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Gli occhi del mondo si posano su Idlib, dove l’aviazione russa e l’esercito di Bashar al Assad si preparano all’ultima grande battaglia contro i ribelli. Ma attenzione a dimenticarci di un’altra parte di Siria, che non è più sotto la luce dei riflettori ma che rappresenta ancora uno dei tanti nodi da sciogliere: Al Tanf.

L’area al confine fra Siria e Iraq è da sempre la base operativa delle forze americane nella parte sudorientale della Siria. Divenuta centrale nel corso degli anni, soprattutto con l’esclusione delle forze della coalizione internazionale dall’ovest della Siria, l’avamposto degli Stati Uniti e dei suoi alleati rappresenta un tema centrale sul presente e sul futuro del conflitto. E adesso, proprio nell’imminenza dell’offensiva a Idlib, i venti di una possibile operazione militare soffiano anche sul deserto siriano.

L’avvertimento russo su Al Tanf

Come ha scritto la Cnn, alti ufficiali del Pentagono hanno detto che il comando russo ha avvertito le forze armate americane che, insieme ai siriani, stanno preparando un’offensiva nell’area di Al Tanf. Secondo i russi, l’area sarebbe controllata da ribelli protetti dagli Stati Uniti e rappresenta una sfida per il governo siriano. Una sfida che i russi vogliono vincere, ma che rischia di creare una tensione molto pericolosa con le forze Usa presenti nell’area e che potrebbero essere sfiorate dagli attacchi russi che, secondo le fonti della Cnn, potrebbero provenire dalle navi presenti nel Mediterraneo orientale o dagli aerei già presenti nelle basi della Siria occidentale. 

La risposta di Washington

La risposta di Washington finora è stata decisa, ma traspare inquietudine. “Gli Stati Uniti non cercano di combattere il governo della Siria o altri gruppi che potrebbero fornirgli supporto, ma se attaccati, gli Stati Uniti non esiteranno a usare la forza necessaria e proporzionata per difendere se stessi, la coalizione o i partner”, ha detto un funzionario della Difesa ha detto alla Cnn.

Ma a queste parole sono seguite delle esercitazioni molto interessanti avvenute proprio nei pressi di Al Tanf. Centcom, il comando Usa che si occupa del Medio Oriente, ha diramato un comunicato che parla di manovre “per affinare le capacità di combattere per operazioni antiterrorismo”.

Ma la questione sembra andare ben al di là delle operazioni contro i gruppi terroristi, visto che in questo momento è difficile che preparino un’offensiva contro le forze Usa nell’area e non sembrano esserci indicazioni di possibile operazioni da parte delle forze della coalizione contro i gruppi locali

“Le nostre forze dimostreranno la capacità di schierarsi rapidamente, assaltare un obiettivo con forze aeree e terrestri integrate e condurre una rapida esfiltrazione in qualsiasi punto dell’area operativa delle operazioni congiunte della coalizione”, ha detto il capitano Bill Urban, portavoce del Comando centrale degli Stati Uniti. “Esercizi come questo rafforzano le nostre capacità di sconfiggere l’Isis e assicurano che siamo pronti a rispondere a qualsiasi minaccia alle nostre forze“.

Qualsiasi minaccia

È proprio questo il punto delle esercitazioni. Perché la tempistica con cui sono stati resi operativi più di cento soldati delle forze speciali statunitensi per questo tipo di manovre è apparsa più una risposta agli avvertimenti russi che alla minaccia del terrorismo. 

Una risposta che però indica come le possibilità di un’escalation in quell’area non siano affatto minime, come invece è apparso per molto tempo L’area di Al Tanf è stata quasi dimenticata per larghi tratti della guerra. Gli Stati Uniti non sono mai stati minacciati realmente dall’offensiva dell’esercito siriano e gruppi ribelli non hanno mai operato in modo da rendere quella regione centrale nello scacchiere siriano. Ma adesso le cose stanno cambiando. Ed è proprio l’attenzione su Idlib ad aver modificato i parametri di riferimento dei russi.

La risposta russa alle pressioni per Idlib

La questione è difficile, per quanto estremamente chiara. I russi vogliono avere la libertà di colpire Idlib senza che le forze occidentali continuino a minacciare di colpire con un raid punitivo l’esercito siriano. Questo è l’auspicio del Cremlino. In caso contrario, Vladimir Putin potrebbe a quel punto spostare l’attenzione sulla base Usa della Siria orientale, lì al confine fra Iraq, Siria e Giordania. Anche lì ci sono gruppi ribelli rientranti nella galassia jihadista. Ed anche quelli sono obiettivi del governo di Damasco, che ha già richiesto a Washington di abbandonare il Paese.

Le pressioni su Mosca, sia su Idlib che sulla sua alleanza con l’Iran si fanno ogni giorno più intense. E a questo punto, i russi potrebbero iniziare a negoziare. È molto difficile, se non impossibile, che i russi attacchino direttamente le forze della coalizione internazionale. A nessuno interessa scatenare un conflitto diretto. Ma Putin potrebbe scegliere un diversivo colpendo direttamente gli interessi americani in Siria per togliere pressione sull’offensiva delle forze siriane a nord. Un complicato gioco di minacce ed escalation che però aiuta a comprendere come si muovono le forze in campo per il futuro della Siria.

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