Le truppe irlandesi tornano dopo quattro anni in territorio siriano, precisamente nel Golan. A darne notizia, il quotidiano irlandese The Journal, che cita fonti della Difesa di Dublino. 

Una notizia che potrebbe apparire secondaria, ma che invece può avere un significato molto preciso per comprendere l’evoluzione del processo di stabilizzazione del Sud della Siria. Lì, dove procede l’avanzata dell’esercito siriano per riconquistare le ultime sacche in mano ai ribelli.

I membri del 57esimo gruppo di fanteria delle Irish Defense Foces rientreranno nella parte siriana delle alture del Golan dopo che, nel 2014, furono trasferiti a Camp Ziouani, nella parte israeliana delle Alture. Si vocifera che il trasferimento possa avvenire giĂ  entro la fine dell’anno.

Il ministro della Difesa, Paul Kehoe, non ha ancora dato il suo semaforo verde. Il ministro aveva infatti informato il governo che dovevano ancora essere soddisfatti alcuni requisiti logistici, sanitari e soprattutto per l’accesso alle vie di entrata e di uscita dalla base di Camp Faouar. Ma sembra che sia tutto in dirittura d’arrivo.

Lo scopo della missione sarà quello proprio della missione Undof (United Nations Disengagement Observer Force) delle Nazioni Unite. Il 57esimo gruppo di fanteria irlandese controllerà tutta la zona di disimpegno fra le forze di Israele e quelle della Siria, ma avrà anche compiti di pattugliamento e scorta dei convogli umanitari. 

Perché la notizia è un segnale importante

Il ritorno degli irlandesi a Camp Faouar a fine anno, può indicare due cose. O che entro la fine del 2018 le forze siriane avranno di nuovo preso il controllo dell’area che va da Daraa a Quenitra. Oppure che comunque l’offensiva avrĂ  avuto termine, ma che sia stata bloccata. In ogni caso, sarĂ  un’area sicura. Le forze sono state trasportate in territorio israeliano quando tutto sembrava perduto: l’area era diventata troppo pericolosa.

Ma adesso, con la possibilitĂ  di una riconquista da parte delle forze di Bashar al Assad, le forze della missione Onu possono ritornare. Questo potrebbe avere anche un’altra importante declinazione: che esiste un accordo per il ripristino dello status quo ante e per la fine di ogni possibile operazione di guerra nelle Alture del Golan.

Se arrivano le forze internazionali significa che gli scontri potrebbero terminare e che l’Onu si frappone come forza garante.

Altra conseguenza, è che si muovono le pedine per evitare che quell’area di confine torni a essere una possibile zona di conflitto fra Israele e Siria. Gli israeliani non vogliono che le forze di Hezbollah e gli iraniani siano nella regione vicina al confine con lo Stato ebraico. Per ottenere questo risultato, hanno bisogno di forze che si inseriscano come garanti.

Certo, se ci saranno di nuovo le forze Undof, è evidente che Israele non potrĂ  colpire. Ma è anche altrettanto evidente che le forze dell’esercito siriano non potranno intervenire per riconquistare il Golan, obiettivo vociferato da piĂą parti nella Difesa siriana e in quella israeliana. Le Alture, occupate da Israele da decenni, sono ancora una ferita aperta nel cuore siriano. Ma le esercitazioni continue nel Golan da parte delle forze israeliane sono state un segnale importante.

Un maggiore intervento dell’Onu può essere l’unica soluzione per evitare che si torni a combattere per l’area. Probabilmente è una soluzione che piace piĂą all’Occidente che agli alleati della Siria. Damasco non può apprezzare la presenza internazionale all’interno di quello che ritiene essere suo territorio sovrano.

Ma la speranza è che, in qualunque caso, si possa evitare l’evoluzione di una nuova fase di guerra in quella regione. Soprattutto in un periodo di enormi tensioni fra Iran e Israele e con la Russia che sta facendo ogni sforzo per evitare che la sua strategia cada sotto i colpi delle tensioni fra Teheran e Tel Aviv.

 

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