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La scelta della Russia di inviare il nuovo sistema S-300 in Siria non è solo un segnale rivolto a Israele e a tutti i Paesi coinvolti nei raid nel Paese. È soprattutto un messaggio che indica come la guerra in Siria si stia trasformando in una guerra elettronica

L’annuncio sugli S-300 è infatti importante non tanto per il sistema missilistico in sé, ma per quanto dichiarato dalla Difesa russa: cioè la decisione di Mosca di rendere possibile bloccare i radar e i sistemi di comunicazione satellitare nemici ponendo fine alla libertà di navigazione .

È questo che è particolarmente importante: molto più del tipo di sistemi missilistici di cui viene rifornita Damasco. Ed è su questo punto che si concentrano gli obiettivi russi e le attenzioni di Israele e Stati Uniti. Il primo per mantenere la superiorità aerea sulla Siria, il secondo per capire fino a che punto si possa spingere la Russia nella guerra elettronica.

I nuovi sistemi russi

Secondo le prime informazioni giunte dal quotidiano russo Izvestia, Mosca avrebbe già inviato nella base aerea di Khmeimim un aereo Ilyushin Il-76 con un carico di primi strumenti per aumentare il livello di deterrenza dei sistemi di comunicazione dei radar nemici. Un ombrello protettivo che sembra sia destinato a coprire non solo lo spazio aereo siriano ma anche le acque del Mediterraneo orientale davanti alle coste della Siria: lì da dove sono partiti i più recenti attacchi da parte dell’aeronautica israeliana. 

Un segnale che i vertici militari di Israele non intendono sottovalutare. Entro due settimane, la Russia armerà la Siria con questi sistemi rendendo molto più difficile alle forze aree delle Israel defense forces (Idf)la possibilità di operare nei cieli siriani e quindi di colpire gli obiettivi iraniani e di Hezbollah.

Secondo il sito israeliano Debka, il sistema giunto nella base di Khmeimim sarebbe il Krasukha-4, “che può neutralizzare satelliti spia e radar terrestri e aerei e danneggiare l’EW nemico”. A detta degli esperti, il Krasukha-4 è molto avanzato, anche se non è considerato il sistema di electronic warfare più sofisticato a disposizione dell’arsenale russo. “Il sistema può bloccare i sistemi di comunicazione, disabilitare i missili e gli aerei guidati e neutralizzare i satelliti e i radar di orbita della Low-Earth Orbit (Awacs) a distanze di 150-300 km, che coprono il nord e il centro di Israele”.

Israele rivedrà i suoi piani?

Il guanto di sfida del Cremlino potrebbe quindi costringere la Fionda di Davide a rivedere i suoi piani operativi in Siria, perché adesso non sarà impossibile, ma certamente molto più difficile colpire i target che da sempre sono stati oggetti dei bombardamenti israeliani.

Ma il guanto di sfida potrebbe essere stato comunque raccolto da Benjamin Netanyahu e dai comandanti delle Idf. Perché dalle ultime informazioni che giungono da Israele, non sembra che lo Stato ebraico abbia intenzione di rinunciare alle sue operazioni in territorio siriano.

Lo ha ribadito anche il ministro della Difesa Avigdor Lieberman interrogato proprio su questo punto. Ai microfoni di Radio Kan, il titolare della Difesa israeliana ha detto: “Abbiamo operato con prudenza e responsabilità e solo nei casi in cui non abbiamo avuto altra scelta. Quindi nulla è cambiato o cambierà. Questa è la nostra politica”. 

Ma qualcosa sembra destinato a cambiare per forza, visto che l’intelligence israeliana è all’opera per capire come potrebbe muoversi l’aviazione senza essere costretta a rinunciare alle sue strategia siriane.  Sicuramente le Idf andranno molto più caute nei prossimi strike: che ci saranno, perché adesso Israele non può pubblicamente dichiarare di aver perso la propria libertà di manovra interrompendo i suoi raid. Ma la questione è capire se questo avverrà con il placet russo, come avvenuto in questi anni, o se questo vorrà dire sfidare Mosca in un duello elettronico dai risvolti molto complessi. 

Il possibile aiuto degli Stati Uniti

Un duello che già è stato realizzato altre volte in passato, ma che adesso costringe Israele a un passaggio ulteriore: chiedere l’assistenza degli Stati Uniti. Fino ad ora, Netanyahu ha avuto le spalle coperte da Donald Trump, ma si è saputo destreggiare in Siria anche autonomamente: la potenzialità, anche cyber, della propria aviazione suppliva perfettamente anche in assenza di un supporto concreto da parte americana.

Ma adesso, con un’area che potrebbe estendersi per centinaia di chilometri e non più per piccole porzioni di territorio, la guerra elettronica si fa estremamente più complessa. Come suggerito da Debkafile, un conto sono operazioni chirurgiche contro obiettivi specifici del campo di battaglia elettronico: un altro conto è un intero Paese coperto dai sistemi russi. Ed è possibile che nel vertice fra Netanyahu e Trump a New York si discuta anche di questo.

Del resto Israele non è l’unico Paese interessato a queste evoluzione delle dinamiche siriane. Il Pentagono è perfettamente consapevole dei rischi per le proprie forze aree e lo ha dimostrato anche l’ultimo episodio, in cui sembra che un Su-35 russo abbia intercettato un F-22 americano mentre volava all’interno dello spazio aereo siriano.

Proprio per questo motivo, oltre che per il legame esistente fra l’amministrazione Trump e il governo Netanyahu, il presidente Usa avrà sicuramente un occhio di riguardo alle richieste israeliane. Anche perché le forze Usa potrebbero essere molto interessate a capire i sistemi di difesa russi, testandoli direttamente in Siria.

Ma anche le altre potenze coinvolte nella guerra in Siria non possono rimanere indifferenti alla scelta del Cremlino. Questa decisione russa di fatto pone Mosca a un livello operativo molto più avanzato di quanto ci si potesse attendere. E Francia e Regno Unito, che operano costantemente al largo della Siria (e con la prima probabilmente coinvolta nel raid su Latakia), non possono che essere interessate a un sistema che di fatto blocca anche le loro forze aeree e navali.

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