Dopo gli intensi bombardamenti iniziati nei giorni scorsi, ad opera dell’aviazione russa prima e di quella siriana poi, adesso sembra che l’esercito di Damasco voglia iniziare ad Idlib anche operazioni di terra. Dallo scorso fine settimana, numerosi report parlano di scontri e scambi di colpi d’artiglieria a nord di Hama, lì dove si concentrano la maggior parte dei raid governativi sopra citati. In parole povere, il fronte di Idlib, che rappresenta l’ultima provincia siriana in mano agli islamisti, è in procinto di accendersi definitivamente.
Le operazioni militari di queste ore
Questa parte della Siria è militarmente “silente” da diversi mesi: dopo la riconquista della Ghouta e di Daraa ad opera dell’esercito siriano nella scorsa estate, in tutto l’ovest del paese non si registrano scontri ed operazioni militari. In primo luogo, è possibile ritenere che da Damasco viene data primaria importanza alla necessità di fermare le operazioni belliche: un esercito indebolito ed una popolazione stremata da otto anni di guerra non sono in grado di reggere nell’immediato un’altra grande operazione militare. In secondo luogo la zona di Idlib è tra quelle dichiarate di “de escalation” a seguito delle trattative diplomatiche seguite da Russia e Turchia. Ecco perché i bombardamenti iniziati nella seconda parte di marzo, appaiono come le prime vere operazioni militari in Siria dall’inizio dell’anno.
Se dapprima i raid sembrano mere rappresaglie russe in risposta all’attacco per mezzo di droni operato dagli islamisti contro la base di Latakia, successivamente invece i bombardamenti diventano sempre più frequenti e mirati all’indebolimento dei gruppi che controllano la parte meridionale della provincia di Idlib. Si tratta in gran parte di sigle islamiste e jihadiste, che da anni sono posizionate ai confini della provincia di Hama, zona strategica solo sfiorata dal conflitto. Come detto, dallo scorso fine settimana si registrano anche operazioni di terra: in particolare, l’esercito siriano prova ad entrare nella provincia di Idlib partendo proprio dalle zone a nord di Hama.
Le notizie che arrivano da queste località sono frammentarie, ma fanno emergere comunque uno scenario fatto di aspri scontri tra esercito e miliziani: questi ultimi appaiono ben equipaggiati e provano a respingere l’offensiva di Damasco. Il fronte più importante appare quello compreso tra due località strategiche in mano islamista: Qalaat al Mudiq e Kafr Nabudah. Qui i soldati fedeli al presidente Assad avrebbero conquistato alcune alture al prezzo però di non poche perdite. L’obiettivo sembrerebbe quello di avere, fra qualche giorno, il controllo del fuoco sulle località sopra citate e quindi poter avanzare verso nord. Kafr Nabudah specialmente appare come vera e propria porta d’accesso alla provincia di Idlib.
I possibili scenari futuri
Come detto già qualche giorno fa però, non sembra verosimile che i raid aerei e gli ultimi scontri possano rappresentare l’inizio della complessiva riconquista di Idlib da parte dell’esercito. La provincia vede la presenza di migliaia di miliziani, che oramai hanno anni di esperienza nei vari fronti e che appaiono ben armati. A questo occorre aggiungere che, di fatto, Idlib è in gran parte controllata a sigle che si rifanno alla coalizione di Tahrir Al Sham, il nome nuovo dell’ex Fronte Al Nusra e quindi della filiale locale di Al Qaeda. Difficilmente questi gruppi sono propensi a trattare con il governo, come accaduto in altre parti della Siria.
Più probabile invece che gli attacchi di queste ore vogliano mettere definitivamente in sicurezza le province di Hama e Latakia: la prima ha come omonimo capoluogo la quarta città del paese e la presenza islamista poco più a nord è una spina nel fianco per l’esercito siriano. La seconda invece è la roccaforte alauita del presidente Assad ed ospita nel capoluogo la base aerea russa più usata dall’aviazione del Cremlino. Dunque, l’obiettivo di queste settimane potrebbe essere l’indebolimento delle sigle jihadiste di Idlib ed un avanzamento a nord di Hama in grado di mettere in sicurezza le strategiche località occidentali e centrali della Siria. Come fatto notare da alcuni giornalisti siriani, le operazioni di questi giorni appaiono guidate principalmente dai russi.