La nuova operazione turca in territorio siriano corre su Twitter: se lunedì sera Donald Trump ha lanciato le proprie rimostranze contro un’eventuale azione in larga scala da parte di Ankara, adesso proprio Erdogan ha annunciato l’inizio delle ostilità nel nord della Siria sul famoso social network. L’operazione è stata denominata “Primavera di pace” e, come ha scritto lo stesso presidente turco, ha come obiettivo quello di “prevenire la creazione di un corridoio del terrore nei pressi del nostro confine meridionale”. Ankara vuole cioè allontanare le forze filo curde dell’Sdf, le quali nel corso degli anni hanno conquistato il territorio grazie alle avanzate anti Isis.

La strategia di Erdogan ed il ruolo del Free Syrian Army

Quella intentata dal presidente turco è la terza operazione in territorio siriano dal 2016 ad oggi. In entrambi i precedenti, proprio come in questa occasione, l’obiettivo è sempre stato quello di evitare la formazione di un grande territorio gestito dai curdi a ridosso del confine turco. Principale nodo della discordia è infatti rappresentato dal ruolo delle milizie Ypg, gruppi di autodifesa dei curdi che dal 2012, da quando cioè è scoppiato il conflitto in Siria, provano a creare una propria zona di competenza da gestire in modo autonomo da Damasco. Secondo Erdogan, le Ypg, nel frattempo confluite nel 2015 all’interno del gruppo delle Sdf (Syrian Democratic Force), hanno stabili collegamenti e rapporti con il Pkk. Quest’ultimo è il partito dei lavoratori curdo stanziato in Turchia e ritenuto da Ankara organizzazione terroristica. Dunque, il presidente turco vuole fare in modo di non avere, lungo i propri confini meridionali, territori controllati dai curdi stanziati in Siria.

Una zona cuscinetto che, nelle intenzioni di Erdogan, deve diventare anche appoggio per molti migliaia di profughi siriani attualmente presenti in Turchia. In tal modo, Ankara avrebbe meno pesi nella gestione dei migranti e, contestualmente, creerebbe zone a maggioranza sunnita al posto di territori che invece potrebbero essere in mano ai curdi. Per attuare questo piano, Erdogan si servirà del cosiddetto Free Syrian Army (Fsa), una sigla scomparsa da anni dal contesto bellico siriano ma che il presidente turco ha già in passato fatto “resuscitare” per attaccare i curdi.

L’attacco, in queste prime ore dell’operazione, non è comunque via terra. Per il momento, dallo stesso territorio turco, l’esercito di Ankara sta procedendo a raid mirati contro obiettivi delle Sdf. La prima località attaccata è stata quella di Ras Al Ain, si hanno notizie anche di missili piovuti anche nella cittadina di Ayn Issa. Le forze Fsa probabilmente dovrebbero essere impiegate quando si deciderà un attacco via terra: saranno le milizie convogliate all’interno di questa sigla ad entrare in territorio siriano, i soldati turchi faranno da supporto. Dentro le Fsa, compaiono diversi gruppi finanziati ed addestrati da anni dalla Turchia, alcuni dei quali anche con simpatie jihadiste. Del resto, l’Fsa è nato nel 2012 come esercito contrapposto a quello del lealisti rimasti al fianco del presidente siriano Bashar Al Assad, successivamente è stato poi surclassato dalle forze estremiste legate ad Al Qaeda ed all’Isis. In poche parole, Erdogan ha “ripescato” alcuni di questi gruppi e li lancerà contro i curdi nelle operazioni di terra.

La seconda fase dell’intervento turco potrebbe iniziare nei prossimi giorni, anche se ancora tale circostanza è tutta da verificare. Se da un lato è vero che gli Usa di Trump hanno disposto in altre zone lontane dal confine i militari presenti nell’est della Siria, dall’altro lato il presidente americano ha ammonito via Twitter l’omologo turco di evitare operazioni di vasta scala anti curde.

I precedenti di Al Bab ed Afrin

Come detto in precedenza, sono due le operazioni fino ad adesso compiute dalla Turchia in Siria. La prima è datata agosto del 2016, è arrivata un mese dopo il tentato colpo di Stato anti Erdogan. La missione, denominata “Scudo dell’Eufrate“, ha permesso le avanzate di turchi e miliziani Fsa nel territorio di Al Bab, parte settentrionale della provincia di Aleppo. La seconda operazione invece è stata chiamata “Ramoscello d’Ulivo“, è iniziata nel gennaio 2018 ed ha preso di mira il cantone a maggioranza curda di Afrin, sempre a nord di Aleppo.

Nonostante siano due missioni molto simili sotto il profilo strettamente militare, in realtà ci sono delle peculiarità differenti che rendono soltanto la seconda vicina a quella iniziata nelle scorse ore. Nel caso dell’operazione Scudo dell’Eufrate infatti, gli obiettivi non erano curdi ed i territori conquistati non erano nemmeno a maggioranza curda. La missione ha preso di mira le ultime postazioni dell’Isis in questa parte della Siria, con l’intento di evitare che in località quali Al Bab o Jarabulus arrivassero prima le forze Sdf. Il vero precedente da prendere in considerazione, è quello di Afrin: qui invece il cantone è sempre stato storicamente a maggioranza curda, turchi ed alleati sono arrivati per la prima volta in uno scontro diretto contro le milizie curde.

Un precedente che non può comunque far dormire sonni tranquilli ad Erdogan: sono state infatti diverse le perdite tra i soldati effettivi turchi, così come tra le forze Fsa. Nonostante Afrin sia stata espugnata in poco tempo, la resistenza curda è stata molto forte anche al termine dell’operazione: infatti, qui i curdi ancora oggi stanno attuando una strategia volta alla guerriglia. Nel Rojava probabilmente vederemo la stessa situazione, con i curdi che si difenderanno sia durante le avanzate turche e sia eventualmente anche dopo. Non a caso i vertici delle Sdf affermano di essere pronti alla “guerra totale”.