Arrivano importanti novità riguardo l’uccisione di Qassem Soleimani. Prima tra tutte, la motivazione. Oggi, il presidente statunitense Donald Trump ha rilasciato un’intervista a Fox News in cui ha dichiarato che il generale iraniano è stato eliminato perché “voleva colpire quattro ambasciate americane”.

Non è finita qui, perché Soleimani, secondo quanto riferito dal Washington Post, “non era l’unico obiettivo degli americani”. La stessa notte dell’omicidio mirato che ha spinto Teheran e Washington sull’orlo di un conflitto, infatti, è andato in scena un secondo raid Usa in Yemen. Contro chi? Abdul Reza Shahlai, un finanziere e comandante chiave delle Forze Quds attive in quel Paese.

Ricordiamo che le cosiddette Brigate al-Quds, in passato guidate da Soleimani, si occupano delle operazioni speciali iraniane condotte all’estero. Il gruppo è operativo in numerosi scenari, tra cui anche Siria e Iraq. Stati Uniti e Israele le considerano – in maniera forse un po’ troppo semplicistica – un’organizzazione terroristica, anche se le stesse Forze iraniane hanno combattuto e continuano a combattere quel che resta delle forze militari dell’Isis.

L’operazione fallita

Tornando all’operazione americana fallita in Yemen nella notte del raid a Baghdad, questo particolare potrebbe indicare un particolare molto importante: l’uccisione di Soleimani rischia di essere soltanto la punta dell’iceberg.

L’ipotesi più accreditata è che il raid contro il generale delle Forze al-Quds facesse parte di un’operazione militare molto più ampia, preparata con l’obiettivo di paralizzare la leadership del Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica. Insomma, Trump ha affermato che l’unico movente della Casa Bianca era quello di prevenire un imminente attacco agli americani. Ma la realtà, stando ai media americani, potrebbe essere molto diversa.

Ricordiamo che le operazioni militari statunitensi nello Yemen, dove una guerra civile ha creato una delle peggiori crisi umanitarie del mondo (guarda il reportage di InsideOver), sono protette dal segreto di Stato.

Il nuovo obiettivo Usa: Abdul Reza Shahlai

Alcuni funzionari americani hanno affermato che la missione contro Shahlai è realmente esistita ed è rimasta segreta soltanto perché terminata con un buco nell’acqua. Pare infatti che il Pentagono stesse monitorando contemporaneamente sia la missione a Baghdad che quella in Yemen; nel caso in cui fossero andate bene entrambi, sarebbe arrivato un doppio annuncio.

“Se avessimo ucciso Shahlai – ha detto un alto funzionario Usa al Washington Post – ci saremmo vantati quella stessa notte”. La stessa voce ha aggiunto che Shahlai potrebbe essere preso di mira in un futuro non troppo lontano. Neanche un mese fa il Dipartimento di Stato americano aveva offerto un premio di 15 milioni di dollari per ogni informazione che avesse portato le forze Usa dritte su Shahlai o che avesse provocato l’interruzione del meccanismo di finanziarmento dell’Irgc, cioè i pasdaran iraniani.

La nota dello stesso Dipartimento affermava inoltre che l’uomo ricercato da Washington “ha sede in Yemen” e che “ha alle spalle una lunga storia di coinvolgimenti in attacchi contro gli Stati Uniti e i nostri alleati, incluso il complotto del 2011 contro l’ambasciata saudita”. Shahlai sarebbe inoltre collegato agli attacchi contro le forze statunitensi in Iraq, incluso il raid del 2007 in cui miliziani sostenuti dall’Iran hanno rapito e ucciso cinque truppe Usa nella città di Karbala.