Negli ultimi giorni le notizie riguardanti movimenti di truppe e dichiarazioni ufficiali a metà tra la propaganda e la diplomazia sulla crisi ucraina, che abbraccia anche tutto il “fronte orientale” della Nato, si susseguono a un ritmo vertiginoso.
Per capire cosa sta succedendo giova ricapitolare gli eventi documentati e documentabili accaduti di recente. Il punto di partenza obbligato di ogni considerazione resta l’esito dei colloqui tra Russia, Stati Uniti e Nato avvenuti la scorsa settimana: nel giro di quattro giorni i delegati russi si sono incontrati dapprima a Ginevra con quelli statunitensi, poi a Bruxelles con i membri dell’Alleanza Atlantica al completo, infine, giovedì 13, a Vienna con l’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa.
La diplomazia stenta
Gli incontri al vertice sono stati, tutti, sostanzialmente dei fallimenti: nonostante ci sia stato spazio per alcune convergenze, come ad esempio sulla necessità di assicurare un controllo sugli armamenti nucleari, oppure sul non schieramento di missili a raggio medio e intermedio in Europa, le richieste russe sono state, per il momento, lasciate in sospeso.
Del resto sono in buona parte irricevibili, sebbene a Washington potrebbero in futuro decidere di porre termine alla politica open doors della Nato. Mosca, per voce del suo ministro degli Esteri Sergey Lavrov, ha fatto sapere che “entro pochi giorni” attende contatti per discutere delle risposte degli Stati Uniti e della Nato alla bozza di accordi sulle garanzie di sicurezza che ha fatto pervenire durante i colloqui della scorsa settimana, ma la pazienza del Cremlino sembra agli sgoccioli.
L’affermazione che la Russia non ha in programma ulteriori discussioni all’Osce fatta lunedì 17 dal delegato russo all’Organizzazione, Alexander Lukashevich, lascia trasparire una certa insofferenza oltre che evidenziare ancora una volta la volontà di Mosca di interfacciarsi esclusivamente con Washington, che viene considerata – forse non a torto – l’unica regolatrice delle future sorti dell’Europa.
“Voglio dire che non abbiamo, né intendiamo tenere discussioni sulle nostre iniziative in seno all’Osce. Questa è una struttura amorfa che non ha uno status giuridico internazionale” ha sottolineato Lukashevich, aggiungendo che “l’Osce sta cercando sempre di più di inserirsi nella matrice euro-atlantica, avendo in sostanza rivisto tutte le norme e i principi fondamentali della sua attività”.
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Una pace fragile
Un’Europa – intesa come Ue – esclusa dalle trattative, più per mancanza di coordinamento interno che per altro, che quindi passa in secondo piano rispetto alle modalità bilaterali: la Germania, infatti, ha fatto sapere che non scenderà a compromessi in merito ai principi di sovranità territoriale dell’Ucraina, che la Russia pagherà “un caro prezzo” se procederà a un attacco, e che ne discuterà durante la visita del suo nuovo ministro degli Esteri, Annalena Baerbock, a Mosca martedì.
Nella notte, alcuni C-17 della Royal Air Force (Raf) hanno fatto la spola con l’Ucraina per consegnare “sistemi d’arma leggeri, anti-carro, difensivi” evitando lo spazio aereo tedesco. Il nuovo governo tedesco aveva rifiutato di fornire armamenti dello stesso tipo all’Ucraina, e riteniamo che questa scelta sia stata presa per cercare di avere peso diplomatico con Mosca anche in funzione degli accordi sul Nord Stream 2. In un primo tempo si pensava che Berlino avesse negato il sorvolo del proprio territorio, anche in considerazione dei prossimi colloqui tra il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e la Baerbock, in effetti, però, sembra che la decisione sia stata presa deliberatamente dai pianificatori della Raf: gli aerei che trasportano specifici tipi di merci e/o armi richiedono un’autorizzazione particolare che il Regno Unito non ha fornito (per ragioni ancora ignote, sebbene il tempo potrebbe essere stato un fattore determinante in questo caso), da qui la rotta particolare.
Il coinvolgimento Nato
Questa fornitura di armi notturna ci permette di analizzare quella che è l’attuale situazione militare alla frontiera orientale dell’Alleanza, almeno per quanto ne sappiamo.
Partendo dal settore ucraino, nella giornata di ieri siamo venuti a conoscenza che un contingente di forze speciali del Canada è presente in Ucraina per “scoraggiare l’aggressione russa e per identificare modi per assistere il governo ucraino”. Il governo canadese e quello ucraino non confermano (né negano), ma se così fosse sarebbe la prima volta che viene resa nota la presenza di “consiglieri militari” Nato in Ucraina usati anche come deterrente contro un possibile attacco russo: una scelta, comunque, molto pericolosa per le possibile conseguenze in caso Mosca proceda all’invasione.
