Le navi russe non lasciano il Mediterraneo. Qualche giorno fa, Repubblica riferiva di movimenti russi nell’Adriatico che avevano messo in allerta la flotta Nato e le unità a protezione della portaerei americana Harry Truman, da diverso tempo in navigazione vicino alle coste italiane. La questione si è confermata anche nelle ultime ore. Il sito di tracciamento Itamilradar ha evidenziato un certo dinamismo dei mezzi atlantici nell’area dell’Adriatico meridionale che sembra confermare la presenza dell’incrociatore classe Slava Varyag e del cacciatorpediniere di classe Udaloj Admiral Tributs nelle acque dove si muove la portaerei Usa.

La presenza delle unità di Mosca è una costante da diversi mesi, anche prima dell’inizio della guerra in Ucraina. Da tempo le Marine e le intelligence del blocco atlantico, in particolare quelle mediterranee, segnalavano una rinnovata attività russa sul “fronte sud” dell’Alleanza. E il conflitto scatenato da Vladimir Putin a febbraio ha solo rinnovato e rinforzato una percezione che per gli addetti ai lavori era molto più di un semplice sospetto: la Russia è tornata nel Mediterraneo dopo anni in cui la caduta dell’Unione Sovietica aveva fatto credere di avere rimosso la flotta di Mosca nel Mare Nostrum.

La guerra, tra le sue conseguenze, ha avuto anche quella di far capire in maniera ancora più netta la “battaglia navale” che si combatte anche in questa regione. Soprattutto perché dall’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale” si è aggiunto un ulteriore problema: i blocco del Bosforo da parte del governo turco che, nel rispetto della Convenzione di Montreux, ha fermato l’accesso al Mar Nero per tutte le unità militari di qualsiasi flotta. Compresa naturalmente quella russa ad eccezione delle navi appartenenti alla Flotta del Mar Nero. Questo fattore ha provocato un ulteriore aumento delle attività di Mosca nel Mediterraneo non solo perché già presenti nell’area grazie alla base di Tartus, in Siria, ma anche per rafforzare le unità all’interno del bacino in attesa di un possibile rientro nel Mar Nero interferendo, contestualmente, nelle attività della flotta Usa e Nato nella regione. La Russia cerca pertanto non solo di rafforzare la propria presenza navale al confine Nato, ma anche di rappresentare una vera e propria spina nel fianco delle forze avversarie in una fase in cui il Mar Nero è un teatro tanto fondamentale quanto tecnicamente inavvicinabile a meno di non andare a scatenare una crisi con la Turchia.

La conferma di questo programma russo per il Mediterraneo sembra arrivare inoltre da un altro indizio, questa volta più a nord, non lontano dalle coste britanniche. Nelle ultime ore, i portali per il monitoraggio del traffico navale (e il canale Twitter dell’analista H. I. Sutton) hanno infatti segnalato il passaggio della Manica da parte della nave da rifornimento Akademik Pashin. Un’imbarcazione molto particolare in quanto pur essendo una nave-cisterna, molti osservatori segnalano che si tratterebbe in realtà di un’unità utile anche per lo spionaggio. Ipotesi che è stata paventata soprattutto quando nell’aprile del 2020 questa nave, insieme alla corvetta Borki, apparve davanti alle coste di Cherbourg, in Francia, mentre la Marina francese effettuava i test del nuovo sottomarino d’attacco nucleare Suffren. Anche oggi, come nel 2020, la Akademik Pashin ha solcato le acque della Manica (questa volta dopo aver lasciato Murmansk), e anche questa volta sembra sia seguita da un’altra unità della Marina russa senza che però si sappia di cosa si tratta. L’ipotesi più accreditata è che la coppia di navi, dopo aver preso il largo nell’Atlantico, scenda verso sud in direzione di Gibilterra (come spiega Gianluca di Feo su Repubblica). Anche se non va dimenticato che la stessa nave, insieme ad altre due unità di Mosca, è stata coinvolta in alcune esercitazioni nel Golfo di Guinea: un evento abbastanza insolito per la flotta russa.





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