La provincia di Idlib attualmente è l’unica parzialmente fuori dal controllo del governo siriano. Situata nel nord ovest del paese e confinante con la Turchia, questo territorio è in mano a diverse sigle islamiste le quali si richiamano all’ideologia jihadista e salafita. A partire dallo scorso mese di gennaio, l’esercito siriano è tornato ad avanzare in questa provincia, recuperando almeno il 40% del territorio ed alcune città importanti quali, tra tutte, Maraat Al Numan e Saraqib. Le operazioni delle truppe di Damasco, hanno però suscitato la reazione della Turchia, preoccupata di un nuovo esodo di profughi verso i propri confini ed alleata di molte fazioni islamiste presenti ad Idlib. Questo ha causato, tra le altre cose, un’importante escalation tra Ankara e Damasco che ha preoccupato il governo russo, alleato del presidente siriano Bashar Al Assad. Da alcuni giorni è in vigore nella provincia un cessate il fuoco concordato dalla Russia e dalla Turchia: ma qual è adesso la situazione? E, soprattutto, quali sono i gruppi islamisti più pericoloso ancora in campo in questa zona?
La presenza islamista ad Idlib
Come detto in precedenza, la provincia di Idlib si trova nella parte nord occidentale della Siria e confina con la Turchia. Questo ha favorito, a partire già dai primi mesi della guerra civile scoppiata nel 2011, l’afflusso di centinaia di miliziani dall’estero. Ankara infatti, in funzione anti Assad, ha permesso il transito e lo spostamento in Siria di combattenti islamisti che, una volta varcato il confine, si sono unite alle sigle armate che avevano iniziato i combattimenti contro i governativi. Ben presto l’opposizione siriana si è in realtà trasformata in un insieme di gruppi estremisti, i quali hanno preso il sopravvento in quei territori in cui l’esercito di Damasco era stato già sconfitto. Buona parte della provincia di Idlib è caduta in mano agli islamisti già nel 2012, mentre il capoluogo è stato espugnato nel marzo del 2015.
Attualmente, i miliziani controllano una fascia che va dal confine turco fino alla città di Idlib, oltre a porzioni di territorio attraversati dall’autostrada M4, quella cioè che collega la regione costiera di Latakia con Aleppo. Complessivamente è possibile distinguere due raggruppamenti all’interno della galassia islamista di Idlib: da un lato quello che fa riferimento al Tahrir Al Sham, ossia l’ex Fronte Al Nusra e dunque la filiale siriana di Al Qaeda. Dall’altro lato invece, sono presenti i gruppi direttamente appoggiati e finanziati dalla Turchia.
Il ruolo del fronte Al Nusra
Il Fronte Al Nusra è un movimento fondamentalista fondato nel 2012 da membri siriani dell’organizzazione fondamentalista Al Qaeda. Il suo fondatore è Abu Muhammad al Jawlani, nativo della provincia di Deir Ezzor ma formatosi nei gruppi terroristici attivi nell’Iraq post Saddam Hussein. Con lo scoppio delle prime proteste in Siria nel 2011 e, soprattutto, con l’inizio delle avanzate dell’Esercito siriano libero, il leader dell’Isil Abu Bakr Al Baghdadi ha scelto proprio Al Jawlani per costituire una branca di Al Qaeda in Siria e combattere con gli oppositori. Nel gennaio del 2012, lo stesso Al Jawlani è stato nominato “emiro”. La prima operazione rivendicata da Al Nusra, ha riguardato un attentato contro un posto di polizia proprio nella provincia di Idlib. Al gruppo sono state in seguito attribuite altre azioni, come ad esempio un’esecuzione di massa nella provincia di Deir Ezzor ed il rapimento e l’uccisione di alcuni giornalisti a Damasco.
Nell’aprile del 2013, Al Baghdadi ha annunciato la fusione dell’Isil con Al Nusra e la conseguente fondazione dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). Ma lo stesso Al Jawlani si è opposto a questo progetto, innescando una lotta interna ai miliziani islamisti. La guerra tra i due gruppi ha visto l’Isis prevalere e dilagare in buona parte del territorio nazionale siriano, mentre Al Nusra è rimasta confinata all’interno della provincia di Idlib. Qui ha iniziato a condividere il possesso del territorio con altre sigle islamiste, molte delle quali appoggiate dalla Turchia. Proprio assieme a questi gruppi, nel marzo del 2015 Al Nusra ha conquistato Idlib sconfiggendo l’esercito siriano. Il gruppo cambierà poi nome più volte: nell’ottobre del 2016 si farà chiamare Fateh Al Sham, l’anno seguente prenderà l’attuale denominazione di Tahrir Al Sham. Tuttavia, il cambio del nome non ha scalfito l’appartenenza del gruppo alle ideologie jihadiste, né tanto meno ha ridimensionato il rapporto con Al Qaeda.
