In Libia qualcosa, come già detto nei giorni scorsi, si sta muovendo: gli incontri che gli americani hanno tenuto a Bengasi e Tripoli, gli scontri nella capitale e nel Fezzan, non per ultimo il mandato di cattura spiccato dal ministro dell’interno, Fathi Bishaga, contro il presunto terrorista Al Shagabi. Ed è proprio quest’ultima notizia ad aver destato maggiore clamore mediatico che, nelle ultime ore, potrebbe avere anche non pochi risvolti politici.

La replica di Al Shagabi

Secondo il ministero dell’interno di Tripoli, Al Shagabi sarebbe l’anello di congiunzione tra Ansar Al Sharia, gruppo jihadista espulso dalla Cirenaica con l’operazione Dignità di Haftar ed i cui elementi si troverebbero adesso in Tripolitania, e l’Isis. Una sorta di tramite tra queste due organizzazioni fondamentaliste, che avrebbe fatto di Al Shagabi uno dei più pericolosi jihadisti del paese nordafricano. Ma il diretto interessato non ha accettato questa ricostruzione ed ha affidato ai social le sue repliche. In un video, come scritto da LibyanExpress, Al Shagabi ha mostrato alcuni documenti volti non solo a discolparsi ma anche, se non soprattutto, a togliersi molti sassolini dalle scarpe.

Infatti, il presunto terrorista ha mostrato un passaporto diplomatico rilasciato dal ministero degli esteri libico, in cui risulta consulente della Lia (il fondo di investimenti libico), così come anche altri documenti che proverebbero l’acquisto di armi da parte del governo di Al Sarraj dalla Turchia. Se dal canto suo la Lia si è affrettata a smentire la validità del passaporto mostrato da Al Shagabi, i documenti che coinvolgono, seppur in maniera indiretta, Ankara sono in questo momento analizzati anche all’estero. In particolare, come specifica SpecialeLibia.it, il presunto terrorista avrebbe messo in bella mostra nel video pagamenti effettuati dal ministero dell’interno libico alla Sstek, compagnia di armi che rifornisce l’esercito turco. Tali pagamenti risalirebbero ad un periodo che va dal 13 maggio 2019 al 3 novembre scorso ed ammonterebbero a complessivi 570.442.825,20 Euro. Per Al Shagabi, la prova che sarebbe stato infranto l’embargo sulle armi in Libia decretato dalle Nazioni Unite.

Sempre più nuove armi straniere in Libia, Turchia protagonista

Quanto svelato da Al Shagabi, al netto della sua veridicità, è comunque un segreto di Pulcinella. Già nei mesi scorsi, specialmente dopo l’attacco di Haftar su Tripoli, è stato ben dimostrato l’arrivo di materiale turco in Libia. Erdogan è uno dei principali alleati regionali, assieme al Qatar, di Fayez Al Sarraj. Anzi, proprio nelle ore in cui iniziava a girare il video di Al Shagabi con i documenti sopra citati, lo stesso premier libico si trovava ad Ankara dove ha firmato un accordo militare con il presidente turco. Tuttavia, l’esposizione sui social di prove relative a pagamenti effettuati dal ministero dell’interno non può che creare sempre un certo imbarazzo.

Si tratta del resto della dimostrazione sempre più evidente di come il conflitto in Libia sia una guerra per procura tra due diversi schieramenti regionali: da un lato Turchia e Qatar per l’appunto, sostenitrici dei Fratelli Musulmani e del governo di Al Sarraj, dall’altro il blocco saudita – emiratino, a cui si aggiunge l’Egitto di Al Sisi, che appoggia il generale Haftar. Non solo le armi dalla Turchia, ma anche i recenti incidenti con i droni e l’arrivo di contractors russi in appoggio ad Haftar, hanno dato ulteriore prova di come la Libia si stia trasformando sempre più in gigantesco deposito di armi straniere.





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