Quattro petroliere sono state vittima di misteriosi “atti di sabotaggio” mentre erano al largo degli Emirati Arabi Uniti. Sale la tensione nel Golfo. Gli Stati Uniti accusano apertamente l’Iran, che nega ogni tipo di coinvolgimento e accusa Washington e Ryad di aver escogitato una strategia comune per far ricadere la colpa su Teheran. Trump avverte “Iran soffrirà molto” se condurrà qualsiasi tipo di azione offensiva.
Quattro navi in tutto, due petroliere saudite, una norvegese, e una nave cisterna emiratina sarebbero state “sabotate” nella notte mentre erano al largo del terminal petrolifero di Fujairah, nel Golfo dell’Oman a 140 chilometri dallo stretto. Le navi sarebbero state vittime di “esplosioni” che non hanno messo a repentaglio la vita degli equipaggi. Né il greggio né altre sostanze si sarebbe riversate in mare. Non si conosce né l’origine né la matrice di questi “atti di sabotaggio”, ma per gli Stati Uniti il mandante è Teheran: probabilmente un commando della Guardia Rivoluzionario Iraniana, componente militare considerata dal Pentagono un’organizzazione terroristica.
A denunciare l’accaduto sono state le autorità emiratine, poiché tutte le navi si trovavano nella loro zona economica, e la colpa, anche secondo Riyad e Abu Dhabi, sarebbe da attribuire a Teheran. Per parte sua l’Iran ha definito il fatto “allarmante e deplorevole”. Il portavoce del ministero degli Esteri, Abbas Moussavi, dopo aver aperto un’inchiesta per indagare sull’accaduto, ha lanciato un monito in merito all’ “avventurismo straniero” che intende “destabilizzare la regione”. Alludendo ad un complotto concertato da “paesi terzi” per far ricadere tutte le colpe su Teheran – che pure ha minacciato più volte negli ultimi mesi di chiudere lo stretto strategico di Hormuz per ostacolare il transito del petrolio che accontenta 40% del fabbisogno globale. I ministeri degli Esteri emiratini e sauditi hanno definito gli atti di sabotaggio che hanno colpito anche una nave battente bandiera norvegese, la Andrea Victory, come “azioni criminali” che rappresentano una seria minaccia per la libera navigazione e per il commercio nel Golfo.
Il verificarsi di altri incidenti o ulteriori atti di sabotaggio, o la scoperta di un mandante – secondo un’analisi preliminare degli Usa si celebrerebbe proprio Teheran dietro questa azione – potrebbe portare ad un’escalation tra Stati Uniti e Iran che trascinerebbe entrambi in un conflitto aperto, proprio quando il Pentagono schiera la flotta nella regione e l’Iran – secondo i dossier nell’intelligence americana – è stata scoperta a caricare missili a corto e medio raggio su imbarcazioni militari per “colpire” le portaerei statunitensi.
Come riporta Guido Olimpio nel suo articolo, un esperto consultato da Corsera ha definito l’ampio squarcio fotografato sullo scafo della petroliera norvegese coinvolta come “compatibile con una collisione” e non con lo scoppio di cariche esplosive, che invece probabilmente lo avrebbero condannato all’affondamento. Tutti gli squarci, compresi tra il metro e mezzo e i 3, sarebbero sotto le linee di galleggiamento nelle navi.
Non ci troveremmo dunque di fronte a un commando che come hai tempi della seconda guerra mondiale si è infiltrato di notte nel porto “nemico” per minare le navi alla fonda e compiere atti di sabotaggio, ma di un’isteria collettiva da associare all’altissima tensione che si sta vivendo nel Golfo; dove presto bombardieri strategici, navi d’assalto e missili Patriot saranno schierati contro una repubblica islamica che non vuole rinunciare a nessun costo al “suo” uranio arricchito, per fabbricare all’occorrenza un’arma nucleare che potrebbe destabilizzare gli equilibri di tutta la regione del Medio Oriente.