Tra il 2017 ed il 2018, Tahrir Al Sham è entrata in lotta con la galassia di milizie islamiste sostenute dalla Turchia per spartirsi il territorio della provincia di Idlib. A seguito di quelle battaglie, l’ex Fronte Al Nusra ha conquistato buona parte di tale provincia, da allora ha iniziato a controllare molte città della zona, compresi numerosi quartieri della stessa Idlib.
Le sigle jihadiste filo turche
Come detto in precedenza, la presenza islamista in questa provincia del nord della Siria non è limitata soltanto a quella del gruppo affiliato ad Al Qaeda. Già dal 2011 sono attive diverse sigle che il governo turco ha finanziato ed addestrato, oltre che armato. Si tratta di formazioni considerate più “moderate” rispetto ad Al Qaeda ed all’Isis, ma non meno pericolose. Tra queste, molte predicano una visione radicale dell’Islam, hanno imposto la Sharia nei territori controllati ed hanno perseguitato le minoranze sia religiose, cristiani in primis, che etniche. Uno dei primi gruppi ad affiliarsi all’opposizione siriana ed a contribuire a radicalizzare le forze anti Assad, è stato quello denominato Ahrar Al Sham. A sua volta all’interno di questa sigla sono inclusi diversi gruppi islamisti armati da Ankara all’inizio della guerra siriana. Si tratta dunque di una coalizione militare, che con il tempo ha usufruito dell’appoggio turco per controllare diverse porzioni di territorio. La sua ideologia viene definita islamista nazionalista.
Ad Idlib è presente anche la sigla Nour al-Din al-Zinki, anch’essa contenente al suo interno un insieme di fazioni islamiste protagoniste del conflitto già dai primi combattimenti. Dal 2016 in poi le fazioni turche hanno visto l’accrescere del numero dei combattenti tra le proprie fila per via dei trasferimenti, mediati da Russia e Turchia, di diversi miliziani dalle aree cedute all’esercito siriano al culmine dei combattimenti con i quali Damasco ha riconquistato molte parti del suo territorio. La provincia di Idlib è infatti spesso stata scelta come meta in cui trasferire i combattenti islamisti arresisi nel resto della Siria. Questo ha acuito molte tensioni sia con Tahrir Al Sham che all’interno dei gruppi filo turchi, comportando i sopra citati combattimenti che hanno interessato la provincia. Tra i gruppi giunti ad Idlib dopo gli accordi mediati da Mosca ed Ankara, è da segnalare tra gli altri quello conosciuto con la sigla Jaysh al-Islam, operativo nella regione della Ghouta e protagonista di numerosi crimini contro le minoranze alawite e cristiane.
Il Fronte Siriano di Liberazione
All’inizio del 2018, la Turchia ha iniziato un’opera di mediazione tra i vari gruppi islamisti per dare vita ad una nuova formazione militare in grado di riunire tutte le sigle presenti ad Idlib. Un tentativo che ha riguardato anche i miliziani di Tahrir Al Sham, ma a cui alla fine hanno partecipato i gruppi tradizionalmente più vicini ad Ankara. Il 28 maggio 2018, tra tutte le milizie interne ad Ahrir Al Sham, ad Al Zinki e ad altri vari gruppi sparsi per la provincia di Idlib, si è arrivati ad un accordo che ha sancito la nascita del cosiddetto “Fronte Siriano di Liberazione“. La firma del patto è avvenuta con la supervisione dei generali turchi. La bandiera adottata è stata quella della Siria durante l’era coloniale francese, la stessa dunque che nel 2011 era del cosiddetto Free Syrian Army, poi disciolto in quanto soppiantato dai gruppi terroristici.
Il Fronte Siriano di Liberazione è aiutato militarmente ed economicamente dalla Turchia, la quale dal settembre del 2018, in virtù del memorandum con la Russia firmato a Sochi, è presente all’interno della provincia di Idlib con il proprio esercito in alcuni check point. Il nuovo gruppo paramilitare è stato protagonista degli scontri avvenuti con l’esercito siriano tra i mesi di gennaio e marzo del 2020, nell’ambito delle operazioni volute dalle forze di Damasco per riprendere la provincia di Idlib. In base all’accordo sul cessate il fuoco mediato dalla Russia e dalla Turchia nel marzo del 2020, il Fronte Siriano di Liberazione ha mantenuto il controllo soltanto su Idlib e nelle aree interne della provincia, mentre ha definitivamente perso Maraat Al Numan, Saraqib e l’autostrada M5.