Alla fine della scorsa settimana la nona divisione corazzata dell’esercito iracheno e una piccola milizia cristiana chiamata “Unità di protezione di Ninive” hanno fatto irruzione nella città di Bakhdida, liberandola, dopo due lunghi anni, dal giogo dello Stato Islamico. Sebbene i sobborghi di Qaraqosh, il nome turco con cui la città di Bakhdida è più comunemente conosciuta, siano ancora infestati dai miliziani delle bandiere nere, il centro della città più importante della Piana di Ninive è stato finalmente liberato e messo in sicurezza.banner_cristianiDall’inizio dell’operazione per la conquista di Mosul, lanciata lo scorso 17 ottobre, l’esercito iracheno e i peshmerga curdi hanno strappato al Califfato decine di villaggi. Tra questi molte località storicamente popolate da cristiani siro-cattolici e siro-ortodossi. Gli stessi 120mila cristiani che in una sola notte, quella tra il 6 e il 7 agosto del 2014, sono stati costretti a lasciare Bartella, Qaraqosh, Karamless, Teleskof, Baqofa, Batnaya e le altre città della Piana di Ninive che venivano saccheggiate una dopo l’altra dalla furia jihadista.Così mentre le forze irachene hanno iniziato a bombardare la principale linea difensiva dell’Isis a quaranta chilometri a sud di Mosul, facendo presagire l’inizio imminente dell’offensiva di terra nella roccaforte irachena del Califfato, una croce di legno, legata insieme con dei fili di rame, è tornata a svettare sulla cupola della chiesa dell’Immacolata Concezione di Qaraqosh, accanto al campanile semi distrutto. Un tempo, di domenica, le campane di questa chiesa, la più grande dell’Iraq, suonavano per oltre 3mila fedeli, che qui venivano ad assistere alla Santa Messa. Ora le mura della navata centrale sono completamente annerite dal fumo del fuoco che i jihadisti hanno appiccato per distruggere ornamenti e libri sacri e sono state imbrattate dai graffiti dell’Isis, scrive dalla città del nord dell’Iraq il corrispondente del Daily Beast.Da due anni circa 150mila cristiani attendono, nei campi profughi di Erbil, di poter tornare alle loro case. Le stesse che venivano marchiate con la “N” di “Nasrani”, nazareni, quando l’Isis fece la sua prima apparizione in Iraq e in Siria. Le stesse da cui sono dovuti fuggire senza potersi neanche guardare indietro, durante una sola notte, nell’agosto del 2014. Ma ora, nella chiesa dell’Immacolata Concezione, i sacerdoti sono tornati a inginocchiarsi. E, secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, giovedì il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphael I Sako, accompagnato dal vescovo ausiliare, Basel Salim Yaldo, ha potuto visitato le prime città cristiane liberate e pregare in ognuna delle chiese devastate durante l’occupazione jihadista, “per chiedere il ritorno alla pace e alla stabilità nell’intera regione”.Chiese, santuari, monasteri di cui la Piana di Ninive è disseminata e che testimoniano la presenza millenaria delle comunità cristiana in questa terra. Chiese, santuari e monasteri che in questi due anni sono stati distrutti e sfregiati dai miliziani dell’Isis, che li hanno trasformati in basi logistiche con tanto di tunnel e rifugi sotterranei. Nonostante siano ancora molte le aree ancora insicure o inaccessibili, il patriarca Sako I ha auspicato “che inizi presto il ritorno dei battezzati nei centri abitati della Piana di Ninive”.Ma il ritorno dei cristiani nella “nostra Terra Santa”, come l’ha definita il patriarca, non sarà facile. I cristiani di Mosul e quelli che abitavano la Piana di Ninive, nella maggior parte dei casi sono stati traditi dai loro vicini musulmani, che li hanno consegnati all’Isis e che hanno preso possesso delle loro case ancora prima che lo facessero i jihadisti. Il timore di subire nuove persecuzioni da una parte della popolazione sunnita, quella maggiormente radicalizzata, affligge la comunità cristiana irachena che dal 2003 ad oggi è passata da oltre un milione, a meno di 300mila anime. Per questo i cristiani “avranno bisogno di sicurezza e di altre garanzie prima di tornare”, ha detto padre Emanuel Youkhana, arcidiacono e coordinatore degli aiuti umanitari per le famiglie cristiane in Iraq della Chiesa assira d’Oriente, a Catholic News Agency. A conferma della concretezza di questi timori, anche il Parlamento Europeo ha chiesto, in una risoluzione approvata giovedì, che nel nord dell’Iraq si sostenga “un assetto post-bellico sostenibile e inclusivo”.La sconfitta dell’Isis a Mosul e la cacciata dei jihadisti dall’Iraq, però, è già un primo, grande passo avanti per consentire ai cristiani iracheni di fare ritorno nei luoghi che da millenni ospitano la loro presenza. Su questo sono d’accordo tutti. Quello che è stato commesso dall’Isis nei confronti delle minoranze cristiana e yazida è, infatti, un vero e proprio genocidio che, secondo la stessa risoluzione approvata dal Parlamento di Bruxelles, dovrebbe essere portato all’attenzione della Corte Penale Internazionale. Ma oggi, mentre nei campi profughi del Kurdistan iracheno i cristiani aspettano di tornare, sulle chiese distrutte di Ninive sono tornate a svettare le croci. Sabato 29 ottobre, la sezione italiana della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, Regione Lombardia (in particolare l’Assessorato alle Culture, Identità e Autonomie guidato da Cristina Cappellini) e la redazione de Gli Occhi della Guerra accenderanno i riflettori sui cristiani perseguitati. Il convegno si terrà a Milano sabato alle ore 16.00 (Auditorium Gaber di Palazzo Pirelli, v. Fabio Filzi 22). Nell’ambito dell’incontro, moderato dal giornalista e reporter di guerra Fausto Biloslavo, porteranno la loro testimonianza Mons. Mtanios Haddad (Siria) e Padre Rebwar Audish Basa (Iraq). Interverranno il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, l’Assessore Cristina Cappellini, il Presidente di ACS-Italia, Alfredo Mantovano e l’Amministratore Delegato de IlGiornale.it, Andrea Pontini.