Aleppo è assediata. Giovedì le forze governative e gli Hezbollah libanesi sono riusciti a strappare ai miliziani di Faylaq al Sham e del fronte al Nusra, formazione affiliata ad al Qaeda, una fondamentale arteria di collegamento tra i quartieri orientali della città, sotto controllo dei ribelli, e i villaggi vicini, isolando e accerchiando così i gruppi di opposizione. “In questo momento nessuno può entrare o uscire da Aleppo”, ha confermato alla Reuters, un rappresentante del gruppo ribelle Fastaqim, Zakaria Malahifji.Per approfondire: Quei crimini compiuti dai ribelliDopo due anni, infatti, nella giornata di giovedì l’esercito di Assad e i miliziani di Hezbollah hanno preso  il controllo delle fattorie di Mallah, che portano alla Castello Road, l’ultima via di comunicazione rimasta ai ribelli e ad al Nusra per far arrivare rinforzi ai quartieri orientali della città. I ribelli sono intrappolati e stanno cercando di riprendere il controllo della strada con una serie di controffensive. Nella giornata di lunedì, al Nusra e Faylaq al Sham hanno bombardato dai quartieri orientali della città verso quelli ad ovest, controllati dal governo siriano, dove vivono ancora due milioni di persone, provocando la morte di almeno cinque civili e il ferimento di altri 80, secondo quanto riferisce l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, con sede a Londra. Per l’agenzia governativa Sana, invece, le vittime civili sarebbero salite ad otto. Ad Aleppo continuano anche i raid aerei delle Forze armate siriane. L’estensione per ulteriori 72 ore della tregua, annunciata nella giornata di sabato dal comando generale dell’esercito di Assad, non si applica, infatti, ai gruppi radicali islamici come al Nusra. Diverse vittime civili, secondo lo stesso Osservatorio, si sarebbero registrate, inoltre, anche a seguito dei bombardamenti governativi sulle aree sotto controllo dell’opposizione armata e dei miliziani legati ad al Qaeda.Lo Stato Islamico perde il 12% del proprio territorioIntanto, grazie all’offensiva dell’esercito siriano, sostenuto da Russia ed Iran, da una parte, e a quella dei curdi, sostenuti da Europa e Stati Uniti, dall’altra, ad arrancare in Siria, è anche il sedicente Stato Islamico. Nel 2016, infatti, secondo i dati pubblicati dalla società statunitense Ihs, il territorio del Califfato islamico si è ridotto del 12%. I jihadisti hanno perso infatti 12.800 km/q di territorio tra Siria e Iraq, e hanno visto ridursi, di conseguenza, la propria entità statuale a 78.000 km/q.Per approfondire: Isis perde terreno e cambia strategiaTra le città più importanti sottratte al sedicente Stato Islamico in Siria durante quest’anno ci sono, infatti, Palmira, Shaddadi e Manbij, mentre in Iraq, le forze armate irachene hanno strappato al Califfo Rutba e Falluja. L’arretramento sul terreno è andato, inoltre, di pari passo con le perdite in termini di “ricavi”. Il blocco di alcune importanti vie di comunicazione, come quella di Manbij, che collega Raqqa al confine turco, hanno pesato sui proventi delle attività illecite gestite dall’Isis, che quest’anno si sono ridotti del 35%, passando da 80 milioni di dollari nel 2015 a 56 milioni nel marzo 2016, per poi diminuire ulteriormente.Ora può ripartire la diplomaziaL’arretramento di Daesh e dei gruppi islamici radicali, rappresenta anche un’opportunità per rilanciare il dialogo tra governo e opposizione e avviare una transizione politica nel Paese. Per l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan De Mistura, che lunedì ha discusso della crisi siriana con il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, siamo, infatti, in un momento “cruciale” per far ripartire i negoziati. “Tra adesso e settembre abbiamo una finestra ancora aperta per trovare una formula che combini la lotta a Daesh e al Nusra e la transizione politica”, necessaria, secondo il diplomatico italo-svedese, per uscire dalla crisi in atto dal 2011. Non c’è ancora una data per il rilancio dei negoziati, ma da parte delle Nazioni Unite c’è sicuramente una volontà forte di riaprire i canali diplomatici e trovare una soluzione che porti a “consolidare la cessazione delle ostilità e riprendere al più presto il filo del negoziato politico”.Per approfondire: Perché i ribelli moderati hanno fallitoSono questi, infatti, per la Farnesina, i due obiettivi diplomatici principali da raggiungere in Siria. Anche il coordinatore generale dell’Alto comitato negoziale dell’opposizione siriana, Riad Hijab, che oggi a Roma ha incontrato Gentiloni, ha lasciato intendere di essere disponibile a tornare a dialogare con Damasco, seppure a determinate condizioni. La “chiave”, secondo De Mistura, resta, infine “nell’intesa tra Russia e Stati Uniti”. “Siamo convinti”, ha aggiunto Gentiloni, “che la Russia possa contribuire anche al processo di transizione, condizione indispensabile per arrivare a una soluzione politica”. Dalla Russia, che, finora, secondo il capo della Farnesina, ha avuto un ruolo “costruttivo e determinante” nella crisi siriana, Roma si aspetta però “ancora di più”, in direzione dell’avvio di una transizione politica, alla quale la Farnesina pone come unica condizione l’esclusione di Assad dal futuro politico del Paese.

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