La crisi scoppiata in Ucraina ha radici molto più profonde di quanto non si possa immaginare. Anche se Vladimir Putin ha lanciato la sua operazione militare contro Kiev lo scorso 24 febbraio, le cause delle tensioni ucraine non possono certo essere individuate nel presente; al contrario, devono essere recuperate dal recente passato. “È stato un serio errore lasciare che l’Ucraina fosse candidata all’ingresso della Nato per un periodo molto lungo. Un errore commesso da troppi Paesi”, ha spiegato Sergio Romano alla tavola rotonda organizzata da InsideOver per comprendere quale sarà il futuro dell’Ucraina. Romano, diplomatico di lungo corso e ambasciatore in Unione sovietica dal 1985 al 1989, si è soffermato ad analizzare l’importanza dei negoziati tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il suo omologo russo Putin. Negoziati che ancora non intravedono all’orizzonte, nonostante alcune indiscrezioni lasciassero presagire una sorta di tregua.
L’importanza dei negoziati
Ricapitoliamo quanto avvenuto nelle ultime ore. Con i russi a scorrazzare nei sobborghi di Kiev, sono emerse voci secondo le quali Zelensky sarebbe disposto ad intavolare negoziati con la Russia, concedendo la neutralità del suo Paese in cambio del cessate il fuoco. Sempre nel pomeriggio del 25 febbraio è arrivata la replica da Mosca: il governo russo è pronto a intavolare i negoziati. Dmitri Peskov, portavoce della presidenza russa, ha dichiarato che il Cremlino, sulla base di solide condizioni, è disposto a inviare quanto prima una delegazione di alto profilo a Minsk, capitale della Bielorussia. Fin qui, insomma, timidi segnali di distensione.
Il problema è che poche ore più tardi Putin ha lanciato un messaggio di tutt’altro grado: “Sarebbe molto più facile parlare con l’esercito ucraino che non con la banda di drogati e nazisti al potere a Kiev. Vorrei rivolgermi agli uomini dell’esercito ucraino: non lasciate che questi nazionalisti usino voi, le vostre donne, i vostri bambini, i vostri anziani e li usino come scudi umani”, ha tuonato Putin. A notte fonda, al termine di una giornata convulsa, sono emerse nuove indiscrezioni: fonti ucraine sostenevano che Zelensky fosse pronto a parlare di cessate il fuoco e pace con la Russia. Da Mosca non sono tuttavia arrivate né conferme né smentite. Certo è che i negoziati sono la chiave per uscire dall’impasse.
Una neutralità necessaria
Su questo, ovvero l’importanza dei negoziati, Romano è stato piuttosto emblematico: “Mi rendo conto che se fossero stati fatti uno o due anni fa, quando comunque era già un problema da risolvere, sarebbe stato molto meglio”. La vera posta in palio dei negoziati è, appunto, il futuro dell’Ucraina. “Credo che non sia necessario considerare la neutralità dell’Ucraina impossibile. Ho l’impressione che alla fine, quando ogni potenza cercherà di avere il Paese dalla sua parte, torneremo all’idea della neutralità“, ha aggiunto l’ex ambasciatore.
Dal canto suo la Russia ha fatto capire di sognare un’Ucraina controllata da un governo filorusso, quasi come se Kiev diventasse un satellite di Mosca. “È totalmente impossibile immaginare una cosa del genere oggi. Non so se a Mosca abbiano già digerito e accettato la realtà, ma prima o poi dovrà accadere. L’Ucraina non potrà essere un satellite della Russia, né un membro della Nato“, ha concluso quindi Romano. La soluzione più pragmatica, dunque, potrebbe essere quella di trasformare l’Ucraina in una sorta di “Svizzera”. Puntando, ovviamente, sulla neutralità.