Le milizie di Misurata proseguono l’offensiva per strappare Sirte ai jihadisti dell’Isis, ma in Libia, quello di Sirte non è l’unico fronte aperto.Jihadisti accerchiati dai milizani di MisurataDopo aver lasciato sul campo 49 morti e 120 feriti, gli uomini delle milizie di Misurata, fedeli al governo di accordo nazionale di Tripoli di Fayez al-Sarraj, continuano l’offensiva all’interno della roccaforte libica del sedicente Stato Islamico.I miliziani dell’operazione “al Bunian al Marsus” sarebbero infatti ad un chilometro di distanza dal centro congressi Ouagadougou, nel centro della città, dove sono asserragliati gli uomini dell’Isis. Gli scontri peggiori ci sono stati nella giornata di ieri, quando i miliziani fedeli al governo di Tripoli, hanno assaltato la zona di al Dushm, dove si trovano i depositi di armi dello Stato Islamico, conquistandola.Per approfondire: Perché lo Stato islamico si è trasferito in LibiaNegli scontri ha perso la vita anche il capo della brigata al Mashashia, Muaz Mohammed al Shuishin.  La conquista dell’area di al Dushm riveste un altissimo valore strategico, e assieme alla conquista del quartiere 700, rappresenta uno dei successi più importanti ottenuti contro l’Isis negli ultimi dieci giorni. Isis che risponde con i kamikaze. Proprio nel quartiere 700, infatti, mercoledì un jihadista tunisino, Abu al Bara, si è lanciato assieme al suo blindato carico di esplosivo contro un gruppo di soldati provocando diversi morti tra i miliziani. Secondo il capo dell’esecutivo di Tripoli, però, la “battaglia decisiva” per liberare definitivamente la città dall’Isis sarebbe sempre più vicina. L’aviazione libica ha infatti lanciato nella giornata di martedì dei volantini sulla città per invitare la popolazione a lasciare le proprie case in vista di un imminente “battaglia decisiva contro i jihadisti”.Secondo fonti citate da Analisi Difesa, personale anglo-americano che supporterebbe da tempo le milizie impegnate nella liberazione di Sirte, starebbe fornendo le proprie informazioni di intelligence ai miliziani di Misurata, che in questo modo riescono a centrare con l’artiglieria pesante gli obiettivi in mano alle bandiere nere.Nella “mezzaluna petrolifera” si scontrano Haftar ed islamisti di BengasiIntanto ad Agedabia, in Cirenaica, gli scontri tra l’esercito di Haftar e i miliziani islamisti sostenuti in parte dal governo di Tripoli, rischia di complicare ancora di più l’azione del governo di Sarraj. Il ministero della Difesa di Tripoli, infatti, ha deciso di affidare la sicurezza della città alle milizie della Guardia Petrolifera di Ibrahim Jadran, in coordinamento con le milizie locali, dopo che domenica scorsa i caccia del generale Haftar, che non ha riconosciuto il governo di accordo nazionale di Tripoli guidato da Sarraj proprio per l’appoggio conferito a Tripoli da gruppi riconducibili alla Fratellanza Musulmana, hanno colpito la caserma di al Sham, dove si addestrano le milizie della Guardia Petrolifera, considerata dal governo Sarraj una forza militare legittima.Per approfondire: Londra pronta a inviare mille soldati in LibiaGli uomini di Haftar hanno giustificato, però, il proprio attacco dicendo che si trattava di una base di terroristi. Ad Agedabia, infatti, le forze dell’autoproclamato esercito libico della Cirenaica di Haftar si stanno scontrando con i combattenti delle Forze di Difesa di Bengasi. Una formazione islamista, considerata “terrorista” dal governo di Sarraj, ma appoggiata dal vecchio governo islamico di Tripoli, quello di Khalifa Ghwell, che allo stesso modo  sostiene l’esecutivo voluto dall’Onu, che ha attaccato nella giornata di sabato la città della mezzaluna petrolifera per cacciare le truppe del generale Haftar. Delle Forze di Difesa di Bengasi fanno parte gli ex capi del Consiglio della Shura dei mujaheddin di Bengasi, già sconfitti dalle truppe di Haftar, ed islamisti di vario profilo, alcuni di loro legati ad importanti leader delle katiba locali di al Qaeda, come Mokhtar Belmokhtar.Gli uomini di Haftar li accusano inoltre di aver favorito la fuga dei miliziani dell’Isis da Bengasi. Gli scontri fra Haftar e le milizie islamiste di Bengasi, secondo gli analisti, saranno un “banco di prova” per la tenuta dei vari gruppi armati che supportano il governo di Tripoli. Negli ultimi giorni infatti ci sono state delle frizioni proprio tra la Difesa di Tripoli e i miliziani della Guardia petrolifera guidata da Ibrahim Jadhran, che, per ora, resta fedele al governo di accordo nazionale. Il fratello di Jadhran, Salam, è il sindaco di Ajdabiya ed è considerato molto vicino al ministro della Difesa, al Barghuthi. Per questo alcuni analisti ritengono che se venisse a mancare l’appoggio del governo agli islamisti di Bengasi che combattono contro Haftar, si potrebbe generare anche una spaccatura in seno al governo, nel caso in cui al Barghuthi non si sentisse abbastanza “sostenuto” dall’esecutivo.Scontri anche ad est di TripoliNuovi pesanti scontri sono scoppiati martedì anche a Qaraboulli tra combattenti locali e milizie di Misurata, che da cinque anni sono di stanza nella cittadina a 60 km ad est di Tripoli. Al termine degli scontri a fuoco tra le due fazioni, scoppiati per cause ancora poco chiare, un deposito di munizioni nel villaggio di Garabulli è saltato in aria. Più di 30 persone sono rimaste uccise e a decine sono rimaste ferite a seguito dell’esplosione.Per approfondire: Siamo pronti alla guerra in Libia?Con l’apertura dei nuovi fronti di Agedabia e Tripoli, lo scacchiere libico si complica ulteriormente. E mostra come il governo di accordo nazionale guidato da Serraj, appoggiato, tra gli altri, da Turchia e Qatar, che gode quindi del supporto delle milizie islamiste e dei gruppi legati ai Fratelli Musulmani, nonostante i progressi contro l’Isis a Sirte, non sia in grado di controllare il Paese, ancora diviso e frammentato dai vari eserciti e milizie. La lotta all’Isis non è riuscita a fare da collante fra le varie fazioni supportate più o meno apertamente da potenze esterne e la Libia, al contrario rischia di spaccarsi in due. E che, terminata la battaglia di Sirte, prenda il via quella tra Tripoli e Haftar.

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