Secondo gli esperti militari, la nuova tecnologia missilistica che la Cina intende acquisire dalla Russia contribuirà a ridurre il rischio di un conflitto tra potenze nucleari. Per questo motivo il presidente russo Vladimir Putin ha rivelato che intende impegnarsi a collaborare con Pechino per consentirle lo sviluppo del proprio sistema di “allarme rapido” – in modo da contribuire attivamente alla stabilità strategica e alla sicurezza globale. La decisione potrebbe però non essere priva di conseguenze per gli assetti mondiali: essa infatti consentirebbe a Pechino di “combattere” ad armi pari con la Russia, ma sopratutto con Stati Uniti.

Come riportato dall’agenzia d’informazione russa Tass , il presidente russo ha recentemente dichiarato che la Russia intende supportare con le proprie tecnologie la potenza cinese, consentendole lo sviluppo di nuovo sistema di “allarme rapido” per individuare le minacce missilistiche intercontinentali. Questa concessione aumenterebbe drasticamente le capacità di difesa missilistica cinese; portando la Cina al livello degli Stati Uniti e della Federazione Russa: che già possiedono questi sistemi di allerta e potrebbero reagire ad un attacco missilistico intercontinentale in tempi estremamente ridotti.

Secondo i russi il sistema in questione – dalle capacità analoghe a quelle garantite del Ballistic Missile Early Warning System controllato dal Norad statunitense – contribuirà a limitare il rischio di un’escalation nucleare. Per gli esperti militari del Cremlino infatti, “maggiori sono le informazioni” in possesso di una potenza dotata di un arsenale nucleare strategico, “minori sono le probabilità dell’insorgenza di un conflitto militare a causa di dati insufficienti sui lanci di missili”; e il sistema di allarme rapido di attacco missilistico che la potenza cinese intende sviluppare con l’ausilio della Russia fornirà essenzialmente una “migliore consapevolezza situazionale”, “riducendo”, almeno in linea di principio, “la possibilità di incidenti non intenzionali” che potrebbero condurre ad un’escalation missilistica.

Questa opinione è stata ampiamente condivisa dal direttore della rivista di difesa nazionale russa Igor Korotchenko, che da esperto in materia ha spiegato come “l’esistenza di un sistema di allarme rapido missilistico in Cina basato su tecnologie e soluzioni russe” – se tenuto conto della forza nucleare strategica della Cina – “migliora la trasparenza e riduce i rischi di azioni e errori da parte della leadership militare e politica cinese”. L’esperto russo ha portato l’esempio di un ipotetico conflitto tra Usa e Cina, asserendo che il sistema di allarme nazionale cinese tarato contro gli attacchi missilistici intercontinentali non porrebbe gli Stati Uniti nella posizione di poter di effettuare un attacco preventivo disarmante e risolutivo contro la Cina, senza innescare una reazione immediata e di parti portata. Rimettendo tutto quanto in mano alla vecchia strategia della “deterrenza” instaurata dalla Guerra Fredda.

Per ottenere questo tipo di garanzia strategica Pechino ha deciso di rivolgersi alla Russia, dopo aver guardato per diverso tempo al sistema di allarme rapido missilistico impiegato da Mosca, e agli algoritmi che permettono il suo funzionamento e la sua efficacia. Le tecnologie che la Russia fornirebbe alla Cina sarebbero tutte strettamente legate all’impiego dei cosiddetti radar “over-the-horizon”: radar in grado di rilevare il lancio di missili balistici intercontinentali terrestri e marittimi. I componenti radar in questione potrebbero essere gli stessi impiegati in Siberia presso le piattaforme di allarme preventivo missilistico Voronezh.

Secondo gli esperti, questo trasferimento di tecnologie estremamente sensibili per contribuire attivamente alla “sicurezza globale” – come ha dichiarato il premier russo Putin – non deve interferire, per andare a buon fine, con gli equilibri internazionali e non rappresentare per nessun motivo una minaccia per Mosca. Il sistema di controllo missilistico è di fatto un segmento “passivo” di difesa antimissile che “non prevede alcuna capacità offensiva”. Uno strumento che si limita a fornire informazioni per calcolare le traiettorie e i probabili obiettivi dell’ipotetico lancio di un Irbm da parte del “nemico”. Tuttavia, esso fornirebbe alla Cina un vantaggio strategico che prima non possedeva, innalzandola alla pari delle altre due maggiori potenze del globo che possiedono i maggiori arsenali nucleari e basano la propria difesa missilistica su reti indipendenti. Non è ancora noto se gli Stati Uniti (senza dubbio venuti a conoscenza di questa ipotesi con largo anticipo) siano rimasti “turbati”, o abbiano preso di buon grado la decisione dei vertici di Pechino di dotarsi di un sistema di controllo all’altezza del “calibro” di potenza globale in forte ascesa che la Cina sta sempre più dimostrando di essere.

Ciò che da un lato contribuirebbe a rafforzare la stabilità internazionale – come affermato da Putin – dall’altro determinerebbe la capacità di Pechino di poter colpire con pari preavviso e pari intensità le altre due maggiori potenze della terra. Ricordando al mondo intero come la deterrenza sia sì una strategia consolidata, ma anche come essa, oltre a non essere infallibile, da oltre mezzo secolo regoli i rapporti internazionali tra grandi potenze. Alterare questo status quo dotando un altro paese di una tecnologia così sofisticata è senza dubbio una buona intenzione: ma non per forza un’azione auspicabile in vista di ipotetici scenari futuri.





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