Il governo siriano ha accusato Israele di aver organizzato un’operazione clandestina insieme alla Turchia per portare via antichi manufatti da un’antica sinagoga della città di Damasco.
L’ambasciatore della Siria presso le Nazioni Unite, Bashar Jaafari, ha accusato formalmente i due Paesi davanti al Consiglio di Sicurezza. Non un’accusa qualsiasi dunque, ma un gesto estremamente pesante sotto il profilo politico. L’accusa è quella di cooperare con “gruppi terroristici” per rimuovere oggetti di valore dalla sinagoga Eliyahu Hanavi, nota anche come sinagoga di Jobar.
Come ricorda il quotidiano israeliano online Ynetnews, la sinagoga di Jobar fu costruita in cima a una grotta dove si dice che si fosse nascosto il profeta biblico Elia e si trova all’interno del quartiere damasceno di Jobar, che ospitò una grande comunità di ebrei Musta’arabi fino al 1800.
I furti e i bombardamenti di questi anni hanno gravemente danneggiato l’antica sinagoga, una delle più antiche del mondo. E ci sono rapporti contrastanti sul destino dei manufatti nella sinagoga. Alcuni affermano che i rari libri della Torah siano stati portati via di nascosto dalla sinagoga per mano dei ribelli per poi essere sequestrati dall’esercito siriano. Altri, come il governo della Siria, dicono siano stati trafugati da criminali che operano nell’area con il supporto di Israele.
Insomma, l’accusa di Damasco è che si sia trattato di un vero e proprio furto su commissione perpetrato da forze ribelli presenti ancora nella capitale siriana, insieme al supporto israeliano e degli intermediari turchi, che da sempre hanno un forte ascendente sulle fazioni jihadiste contrarie al governo siriano.
“Il governo desidera trasmettere informazioni altamente credibili secondo le quali i gruppi terroristici attivi nell’area di Jobar, vicino a Damasco, hanno collaborato con i servizi segreti turchi e israeliani per saccheggiare manufatti e manoscritti provenienti dall’antica sinagoga” ha dichiarato Ja’afari.
L’ambasciatore siriano ha poi continuato a scrivere: “Gli oggetti sono stati poi contrabbandati attraverso intermediari locali e stranieri a Istanbul, dove sono stati ricevuti da esperti di antichità che hanno certificato che fossero oggetti antichi estremamente preziosi. Gli oggetti sono stati successivamente contrabbandati a New York“.
In una risposta fornita in esclusiva al Jerusalem Post, l’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite Danny Danon ha definito la lettera una strategia del governo siriano per distrarre l’attenzione del mondo dalla guerra siriana. “Questo è l’ennesimo tentativo da parte del regime siriano di distogliere l’attenzione dalle atrocità che sta infliggendo alla sua stessa gente”, ha detto Danon. “Il fatto è che mentre Assad macella senza pietà donne e bambini, Israele continua a fornire aiuti umanitari ai siriani feriti e sfollati che arrivano ai nostri confini”.
La lettera di Jaaafari nasce come risposta a un rapporto delle Nazioni Unite che trattava dell’imposizione di sanzioni a Isis e al-Qaeda e ai loro delegati. Questo rapporto include anche una serie di dichiarazioni molto importanti secondo cui i gruppi terroristici operanti in Siria ricevono o abbiano ricevuto aiuti da elementi stranieri. L’ambasciatore siriano al Palazzo di Vetro ritiene, come anche i suoi alleati, che i convogli umanitari provenienti dalla Turchia siano usati per contrabbandare armi e per fornire soldi e assistenza logistica alle organizzazioni terroristiche che combattono in Siria contro il governo di Damasco.
Nella lettera, l’ambasciatore siriano ha sottolineato che la Siria “insisterà nel realizzare i propri diritti in conformità con il diritto internazionale e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza al fine di ripristinare i beni culturali rubati, compresi quelli della sinagoga di Jobar”.
Ma la battaglia di Damasco non è semplice né si ferma, chiaramente, a questo singolo episodio. Un episodio che è tutto da dimostrare, ma che conferma il terribile processo di depauperamento del patrimonio culturale e artistico siriano dopo sette anni di guerra. I furti, le devastazioni e il contrabbando di reperti sono da sempre uno dei cardini delle operazioni dei gruppi jihadisti che combattono nel Paese, così come lo furono durante l’avanzata dello Stato islamico in Iraq.
Dove non sono arrivate le bombe, è arrivata la barbarie. Dove non è arrivata la barbarie devastatrice e iconoclasta, è arrivata la più prosaica criminalità organizzata del contrabbando di opere artistiche. Le notizie di beni archeologici siriani e iracheni finite nei mercato occidentali sono numerose e documentate. Uno dei canali di finanziamento dell’Isis è stato anche questo.