Più passano le settimane e più diventa complicato trovare una soluzione per risolvere la crisi in atto a Hong Kong, in parte perché è difficile trovare una soluzione che accontenti tutte le parti coinvolte, ovvero manifestanti e Cina, e in parte perché nessuno dei due fronti intende cedere spazio all’altro. Fin qui, Pechino si è limitato a spendere parole pesantissime per gli episodi di violenza ad opera degli attivisti, e ha pure inviato un po’ di forze armate a Shenzen, città a pochi passi dall’ex colonia britannica per lanciare un segnale forte e netto: siamo pronti ad agire in ogni momento. Nonostante il contenuto indiretto del messaggio, la Cina sa bene di non poter utilizzare il pugno duro, pena gravi danni economici e la perdita della faccia di fronte alle potenze occidentali. Che fare, dunque, per uscire dall’impasse?

Le proteste sono cambiate

Intanto è bene analizzare le modalità delle proteste. Se nelle scorse settimane i manifestanti avevano utilizzato violenza e tattiche da guerriglia urbana, nell’ultimo week end 1,7 milioni di persone hanno sfilato lungo le arterie principali di Hong Kong per chiedere libertà e democrazia, ma più in generale per chiedere a gran voce la fine delle intrusioni della Cina negli affari interni della città. La polizia non è dovuta intervenire e non si sono registrati scontri di alcun tipo. Tra la lotta violenta dei manifestanti e la brutale repressione delle forze dell’ordine, è spuntata improvvisamente una terza via. Un ibrido che potrebbe, al tempo stesso, accontentare tutti e risolvere la questione alla radice.

La soluzione Qiao Shi

In un articolo apparso su Asia Times il sinologo Francesco Sisci propone la cosiddetta soluzione Qiao Shi, una possibile soluzione pacifica e funzionale a una contesa che rischia davvero di paralizzare per sempre il centro finanziario ed economico di Hong Kong. Per capire cosa prevede questa soluzione bisogna fare un passo indietro e tornare ai fatti di piazza Tienanmen del 1989. All’epoca Qiao Shi era uno dei più importanti politici del Partito comunista cinese, e si collocava a metà strada tra chi proponeva l’intervento dell’esercito per togliere di mezzo i cittadini scesi in piazza, come il premier Li Peng, e chi, come il segretario del partito Zhao Siyang, voleva invece ascoltare le loro richieste.

Qiao Shi proponeva una soluzione intermedia: far sfogare la protesta per poi sgomberare la piazza e accogliere unilateralmente alcune richieste dei manifestanti. In effetti, il 3 giugno del 1989, quando i militari stavano per marciare su Tienanmen, la piazza era già quasi abbandonata dagli studenti, stremati per il caldo e per la carenza dei servizi più basilari. Non serviva, dunque, usare il pugno duro; sarebbe bastato aspettare ancora un po’ di tempo per sgomberare la piazza senza usare i carri armati, per poi, in un secondo momento, accettare qualche richiesta del popolo. Come sappiamo, i fatti andarono diversamente.

Cosa dovrebbe fare Pechino per silenziare la crisi

Adesso, se la Cina non vuole commettere gli stessi errori di Tienanmen il governo cinese deve iniziare a pensare alla soluzione Qiao Shi. Proviamo ad applicare ipoteticamente la soluzione a quanto sta accadendo a Hong Kong. La polizia dovrebbe evitare di scontrarsi in modo cruento con i manifestanti, così da alimentare ulteriori tensioni; in effetti, gradualmente, la calma è tornata ad accompagnare le manifestazioni di protesta. Paradossalmente, per le forze dell’ordine sarebbe molto più facile controllare e sgomberare una piazza pacifica di 1,7 milioni di cittadini che non dover fronteggiare pochi migliaia di hongkonghesi pronti a devastare la città con ogni mezzo. L’unico problema è rappresentato dalle richieste della piazza. I manifestanti non possono mettere sul tavolo alcuni punti che la controparte, quindi la Cina, può solo prendere o lasciare, perché Pechino non abbasserà mai la testa. Il Dragone potrebbe chiedere un incontro con alcune delegazioni di cittadini, così da instaurare con loro un processo dialettico per raggiungere la pace e sgonfiare il peso delle frange più violente. A quel punto la Cina potrebbe scendere a patti con il popolo di Hong Kong senza dover usare i carri armati.

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