Quando si è capito che il destino della Siria, nel gennaio 2012, non sarebbe stato quello di affrontare delle singole rivolte cittadine ma, al contrario, quello di scivolare verso una massacrante e distruttiva guerra civile, da più parti ci si è chiesti se il contesto poteva in qualche modo essere paragonato allo scenario libico e se, in particolare, era possibile ipotizzare un ruolo preponderante delle tribù nel conflitto e nei suoi esiti; la divisione più importante interna al paese, al contrario della Libia, non è infatti quella tribale bensì sono le differenze di natura etnica e religiosa ad assumere connotati decisivi per gli equilibri della società, pur tuttavia è possibile riscontrare alcune zone dove i legami di sangue vengono molto prima di quelli relativi all’appartenenza ad una singola comunità. In poche parole, anche in Siria le tribù hanno la loro importanza anche se non appaiono decisive come in Libia: ad oggi però, nelle operazioni di recupero dell’est del paese, i gruppi tribali si stanno rivelando ottimi alleati del governo centrale contro l’ISIS.

Le principali tribù del paese

La Siria, come comunemente noto, è divisa in due precise aree geografiche: vi è una fascia occidentale molto urbanizzata, che va da Aleppo a Dara’a e passa per Homs e la capitale Damasco oltre alle zone costiere di Latakia e Tartus; più ad est invece, emerge prorompente il deserto e tutta la vasta area rurale che arriva fino ai confini con l’Iraq. Una divisione netta e precisa, due aree diverse tanto nei paesaggi quanto nel clima che però cela, di fatto, una divisione che è anche culturale e sociale: l’ovest è generalmente più ricco, urbanizzato e quindi organizzato secondo modelli più moderni e meno legati agli aspetti di sangue; dall’altro lato invece, l’est è più rurale, con pochi centri importanti (Raqqa e Deir Ez Zour sono gli unici capoluoghi) costituito da distese di campagna e deserto poste al di sopra di strategici giacimenti di petrolio ed assumono quindi ruoli sociali di gran valore quelli costituiti dai rapporti tra consanguinei. 

E’ proprio qui che risiedono e vivono le più importanti tribù del paese, a partire dalla stessa provincia di Raqqa fino ai campi petroliferi di Deir Ez Zour, spingendosi poi verso la campagna orientale di Hama ed Homs; alcune tribù poi, quali quelle ad esempio dei Masalma e degli Hariri, vivono nel sud del paese ed in particolare a Dar’a, capoluogo più meridionale e principale città della provincia comunemente chiamata dai siriani Hawran. Non è un caso che è stato proprio questo territorio ad ospitare le prime manifestazioni che, nel marzo 2011, hanno di fatto dato il via alla ‘primavera araba’ in Siria sulla scia di quanto stava accadendo soprattutto in Tunisia, Egitto e Libia in quei drammatici mesi; la vicinanza con la Giordania ed i legami di sangue che uniscono alcune di queste tribù con i residenti del paese hashemita, hanno contribuito e non poco a fomentare gli animi nella provincia: si narra anche, pur se mai dimostrato, di un aneddoto inerente Atif Najib, cugino del presidente Assad e capo della Polizia di Dar’a ad inizio 2011, il quale avrebbe malamente risposto ad una delegazione tribale che, dopo quell’incontro, avrebbe deciso di schierarsi apertamente contro il governo.

Il ruolo delle tribù nella società prima della guerra

Se da un lato è vero che i legami tra clan e tribù sono importanti da sempre nel paese, è anche vero però che per i siriani è sempre stata prioritaria l’identificazione con l’appartenenza alla nazione rispetto a quella inerente alla propria appartenenza tribale; in Libia, come è stato poi drammaticamente constatato con la caduta di Gheddafi, i legami di sangue sono aspetto fondante e fondamentale dell’identità e della società del paese africano, in Siria la situazione appare da questo punto di vista leggermente ridimensionata od almeno così era prima dello scoppio del conflitto. Il governo del partito Baath è sempre stato orientato al superamento delle divisioni settarie ed all’incoraggiamento di un senso di comune appartenenza alla nazione siriana, fatto questo accentuato anche dal carattere laico dell’ordinamento statale; le tribù hanno quindi assunto un ruolo di secondo piano nella società, conservando però una certa influenza nelle amministrazioni soprattutto delle zone orientali e rurali, lì dove i legami di sangue non sono mai venuti a cessare del tutto.

