Un bombardamento ha interessato nelle scorse ore l’aeroporto internazionale di Aleppo, la seconda città della Siria. A darne comunicazione è stato lo stesso ministero della Difesa siriano, il quale ha attribuito la responsabilità del raid all’aviazione israeliana. “Intorno alle 4:30 – si legge in una nota pubblicata sull’agenzia Sana – il nemico israeliano ha effettuato un attacco aereo dal Mediterraneo, a ovest di Latakia, contro l’aeroporto internazionale di Aleppo, causando danni materiali sull’asfalto e mettendo l’aeroporto fuori servizio”.

Non è la prima volta che lo scalo viene preso di mira. A marzo altri raid attribuiti all’aviazione israeliana avevano già procurato gravi danni. Il governo dello Stato ebraico, dal canto suo, è da anni impegnato in operazioni volte a prendere di mira obiettivi iraniani presenti in territorio siriano. Se fino allo scorso anno i raid si concentravano nel sud della Siria e nell’area di Damasco, da alcuni mesi a questa parte i bombardamenti riguardano anche Aleppo.

Il raid su Aleppo

L’aeroporto “aleppino” ha un’importanza tanto a livello logistico quanto simbolico. Lo scalo è infatti fondamentale per la fragile economia siriana, alle prese con un conflitto mai terminato e con le sanzioni occidentali. Da qui passano i principali commerci del Paese, considerando la funzione di Aleppo come “capitale economica” della Siria. Ma l’aeroporto è anche un simbolo della resistenza dell’esercito di Damasco contro i gruppi islamisti e dell’opposizione che per quattro anni, dal 2012 al 2016, hanno conteso la città ai lealisti. La struttura infatti è sempre rimasta in mano all’esercito, il quale ha così potuto ricevere costantemente rifornimenti anche durante le fasi più critiche della battaglia terminata nel dicembre 2016.

Per il governo del presidente Bashar Al Assad quindi, subire dei raid all’interno dello scalo rappresenta un duro colpo su vari fronti. Secondo le ultime informazioni, almeno due ordigni sono caduti sulle piste e questo ha mandato in tilt il sistema aeroportuale di Aleppo. La struttura è stata chiusa e dunque gli aerei non possono né decollare e né atterrare. Da Damasco fonti militari hanno specificato che si sta lavorando per garantire una riapertura al più presto. Minimizzare i disagi economici e logistici è il principale obiettivo delle autorità locali, con lo spettro però di ulteriori raid nei prossimi giorni.

Le preoccupazioni israeliane

Israele nelle sue operazioni in Siria non sembra prendere particolarmente di mira obiettivi di Damasco. Il vero target riguarda l’Iran. Teheran ha infatti aiutato il presidente Assad negli anni più duri della guerra civile, inviando soldati, miliziani, soldi e armi a favore dell’esercito. All’interno del territorio siriano sono quindi sorti dei presidi militari iraniani che preoccupano e non poco lo Stato ebraico. Da qui i frequenti raid attuati in Siria. Soprattutto nelle province meridionali, quelle confinanti con Israele, e nelle basi militari attorno Damasco.

Sia l’attuale premier Netanyahu che il predecessore Naftali Bennett, hanno sempre considerato la presenza di presidi iraniani a pochi passi dal confine come una minaccia per la propria sicurezza. Israele ha così ottenuto un tacito via libera dalla Russia per attuare le proprie operazioni in Siria. Occorre infatti ricordare che lo spazio aereo siriano è presidiato in gran parte da Mosca, principale alleata di Assad. Per poter attuare bombardamenti sulle basi siriane, occorre avere un informale consenso da parte del Cremlino. Da quando la Russia è attiva nel Paese arabo, in molti ipotizzano un accordo tra la diplomazia di Mosca e quella israeliana volta a evitare particolari ingerenze dello Stato ebraico contro Assad, in cambio del via libera ai raid contro obiettivi iraniani.

Tuttavia l’intensificazione delle operazioni israeliane potrebbe suscitare imbarazzo tanto a Damasco quanto soprattutto a Mosca. Le irruzioni nel nord della Siria inoltre, rende molto vulnerabile il territorio nazionale agli occhi dell’opinione pubblica. Circostanza quest’ultima che rischia di mettere in difficoltà lo stesso Assad.

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