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Gli F-35I israeliani sono stati i primi, esclusi quelli in forza nelle Forze Armate Usa, a raggiungere la capacità operativa iniziale (in inglese Ioc). L’8 dicembre del 2017 i nove caccia di quinta generazione che allora erano in forza alla Iaf (Israeli Air Force), presso la base di Nevatim, raggiunsero questo importante traguardo nella storia operativa di ogni velivolo.

Oggi gli Adir con la stella di Davide rappresentano una realtà per l’Aeronautica Israeliana e Tel Aviv prevede di acquistarne 50 con un’opzione per altri 25. Israele è stato anche il primo Paese a impiegarli in azione: il 20 marzo del 2018 una coppia di F-35I sorvola i cieli della Siria durante un attacco col compito di aereo Awacs, dotati di lenti di Luneburg per amplificare il proprio segnale radar e non permettere alle difese siriane, ai radar turchi ma soprattutto a quelli russi presenti in Siria, di avere informazioni sulle reali capacità stealth del velivolo. Si vocifera anche che che F-35I, in configurazione totalmente invisibile, siano riusciti a volare nei cieli di Teheran, Karajrak, Isfahan, Shiraz e del porto militare iraniano di Bandar Abbas senza essere scoperti: evento che avrebbe portato al siluramento del comandante della Iriaf (l’aeronautica militare iraniana) generale Farzad Ismaili il 29 maggio del 2019.

Nonostante il velivolo sia un vero e proprio possibile game changer del campo di battaglia aereo, e avendo dimostrato le proprie capacità in più di una occasione, a Tel Aviv c’è chi mette in dubbio l’utilità di avere un tale sistema in forza nella propria aeronautica soprattutto alla luce dei recenti e storici accordi di normalizzazione dei rapporti con gli Emirati Arabi Uniti, che verranno seguiti da altre “monarchie” del Golfo e probabilmente spianeranno la strada a quello più importante con l’Arabia Saudita.

Sembra infatti che Abu Dhabi abbia dimostrato vivo interesse per il caccia della Lockheed-Martin, e in Israele c’è qualche analista che pensa che la vendita degli F-35 all’emirato potrebbe mettere in discussione la supremazia aerea israeliana nel Medio Oriente.

Chi critica tale atteggiamento, poi, ricorda che Tel Aviv non ha mai ufficialmente sporto rimostranze quando la Turchia faceva parte del programma Jsf, sottolineando come Ankara sia fondamentalmente un avversario regionale per Israele per le sue posizioni di vicinanza con la Russia e per la retorica imperialista di Recep Tayyip Erdogan che cerca di ergersi a nuovo Sultano del mondo musulmano, in particolare prendendosi carico della questione palestinese.

Sarebbe stato quindi più logico criticare la presenza della Turchia nel consorzio F-35 piuttosto che sollevare perplessità ora verso gli Eau, sebbene, come sappiamo, la situazione che ha portato Ankara fuori dal programma ha avuto una lunga evoluzione e ricordando che, nonostante tutto, è un Paese che fa parte ancora della Nato, quindi, almeno sulla carta, alleato degli Stati Uniti, che storicamente sono sempre stati i maggiori sostenitori – e finanziatori – di Israele e del suo strumento di difesa.

La critica principale mossa verso questo rivoluzionario velivolo è di carattere che si potrebbe definire concettuale ed empirica al tempo stesso: il problema, secondo quanto riportato su Haaretz, è che nessuno sa quantificare quale sia il vantaggio militare apportato da questo velivolo o specificare criteri verificati e misurati per definirlo. Infatti, si sostiene, la sicurezza nazionale non è determinata esclusivamente da quanti aerei, carri armati e sottomarini ha un Paese, ma da un insieme di fattori come il livello del servizio sanitario, l’economia, la stabilità del governo.

In realtà l’F-35 ha già dimostrato, secondo molti strateghi e vertici militari, di avere tutti i requisiti per essere considerato una macchina rivoluzionaria. E sebbene non abbia realmente ancora dimostrato le sue doti in combattimento (ancora non è stato impiegato in scenari simmetrici) è sicuramente un condensato di tecnologie che rivoluziona il modo stesso di pensare e progettare una missione aerea. Il velivolo è a tutti gli effetti una piattaforma capace di raccogliere, gestire, elaborare e condividere in tempo reale una quantità di dati enorme sollevando di molto il carico di lavoro non solo del pilota ma di tutto il personale impegnato sul campo di battaglia: dall’intelligence alle unità di fanteria, passando per quelle navali.

Sempre su Haaretz si afferma che gli F-35 che Israele ha acquistato non possono proteggerlo da una crisi economica, anzi, possono contribuirvi essendo macchine “dispendiose”. Abbiamo già appurato, però, che ora il prezzo di un singolo caccia è paragonabile a quello delle ultime produzioni delle generazione precedente, e in alcuni casi anche inferiore.

Viene anche detto che la presenza degli aerei più sofisticati del mondo negli hangar dell’aeronautica militare non può proteggere Israele da un governo corrotto, dalla putrefazione nella pubblica amministrazione o da una guerra civile. Sterili esercizi di retorica pacifista. Lo strumento Difesa deve essere all’avanguardia a prescindere da certe considerazioni in quanto funge da deterrente in un mondo che sembra sempre più virare verso un’instabilità diffusa, questione ancora più pregnante proprio per Israele.

Sul quotidiano israeliano ci si chiede anche contro chi dovrebbero essere usati questi aerei considerando che non potrebbero abbattere i mazzi di palloni incendiari lanciati dalla Striscia di Gaza e si fa riferimento anche alla possibilità di utilizzare missili e droni per combattere la penetrazione iraniana in Siria, diminuendo notevolmente così il rischio di possibili perdite di mezzi e uomini. Soprattutto ci si chiede, considerato l’assunto che l’F-35 è l’unico velivolo a dare ad Israele la capacità di attaccare l’Iran, quale sia stato il criterio che ha portato, un decennio fa, a dire che la Iaf aveva la capacità di colpire il Paese degli Ayatollah coi mezzi di cui disponeva.

Domande che lasciano un po’ il tempo che trovano, appunto perché in 10 anni lo scenario è radicalmente cambiato e proprio a Teheran sono arrivati nuovi sistemi di difesa aerea (made in Russia) che sono in grado di abbattere i caccia di vecchia generazione in forza alla Iaf come gli F-16 e gli F-15: del resto non è un caso che il volo “invisibile” sulle città iraniane sia stato effettuato da un F-35.

Insomma sembra che da quelle parti si sia accesa una critica, piuttosto sterile, che ricorda molto quella nostrana, che considera i caccia di quinta generazione come dei “costosi e inutili giocattoli”. Una critica però senza fondamento e del tutto miope, anche al netto delle difficoltà tecniche riscontratesi durante lo sviluppo dell’aeromobile.

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