Il conflitto ha ridato importanza ai legami tribali

Che il ruolo delle tribù, pur se secondario, non era del tutto superato lo si è intuito allo scoppio delle prime violenze nel paese: oltre che a Dar’a, è emblematico in tal senso anche quanto accaduto nel marzo 2012 a Bab Amr, sobborgo di Homs formato soprattutto da membri delle tribù orientali emigrati nella parte occidentale del paese tra gli anni 80 e 2000; un senso di rivalsa anti governativa ha animato il quartiere ed in nome di un comune legame di sangue tra le famiglie lì residenti, appartenenti alle tribù Mawali e Bani Hassan, sono stati diversi gli episodi di rivolta contro le autorità governative del territorio, contribuendo poi anche in parte alla conquista di Homs ad opera dei cosiddetti ‘ribelli’ prima del ritorno dell’esercito regolare avvenuto nell’aprile del 2014. Anche a Damasco i quartieri abitati da tribù stanziatesi in città ed arrivate dalle zone orientali hanno dato vita, ad inizio conflitto, ad insurrezioni poi dopo aggirate dal mancato sostegno popolare del resto della capitale.

Ma in generale, una volta scatenatosi su vasta scala il conflitto, è stato quasi fisiologico per le varie parti in causa ripristinare i vecchi legami tribali ed etnici, al fine di trovar ‘rifugio’ tra chi condivide lo stesso nome o la stessa religione; l’esplosione della violenza settaria, il timore per etnie e tribù minoritarie di essere attaccate e, al tempo stesso, la speranza per quelle da tempo messe ai margini di poter prendersi numerose rivincite, hanno piegato la società siriana fino ad una frammentazione in gruppi che ha ridato maggiore importanza ai singoli legami tra i vari gruppi. Assad ha trovato molta protezione tra gli alawiti, così come a sostegno dell’attuale presidente vi è anche la comunità drusa e gli altri gruppi che da anni controllano le roccaforti governative; dall’altro lato, la ‘causa’ sunnita ha fatto coalizzare diverse tribù orientali ed alcune fazioni che hanno sposato la jihad anche se l’avvento poi dell’ISIS con i suoi combattenti stranieri ha creato non poche defezioni tra i vari clan residenti nel deserto.

L’unica istituzione rimasta a rappresentare l’unità nazionale è forse quella militare, con l’esercito composto in gran parte da sunniti a difesa di un governo sciita; tra chi indossa la divisa, non sono apparsi in questi anni episodi di violenza interna in nome di una diversità nel credo religioso o nell’appartenenza etnica, privilegiando invece la comune lotta a difesa degli interessi di Damasco e contro il terrorismo. Inoltre, le milizie siriane che hanno negli anni appoggiato l’esercito hanno più avuto una connotazione politica che etnica, rinforzando quindi l’idea che le forze armate e di sicurezza sia regolari che volontarie rappresentino più la comunità nazionale nelle sue varie sfaccettature che quella delle singole tribù.

Le tribù di Raqqa tra SDF ed esercito siriano

La lenta ma costante caduta dell’ISIS nell’est della Siria, non poteva non vedere il coinvolgimento delle tribù arabe stanziate nel deserto orientale: alcune di esse hanno accettato un ruolo di mera mediazione, specie all’interno dell’SDF dove la convivenza tra curdi ed arabi non sempre è apparsa idilliaca e dove proprio gli interventi delle tribù hanno spesso evitato contrasti fratricidi; altre invece, sono diventate negli anni organiche all’esercito dell’SDF collaborando militarmente con i curdi nell’avanzata verso Raqqa; ma la novità più importante, arriva dalle tribù Raqqawi ed Al Baggara, le quali hanno deciso ad inizio estate di appoggiare apertamente il governo siriano. Nawaf al-Bashir, a capo dei Baggara, nel 2012 da parlamentare siriano aveva aderito all’opposizione per poi scomparire dalla circolazione; lo scorso 11 febbraio invece, è stato lui stesso ad annunciare le proprie scuse al popolo siriano a l’alleanza della sua tribù con Assad.

Queste tribù poste tra Deir Ez Zour ed il sud di Raqqa stanno adesso avendo un ruolo importante nella riconquista del territorio ai danni dell’ISIS: dopo la presa di Rusafa, l’esercito assieme alle milizie tribali ha preso numerosi villaggi e solo nell’ultima settimana è riuscito ad espandere il proprio controllo a macchia d’olio fino a portarsi ad appena 60 km da Deir Ez Zour; le tribù, tanto dalla parte siriana quanto curda, avranno ruolo decisivo nella cacciata dell’ISIS e questo forse sarà destinato, in futuro, a segnare la società siriana che, dall’inizio del conflitto, si è riscoperta nuovamente ancorata alle tradizioni ed ai legami tribali.