È una questione che tiene banco da anni ormai la diatriba legata alla costruzione della Diga della rinascita etiope, in cui le preoccupazioni dei Paesi che si trovano a valle della costruzione hanno portato ad una escalation di tensioni nell’Africa Nordorientale. In gioco ci sono infatti una molteplicità di interessi che, in un modo o nell’altro, hanno spinto il Sudan e l’Egitto a contrastare il progetto da 74 miliardi di metri cubi d’acqua dell’Etiopia sul percorso del Nilo azzurro, nonostante esso sia ormai quasi pronto ad entrare in funzione. Tuttavia, non è bastato il ritiro della delegazione diplomatica da parte di Khartoum per smuovere la situazione, che a questo punto sembra prendere la direzione di una più completa – e definitiva – rottura diplomatica.

Energia ed agricoltura: le paure delle parti in causa

La costruzione della Diga della rinascita da parte dell’Etiopia è il fulcro di un più ampio programma volto a dare l’indipendenza energetica al Paese, aiutando al tempo stesso anche l’agricoltura della regione che con troppa frequenza deve fare i conti con la siccità. Nel portare a termine il suo piano, tuttavia, Addis Abeba mette in pericolo le stesse necessità che hanno l’Egitto ed il Sudan, mettendoli di fatto alla mercé degli interessi e delle operazioni etiopi.

Mentre per quanto riguarda Khartoum il Nilo blu è essenziale soprattutto per l’agricoltura – sia che si tratti della sussistenza delle campagne che delle grandi produzioni latifondiste volte a soddisfare il mercato interno – soprattutto per l’Egitto la questione è ancora più complessa. Nei suoi piani di indipendenza energetica dai grandi produttori petroliferi della regione araba, il Cairo ha infatti puntato già da anni sull’energia idroelettrica per soddisfare la domanda energetica interna – e per esportarla, anche verso il Sudan e l’Etiopia. Il rischio di una diminuzione dei flussi d’acqua – anche solo per una piccola durata temporale – mettono dunque in serio pericolo le capacità produttive del Paese; motivo per il quale l’opposizione egiziana al progetto è sempre stata forte. E in questo scenario, non è casuale il fatto che l’Etiopia abbia iniziato la costruzione della diga proprio durante i concitati mesi successivi alla deposizione di Hosni Mubarak, nei quali dall’Egitto non sono più arrivate opposizioni al progetto.

Sarà sulle rive del Nilo la prima guerra dell’acqua?

È un allarme che i tecnici mondiali avevano lanciato già da oltre trent’anni a questa parte (e già accennato durante la conferenza di Montreal sui CFC): l’Africa rischia di essere lo scenario della prima vera e propria guerra dell’acqua del terzo millennio. In fondo, non sarebbe però la prima volta nella storia che nella regione si assisterebbe ad un conflitto del genere, come già accaduto nell’Avanti cristo con le guerre tra Egiziani e Nubiani e proprio per questioni legate a rudimentali chiusure del letto fluviale.

Negli ultimi giorni, tale macabra possibilità è stata preannunciata anche dal capo della delegazione sudanese, Ahmed al-Mufti, come riportato dalla testata giornalistica The Guardiana seguito del proprio ritiro dalle discussioni internazionali.

Infatti, ai giorni nostri un potenziale scontro nella regione assumerebbe una rilevanza notevole (interessando, in aggiunta alle parti in causa, anche il Sudan del Sud, per un totale di oltre 250milioni di persone colpite)  e per questo motivo la situazione andrebbe tenuta sotto controllo da parte delle autorità internazionali. Almeno, per evitare l’esaudirsi di una profezia che troppo a lungo abbiamo sentito e per troppo tempo abbiamo con superficialità ignorato.





Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.