I 300 agenti di polizia militare inviati dalla Russia sono arrivati in Siria per presidiare la “zona” al centro dell’accordo tra Mosca e Ankara, ponendo così fine all’offensiva militare turca in Siria. A divulgare la notizia è stato il ministero della Difesa russo, mostrando al mondo quali passi da gigante stia facendo il Cremlino nell’ambito della politica estera e della diplomazia internazionale. In passato esclusiva dell’Occidente.
L’accordo concluso a Sochi tra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan – e in assenza del presidente siriano Bashar Al Assad – ha riportato i soldati della Federazione Russa nel nord della Siria. Secondo quanto riporto dall’agenzia di stampa Ria Novosti, Mosca, appena ristabilitasi nel nord del Paese, intende già rafforzare il suo contingente di sorveglianza smobilitato dalla Repubblica cecena con l’invio di altri 276 uomini della polizia militare e 33 unità per la logistica, che arriveranno in Siria entro il termine della prossima settimana.
Il grosso di queste forze si stabilirà in una base alla periferia della città siriana di Kobane, che si trova a solo 2 km dal confine con la Turchia. In questo modo le forze di sicurezza inviate dal Cremlino potranno sorvegliare l’area di confine tra i due paesi – una striscia larga circa 30 chilometri – e insieme alle guardie di frontiera siriane monitorare l’effettivo ritiro dei curdi dell’Ypg, le Unità di Protezione Popolare che si erano immediatamente opposte all’offensiva turca in suolo siriano.
Il rappresentante del comando dell’esercito russo in Siria, Igor Seritsky, ha riferito alla stampa internazionale che “secondo gli accordi raggiunti tra il presidente della Federazione Russa e il presidente della Repubblica di Turchia , le unità di polizia militare russa hanno iniziato il loro pattugliamento lungo il confine tra Siria e Turchia a partire da mezzogiorno del 23 ottobre. La città di Ayn Al Arab si trova nella zona di pattugliamento, in particolare, e i nostri poliziotti militari non sono mai andati così lontano oltre l’Eufrate. La base si trova sul check-point del valico di frontiera, a diversi chilometri da Ayn al Arab e due chilometri lontano dal territorio turco. Sia il confine stesso che la periferia della città sono ben visibili”. Queste le comunicazioni del comando russo che ha riportato integralmente Tass.
Data la natura strategica della posizione occupata – che si trova alture che dominano il territorio – i poliziotti militari russi e le guardie di frontiera siriane potranno monitorare il ritiro delle unità curde dalla zona di confine. Gli agenti della polizia militare russa ”contribuiranno a garantire la sicurezza della popolazione civile, a far rispettare la legge e a mantenere l’ordine, pattugliando le zone assegnate e assistendo nel loro ritiro le unità curde di autodifesa e le loro armi fino a una distanza di 30 chilometri dal confine turco-siriano”.
L’accordo di Sochi, che dopo il cessate il fuoco promosso e ottenuto da Washington la scorsa settimana, mette “fine” all’offensiva di Ankara, è di fatto un chiaro segnale della crescente influenza che la Russia è in grado di esercitare nella regione dove gli Stati Uniti di Donald Trump, invece, hanno deciso di ritirarsi – salvo il mantenimento delle posizioni intorno al petrolio siriano – stravolgendo gli equilibri costituitisi nel lungo corso della guerra siriana. Un accordo che ha di fatto permesso a Erdogan di espandere la propria sfera di azione e che, con il completo ritiro delle truppe curde, potrebbe anche procedere con suo piano di creare la “zona sicura” per far stabilire i milioni di rifugiati siriani che oggi si trovano in Turchia.