi “cannibalizzare” i velivoli di fabbricazione sovietica in possesso a Polonia, Bulgaria, Romania e Slovacchia per permettere ai caccia ucraini di continuare a volare.

Perché, come detto, i caccia di Kiev continuano a volare, e basterebbe solo questo per poter affermare che le Vks (Vozdushno-Kosmicheskie Sily), le forze aerospaziali russe, non hanno ottenuto né la supremazia né la superiorità aerea nei cieli ucraini. Oltretutto, per ottenere questa particolare condizione, non è sufficiente neutralizzare le capacità dell’aeronautica avversaria, cosa che, come detto, non è accaduta, ma anche i sistemi di difesa aerea terrestri.

Si chiama attività Sead/Dead (Suppression of Enemy Air Defenses / Destruction of Enemy Air Defenses), ovvero la soppressione delle difese aeree nemiche, o la distruzione delle stesse. Nel primo caso, l’obiettivo non è l’annientamento fisico delle difese aeree, ma l’annullamento delle loro capacità, ovvero la soppressione. Per l’attività di Dead, invece, l’obiettivo è la vera e propria distruzione delle difese aeree.

Entrambe queste attività sono state svolte dalla Russia solo parzialmente, e questo è spiegabile proprio perché, a quanto pare, la dottrina bellica di Mosca è rimasta sostanzialmente (e a livello generale) la stessa sovietica: le operazioni aeree vengono effettuate solo di concerto con l’avanzata terrestre, con una campagna aerea né prolungata né intensa rispetto agli standard occidentali: quella messa in atto durante la Prima Guerra del Golfo, nel 1991, durò sei settimane e solamente dopo si procedette con l’invasione terrestre.

Fattore collaterale, ma ugualmente importante, che ha determinato il non raggiungimento della superiorità aerea (ammesso che nei piani di Mosca vi fosse questa priorità, che non è affatto detto fosse stata decisa) è stata la stessa tattica scelta per il conflitto: non una capillare eliminazione di tutti i centri nevralgici ucraini come infrastrutture aeroportuali, centri C3 (Command Control Communication), postazioni antiaeree fisse e mobili, centrali elettriche ecc, ma una campagna di bombardamenti aerei e missilistici che ha interessato solo parzialmente, e nemmeno in modo massiccio, queste strutture e assetti con una particolare insistenza nel settore geografico a est del fiume Dnepr.

Mosca, lo ribadiamo, non voleva inizialmente fare “terra bruciata” dell’Ucraina perché contava di rovesciare in fretta il governo di Kiev (e serviva l’appoggio di popolazione ed esercito) e intendeva trovarsi con un Paese satellite non ridotto in rovine. Possiamo anche ritenere a buon diritto – vista l’epurazione dei vertici dei servizi segreti – che la raccolta di dati di intelligence sia stata carente, e quindi che le forze aeree e missilistiche russe non fossero a conoscenza della esatta localizzazione dei sistemi antiaerei mobili (tipo Buk M1 e Strela-10) che Kiev ha disperso sul proprio territorio all’inizio del conflitto e che a tutt’oggi sono la spina nel fianco delle Vks, non permettendo di poter parlare di superiorità aerea russa. Da parte ucraina è evidente che le attività aeree, come già detto, sono sporadiche, ma pur sempre si assiste a sortite di caccia e a voli di aerei da trasporto, qualcosa di impensabile in regime di superiorità o supremazia aerea avversaria.

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