La visita del presidente del Sudan, Bashir, in Russia potrebbe avere anche risvolti di estrema rilevanza per la guerra in Yemen e la struttura del blocco a guida saudita. Le forze di Khartoum sono infatti impegnate da molto tempo al fianco dell’Arabia Saudita nel conflitto yemenita, sostanzialmente svolgendo i compiti di forze di terra al posto dell’esercito di Riad. Un lavoro in cui sono impegnati molti Stati africani, poverissimi, e che è il frutto di una politica estera saudita fatta di petroldollari e influenze religiose. Ma la stella saudita, per quanto riguarda il rapporto con il Sudan, sembra destinata a tramontare. Secondo quanto riporta Al Jazeera, il viaggio in Russia del leader di Khartoum ha, infatti, sancito lo spostamento del governo sudanese verso l’orbita russo-iraniana. Il presidente sudanese non ha, infatti, soltanto parlato apertamente degli Stati Uniti come di una minaccia per la sicurezza del Sudan, ma ha anche parlato della volontà del suo governo di contrastare ogni tentativo arabo di scatenare una guerra contro l’Iran. Una dichiarazione d’intenti che certifica la volontà del Sudan di abbandonare l’alleanza con Riad e, di conseguenza, anche il conflitto yemenita.
A scanso di equivoci, e per evitare letture eccessivamente entusiaste riguardo al Sudan, non parliamo di un presidente “folgorato sulla via di Damasco”, ma di un calcolatore che adesso si trova a dover cambiare alleati. Nel 2014, Bashir iniziò una campagna di chiusura dei centri culturali iraniani in Sudan dichiarando che c’era una campagna di Teheran tesa a espandere lo sciismo nel Paese. Dopo, una volta appianate alcune divergenze con l’Arabia Saudita, Bashir comunicò nel 2015 di aver ricevuto un miliardo di dollari da Riad e un miliardo e 200 milioni di dollari dal Qatar e così è entrato in guerra al fianco delle monarchie del Golfo mandando migliaia di uomini in guerra nonostante la povertà endemica del Paese e la mancanza di sicurezza interna. Oggi, a fine 2017, Bashir non ha cambiato idea: si è semplicemente accorto dell’errore e dell’aver scelto la parte sbagliata. Le cose sono cambiate, sia in Yemen, sia in Medio Oriente. Gli Stati Uniti stanno ormai abbandonando la loro leadership mediorientale a favore di un passaggio di consegne su base regionale. L’Arabia Saudita non garantisce più la stessa linea politica degli anni precedenti con la rivoluzione interna del principe Salman e in Yemen hanno ottenuto un disastro militare senza precedenti lasciando un Paese allo stremo e le casse del proprio Stato in un deficit mostruoso. E a proposito di buco finanziario, soprattutto con la crisi del prezzo del petrolio, sembra che il presidente Bashir abbia riferito il proprio disappunto sul mancato pagamento da parte di Riad del corrispettivo per l’impegno delle forze sudanesi. Dall’altra parte, la Russia si è erta, dopo il conflitto siriano, a potenza internazionale con un ruolo attivo in Medio Oriente mentre l’Iran ha ottenuto una credibilità internazionale e regionale decisamente superiore dopo la guerra allo Stato islamico e la crisi tra Arabia e Qatar. Infine, non va dimenticato che il Sudan è entrato nel mirino cinese per investimenti che, evidentemente, si scontrano con gli interessi degli Stati Uniti.
Il viaggio a Sochi del presidente Bashir non ha rivoluzionato le idee del presidente sudanese, ma ha semplicemente certificato il desiderio di spostare il proprio asse politico, consapevole della necessità di cambiare alleati prima dei danni collaterali. E la guerra in Yemen potrebbe essere il primo segnale, importantissimo, di questo spostamento. A conferma delle voci, è arrivato pochi giorni fa anche l’appello del deposto presidente yemenita Saleh a Egitto e Sudan di ritirarsi dalla coalizione araba a guida saudita. Rivolgendosi al presidente Bashir, Saleh ha assicurato che “non c’è pericolo per la sicurezza dei luoghi sacri di Mecca e Medina”, in riferimento al lancio di missili contro Riad. “Ritirate le vostre truppe se volete porre fine alla crisi e che si ritorni alle urne”, ha detto Saleh, come riporta la stessaAl Jazeera. Un appello che sembra non essere caduto nel vuoto e che forse era teso proprio a dare una mano a Bashir per trovare un pretesto politico per abbandonare la coalizione. Una volta assicurati i luoghi sacri e considerata l’opportunità dell’avvio di una strada per la pacificazione, il Sudan potrebbe annunciare senza troppi rischi la fine del suo coinvolgimento in Yemen, unendosi definitivamente al blocco orientale che ricalca, in modo quasi identico, il blocco di Astana per la Siria.