Era già noto, in ogni caso, che Washington, in caso di un conflitto, prevede di sostenere la resistenza ucraina fornendo aiuti in termini di materiali ma soprattutto intelligence, mentre a livello diplomatico le “durissime reazioni” sembrano rimodularsi: gli Stati Uniti e l’Unione Europea non stanno più considerando di isolare la Russia dal sistema interbancario internazionale Swift e si sta discutendo, invece, di sanzioni economiche mirate contro le maggiori banche russe. Secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Handelsblatt, citando fonti del governo, americani ed europei stanno studiando da diverse settimane come reagire in caso di un’operazione militare russa contro l’Ucraina ma scollegare la Russia da Swift sarebbe “troppo” e si potrebbero destabilizzare i mercati finanziari, oltre che, aggiungiamo noi, portare la Russia ulteriormente su posizioni intransigenti e pericolose per la stabilità e la pace mondiali.
Sempre più militari verso “il fronte”
Russia che, nel frattempo, non sta riducendo la sua presenza militare ai confini ucraini, anzi, da fonti open source di intelligence e da osservatori casuali ci arrivano immagini di colonne di mezzi dirette verso “il fronte”. Una lunga fila di pezzi di artiglieria trainata è stata notata arrivare nei dintorni di Belgorod lunedì, e nella stessa giornata un treno carico di carri T-72 e relativi mezzi di supporto è stato visto in transito a Voronezh.
As military units continue to arrive from far away in 🇷🇺, this artillery unit is on the move close to the 🇺🇦 border by Belgorod. pic.twitter.com/G3zTN1bjZJ
— Carl Bildt (@carlbildt) January 17, 2022
Воронеж pic.twitter.com/djupRFz1vk
— IgorGirkin (@GirkinGirkin) January 16, 2022
Parallelamente in Bielorussia sono giunti uomini e mezzi in forza al Distretto Occidentale destinati a una esercitazione congiunta che, secondo Minsk, dovrebbe tenersi nei primi giorni di febbraio, ma apprendiamo, sempre dalle stesse fonti, che almeno una colonna di sistemi Mlrs (Multiple Launch Rocket System) BM-27 Uragan ha fatto il suo ingresso nella città bielorussa di Gomel, che dista solo poche decine di chilometri dal confine con l’Ucraina e che sarebbe la zona di dispiegamento ideale per effettuare un attacco lungo la direttrice verso Kiev evitando la zona di esclusione di Pripyat, ancora fortemente contaminata dalle radiazioni del disastro di Cernobyl.
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Lo spostamento di mezzi russi in Bielorussia ci permette di dare anche un rapido sguardo al “fronte nord” (del Baltico) dove Mosca ha recentemente spostato assetti di diverso tipo portandoli più a ridosso dei confini coi Paesi Baltici e pertanto generando il conseguente spostamento dell’attenzione della ricognizione della Nato e della Svezia, attualmente preoccupata per una possibile invasione della strategica isola di Gotland.
Sempre nella giornata di ieri almeno tre navi da assalto anfibio classe Ropucha (identificate come la Minsk, la Kaliningrad e la Korolev) hanno lasciato i porti della Flotta del Baltico dirette verso gli stretti di Danimarca, attentamente sorvegliate dalla Reale Aeronautica Svedese e dall’Alleanza, che, in una mossa speculare, ha inviato la Hnlms Rotterdam (nave anfibia) nel Baltico.
Abbiamo già avuto modo di dire che tutti questi spostamenti di truppe, e la loro individuazione da parte di osservatori casuali, potrebbero facilmente essere parte della maskirovka russa, la “disinformazione/dissimulazione” di cui Mosca è maestra atta a sviare i veri obiettivi, ma ormai, dato il rapido susseguirsi di avvistamenti di questo tipo, tutto sembra far pensare alla preparazione di un’operazione militare. Tutto sembra predisposto, le tempistiche ci sono, manca solo il pretesto che potrebbe arrivare tramite un false flag di qualche tipo.
La tensione è ai massimi livelli, e all’interno della Nato la speranza di poter impedire un attacco russo all’Ucraina sta svanendo pertanto il quartier generale dell’Alleanza si sta preparando per gli scenari peggiori, che prevedono anche un possibile scontro sul “fronte nord”. Del resto i segnali, ormai, ci sono tutti, compresa la riduzione del personale diplomatico russo in Ucraina, sebbene il Cremlino abbia fatto sapere, martedì, che “l’ambasciata russa a Kiev funziona normalmente”. Un’affermazione tanto vaga quanto inquietante.