Sanzionare le aziende cinesi che appoggiano la macchina bellica di Mosca? Nel nuovo pacchetto europeo di sanzioni potrebbe apparire questa novità. Bruxelles ha frenato apertamente sull’idea di embargo totale pensata da Joe Biden in vista del G7 giapponese, ma non si ferma nel decoupling da Mosca promosso a colpi di sanzioni.
L’ultima mossa è un’idea di rottura con il recente passato, che aveva messo unicamente Mosca, le sue aziende, i suoi oligarchi e i suoi asset finanziari nel mirino. E mira a colpire anche chi la Russia la sta sostenendo sul fronte pratico in termini di fornitura di assetti militari e tecnologie critiche. Nel mirino ci sarebbero dunque le aziende iraniane che producono i droni usati da Mosca in Ucraina e, fattispecie inaudita, anche le compagnie cinesi che vendono tecnologie duali alla Federazione russa.
La mossa appare una sorta di compensazione a Biden per il no all’embargo totale e potrebbe aprire all’inserimento nella lista nera di aziende già segnate nel taccuino della Casa Bianca. 3Hc Semiconductors e King-Pai Technology, con sede nella Repubblica Popolare, si sommano in tal senso a due società aventi base a Hong Kong, Sinno Electronics e Sigma Technology, nell’elenco delle società già sanzionate da Washington per aver supportato le forze armate russe.
Bruxelles, secondo quanto appreso dal Financial Times, è pronta a seguire. 3Hc e King-Pai, in quest’ottica, sarebbero i primi gruppi destinati ad essere colpiti. La testata della City di Londra ha letto la bozza del documento su cui il Palazzo Berlaymont sta lavorando e le inequivocabili parole della Commissione sono riportate testualmente: “È opportuno includere alcune altre entità aventi sede in Paesi terzi coinvolte nell’elusione delle restrizioni commerciali nonché alcune entità coinvolte nello sviluppo, nella produzione e nella fornitura di componenti elettronici cruciali per il complesso militare e industriale della Russia”.
La bozza sarà visionata in settimana dai leader dei Paesi membri e poi discussa tra la Commissione e gli Stati. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, mira a prendere più piccioni con una fava: potenziare il sanzionamento di Mosca; aumentare il controllo europeo sull’elusione delle sanzioni da parte di attori di Paesi terzi; mandare un messaggio di solidarietà aperta all’Ucraina mentre si inizia a parlare di una possibile controffensiva; soprattutto, mostrare l’allineamento dell’Ue alla strategia americana di contenimento duale di Mosca e Pechino.
La mossa si inserisce infatti nella prospettiva di ampliamento del distacco comunitario dalla Cina che Washington ritiene fondamentale e su cui sta già spingendo utilizzando come attori di riferimento in Ue Paesi come Lituania e Polonia, “falchi” atlantici, contro l’aperturismo di buona parte dei grandi dell’Europa occidentale. L’atlantista von der Leyen intende colpire le aziende cinesi che aiutano Mosca ma dovrà scontrarsi con le diverse anime dei poteri europei. Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel è di tutt’altro avviso sul contenimento duale, per non parlare di Emmanuel Macron e della Francia. Nuove, strutturali sanzioni estese alla Cina, oltre che all’Iran, potrebbero anche trovare contrario Viktor Orban che non vuole avere problemi con Pechino dopo che l’Ungheria ha spesso usato l’arma del veto per annacquare le precedenti sanzioni a Mosca.
Insomma, la proposta è sicuramente di rottura ma il sentiero per la sua applicazione è stretto. A tal proposito, bisogna anche considerare il fatto che Bruxelles deve pensare alle eventuali ritorsioni della Cina in un contesto in cui il settore tecnologico, bersaglio delle sanzioni, è già nel pieno della guerra economica tra Pechino e molti Paesi occidentali e nuove controsanzioni potrebbero rallentare il processo europeo di decoupling delle catene del valore. Il tutto con effetti incerti sul contrasto a Mosca, mentre il principale meccanismo di aggiramento, che ha a che fare soprattutto con il gioco delle tre carte sul petrolio, rimane intonso. E Mosca libera di lucrare nonostante le barriere occidentali.