Lo Stato islamico occupa meno dell’1 per cento del territorio originario, secondo quanto annunciato dalla coalizione internazionale, a guida americana, che combatte contro i jihadisti in Siria e in Iraq.

Dopo quasi cinque anni dalla sua nascita, l’Isis è stata quasi definitivamente annientato a livello territoriale e, secondo il presidente americano Donald Trump, nell’arco di una settimana perderà la totalità del suo califfato.

Dal Califfato alla guerriglia

All’apice della sua espansione, nel giugno 2014, lo Stato islamico occupava un territorio delle dimensioni di 88 mila km quadrati, che si estendeva tra la Siria e l’Iraq, e governava su una popolazione di circa 8 milioni di persone.

Dopo più di tre anni di guerra, nel dicembre 2017, Baghdad e Damasco hanno proclamato la sconfitta del califfato, che tuttavia non è coincisa con la distruzione definitiva dell’organizzazione, i cui militanti hanno trovato rifugio nel territorio desertico al confine tra la Siria e l’Iraq.

Ad oggi, si stima che tra i 1.000 e i 1.500 jihadisti si siano rintanati in un’area di soli 50 km quadrati, situata nella Middle Euphrates River Valley. Tuttavia, stando alle affermazioni di Trump, anche questi ultimi avranno vita breve e verranno sconfitti entro la prossima settimana.

Al momento, i terroristi non possiedono più postazioni fisse. Non per questo l’Isis potrà essere considerato meno pericoloso rispetto al passato. Negli ultimi anni, in seguito alle numerose sconfitte subite, lo Stato islamico è passato dall’essere un’organizzazione di insorti, con roccaforti fisse, a una rete terroristica clandestina, sparpagliata nella regione e nel mondo.

L’organizzazione mantiene alcune cellule dormienti sia nel territorio di confine tra Iraq e Siria sia nelle città un tempo sotto il suo controllo. Solo il 7 febbraio scorso, le Syrian Democratic Forces (Sdf) hanno arrestato 63 militanti nella città di Raqqa, ex capitale dello Stato islamico, 48 dei quali sospettati di essere membri di una cellula dormiente dell’organizzazione terroristica.

La fine dei jihadisti dell’Isis

Come già successo con la liberazione delle principali roccaforti dell’Isis, anche la sconfitta definitiva a livello territoriale dell’organizzazione terroristica non coinciderà con la fine della minaccia jihadista.

Nelle ultime settimane, migliaia di combattenti dell’Isis avrebbero tentato di lasciare precipitosamente le zone di guerra, confondendosi tra i civili. Una fuga di proporzioni così elevate da costringere le Syrian Democratic Forces (Sdf),  le milizie curde che combattono contro lo Stato islamico, a sospendere le operazioni dopo settimane di intensi combattimenti.

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, a partire dal dicembre 2018, mese in cui si è intensificata la lotta contro lo Stato Islamico al confine tra Siria e Iraq, più di 37mila persone, per la maggior parte mogli e figli dei jihadisti, avrebbero lasciato il territorio del califfato. Tra queste, vi sarebbero anche 3.200 persone sospettate di terrorismo.

Anche il presidente Trump ha espresso preoccupazione per il persistere della minaccia jihadista. In occasione dell’annuncio della quasi vittoria contro lo Stato islamico, mercoledì 6 febbraio, il presidente americano ha tuttavia sottolineato che vi saranno “strascichi” da gestire, potenzialmente molto pericolosi.

Rischio di rinascita

Accanto alla fuga dei jihadisti, un altro timore è che, in assenza di forti pressioni internazionali, lo Stato islamico possa rinascere in Siria nel giro di 6-12 mesi. In un rapporto dell’ispettorato generale della Difesa, il Pentagono ha dichiarato l’Isis rimane “un gruppo di combattenti temprati dalla battaglia e ben disciplinati che potrebbe risorgere in Siria senza una continua pressione nei confronti del terrorismo”.

Si tratta di un timore condiviso anche dal Governo italiano. Nella sua recente visita in Iraq,  il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, non ha mancato di rilevare come “l’insorgenza dell’Isis rappresenti ancora una seria minaccia, che richiede attenzione e sforzo collettivo”.

Che si tratti del ritorno dei foreign fighters in Europa o della rinascita in Siria e in Iraq dello Stato islamico, il rischio di una potenziale recidiva è lungi dall’essere scongiurato.

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