L’unica cosa che sembra certa, per ora, sul bombardamento in cui è stato colpito il numero due dell’Isis, Abu Muhammad al Adnani, è proprio la sua morte. Confermata martedì pomeriggio da Amaq, l’agenzia di stampa del Califfato. L’organo d’informazione dei jihadisti ha diffuso martedì un comunicato in inglese, rilanciato dal Site, sito statunitense che monitora l’attività dei jihadisti, avente ad oggetto proprio il “martirio” di al Adnani, impegnato, scrive Amaq, nelle “operazioni per respingere le campagne militari contro Aleppo”.Proprio nei pressi della città siriana, teatro di violenti scontri tra esercito di Damasco, ribelli e gruppi jihadisti, il portavoce dell’Isis sarebbe rimasto ucciso, dopo essere stato colpito da un raid, rivendicato inizialmente dalla coalizione internazionale anti-Isis. Martedì il Pentagono aveva riferito, infatti, che Adnani era stato centrato da un attacco aereo della coalizione a guida statunitense nella zona di Al Bab, nei pressi di Aleppo. Assieme al leader dell’Isis, scrive su Twitter la direttrice del Site, Rita Katz, sarebbero morti anche cinque miliziani del Califfato. Il dipartimento della Difesa di Washington aveva poi annunciato “che erano in corso le valutazioni sull’esito del raid”.Nel pomeriggio di mercoledì, però, il ministero della Difesa di Mosca ha contraddetto la versione statunitense, rivendicando la paternità dell’operazione che ha portato all’eliminazione del numero due dell’Isis. Adnani, secondo un comunicato diffuso dal ministero della Difesa russo, sarebbe stato colpito, il 30 agosto, non dai jet della coalizione internazionale ma da un bombardiere russo Sukhoi Su-34. Il raid sarebbe stato condotto “nell’area di Umm Màarat Hawsh”, dove i jet di Mosca hanno abbattuto, si legge nella nota diffusa dal ministero, “circa 40 militanti dell’Isis”. Tra loro, come confermano diversi “canali di intelligence”, ci sarebbe stato anche il comandante, al Adnani.Dopo la diffusione del comunicato con cui il ministero della Difesa russo ha replicato alla versione dei fatti presentata da Washington, per molti analisti sarebbe quindi partita una vera e propria corsa a prendersi il merito dell’uccisione del portavoce dell’Isis. Un affare non da poco, visto che su Adnani, forse il leader più influente dopo al Baghdadi, pendevano taglie milionarie e che la sua eliminazione rappresenta un altro colpo durissimo per il Califfato. Per questo dalla Difesa di Washington un funzionario, deciso a non perdere la paternità sull’operazione, si è affrettato a bollare come una “barzelletta” la “versione russa” sul bombardamento in cui ha perso la vita “la voce del terrore”.E intanto sul web i jihadisti si mobilitano e incitano i lupi solitari a “uccidere civili in Occidente” per “vendicare le vittime dei raid aerei”, anche con un video, sottotitolato in francese, diffuso dall’Isis. L’uccisione di Adnani rappresenta un duro colpo per l’organizzazione. Come ha mostrato una recente inchiesta del New York Times, infatti, l’uomo oltre ad essere il braccio destro di al Baghdadi e il supervisore della comunicazione dell’organizzazione jihadista, era a capo dell’Emni, il “servizio segreto” del Califfato, dedicato all’organizzazione e alla gestione della rete esterna di lupi solitari messa in piedi dall’Isis in Occidente e in Europa. Adnani, nato a Taha Sobhi Falaha, in Siria, ha combattuto contro le forze americane in Iraq nel 2003, e dal 2011 ha preso parte alla guerra civile contro Assad in Siria. Fu proprio lui, inoltre, nel 2014 ad annunciare la nascita del sedicente Stato Islamico. Negli ultimi mesi, oltre che occuparsi della supervisione minuziosa di ogni aspetto della propaganda jihadista, aveva il compito di coordinare i jihadisti presenti sul suolo europeo e occidentale incaricati di mettere a segno attacchi in Europa. Nel suo ultimo discorso, quello del 21 maggio, scrive su Twitter Rita Katz, Adnani affermava, infatti, che gli attacchi dei “jihadisti occidentali” sui civili, sono “più cari e migliori” dei progressi sul piano militare. Proprio a loro si stanno rivolgendo, infatti, in queste ore, i canali jihadisti e i gruppi pro-Isis, che incitano i lupi solitari presenti in Europa a colpire per vendicare il leader ucciso. Come si verificò dopo l’annuncio della morte di Omar al Shishani, avvenuta un giorno prima della tragica strage di Nizza.
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