Di nuovo un raid in Siria, di nuovo contro la base T-4, ritenuta l’avamposto iraniano in territorio siriano. A darne notizia, i media di Damasco, che accusano direttamente Israele. L’agenzia ufficiale Sana riporta anche la notizia della reazione da parte della contraerea che, secondo alcuni testimoni, avrebbe colpito uno dei caccia israeliani coinvolti nel raid contro la base nei pressi di Homs.
Secondo le segnalazioni dei testimoni, gli aerei volavano molto bassi per evitare il rilevamento da parte dei radar. Da quanto si è potuto capire, lo stormo di caccia ha prima sorvolato il territorio giordano, poi è entrato in Siria attraverso l’area di al Tanf, dove le forze degli Stati Uniti hanno una base. Infine, hanno colpito la base iraniana.Â
Un ufficiale dell’esercito siriano impegnato nell’offensiva per la riconquista del Sud ha detto che il sistema di difesa aerea ha abbattuto missili provenienti dalla parte meridionale della Siria, nell’area controllata dalle forze della coalizione internazionale.
Sui danni, chiaramente le fonti sono molto diversificate. C’è chi dice che circa sei missili abbiano colpito la base T-4 senza però provocare morti o feriti. Sana, come detto, riporta anche la notizia che un missile della contraerea abbia colpito un aereo israeliano. Ma finora non si può avere un rapporto dettagliato.
Quello che è certo, invece, è che l’escalation militare tra Israele e Iran, con la Siria a fare da teatro dello scontro, non accenna a diminuire. Lo Stato ebraico ha una strategia chiarissima: non vuole forze iraniane, di Hezbollah e di altre milizie filo-iraniane in territorio siriano.
L’avanzata di Bashar Al Assad non può essere fermata dal governo israeliano. Ma perchĂ© non conviene allo stesso Stato ebraico. Innanzitutto perchĂ© non potrebbe giustificare un attacco contro un esercito che sta riconquistando il proprio territorio. Ma ci sono anche motivazioni di natura strategica oltre che politica.
Da una parte, questo comporterebbe un innalzamento dello scontro che rischierebbe di provocare una guerra su vasta scala. Dall’altra parte, il rischio di giungere a un duro scontro con la Russia sarebbe molto alto. Infine, la presenza esclusiva dell’esercito siriano come parte degli accordi con Mosca garantisce l’assenza del vero problema di Israele: l’Iran.
Se non può colpire in maniera sensibile l’offensiva delle truppe siriane, Israele può però lanciare messaggi molto chiari ai suoi interlocutori in Siria. Benjamin Netanyahu vuole garanzie assolute sull’assenza di iraniani e libanesi sciiti al confine. Ma questa garanzie tardano ad arrivare. Hezbollah continua a rimanere nei territori meridionali della Siria aiutando l’offensiva delle forze di Damasco. Ma anche la Russia, pochi giorni fa, aveva ribadito di ritenere del tutto irrealistica la richiesta israeliana di un completo ritiro dell’Iran dal territorio siriano.
In questo gioco di offerte e controfferte, il bombardamento è un’arma anche politica: significa lanciare un messaggio. Il messaggio, in questo caso, è chiaro. Israele non accetterĂ la presenza iraniana ed è pronto a colpire quando e dove ritiene piĂą opportuno.
Lo stesso passaggio degli aerei sul territorio giordano e sulla regione di al Tanf è un segnale. Il sorvolo della Giordania conferma il legame fra Israele e il regno hashemita. Il passaggio nel territorio controllato dagli Stati Uniti conferma invece la protezione degli Usa all’aeronautica israeliana ma ricorda anche che esiste un blocco di Stati che osserva con molta attenzione gli sviluppi dell’offensiva su Daraa. La guerra in Siria si gioca al confine con Israele.