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Il capo di Stato maggiore della Difesa statunitense, generale Mark Milley, in merito alla fornitura di caccia F-16 all’Ucraina ha detto che non saranno “l’arma miracolosa”. Milley, intervenendo a un incontro del gruppo internazionale che coordina gli aiuti militari all’Ucraina, ha riferito che “qualche volta le cose vengono etichettate, dicendo ‘sarà l’arma magica‘, però non ci sono armi magiche, né gli F-16 né altre armi”.

Il Pentagono quindi smorza gli entusiasmi, a dire il vero quasi esclusivamente mediatici, riguardanti l’invio dei caccia all’aeronautica di Kiev, che, già in inferiorità numerica all’inizio del conflitto, è stata menomata nel corso degli eventi bellici.

Nonostante questa condizione, lo ripetiamo, la Russia non ha ottenuto la superiorità aerea – tanto meno la supremazia – in quanto non ha avuto modo di eliminare tutte le difese aeree ucraine e inoltre perché nella sua dottrina di impiego dello strumento aereo non è previsto che si effettui una campagna Sead/Dead (Suppression Enemy Air Defenses/Destruction Enemy Air Defenses) pervasiva ed estesa così come postulata in Occidente. Questo non significa che le Vks, le forze aerospaziali russe, non abbiano mai la superiorità aerea, ma che essa sia stabilita solo in modo puntuale e a macchia di leopardo lungo la linea del fronte, fattore che nel quadro della fornitura di caccia F-16 avrà un certo peso come vedremo a breve.

La lezione di Milley e le altre armi “miracolose”

Il generale Milley, quindi, ci ricorda che nemmeno i caccia saranno un game changer tale da ribaltare la situazione bellica, così come non lo sono stati i lanciarazzi Himars, ma comunque avranno un peso nel complesso generale del conflitto. Proprio per quanto riguarda gli Mlrs (Multiple Launch Rocket System) M-142, infatti, essi non hanno ribaltato le sorti della guerra, ma hanno permesso all’esercito di Kiev di migliorare le proprie capacità al punto da poter ottenere successi come durante le controffensive della scorsa estate. Senza scendere in dettaglio, la capacità degli Himars di colpire con precisione in profondità ha costretto i russi, ad esempio, ad allontanare dalla linea del fronte i propri snodi logistici principali, determinando così un allungamento ulteriore delle vitali linee di rifornimento. A tal proposito attendiamo di poter effettuare le prime serie valutazioni sull’utilizzo di due sistemi d’arma particolarmente utili in tal senso: le Glsdb, che possono colpire obiettivi sino a 150 chilometri di distanza, e i missili da crociera aviolanciati “Storm Shadow” (dalla gittata, in versione export, data superiore ai 250 chilometri), che da poco hanno cominciato a essere utilizzati dall’aeronautica ucraina che a quanto sembra li ha montati sui Sukhoi Su-24 rimasti.

Tornando ai caccia F-16, la cautela del generale Milley è fondata e giustificata proprio da queste considerazioni, a cui si aggiunge la questione del numero dei velivoli che saranno forniti a Kiev, che si ritiene possa contare su un primo lotto di 12/16 macchine, e su considerazioni più tecniche che qui andremo ad affrontare.

Come premessa è bene precisare che la scelta degli F-16 è stata presa in considerazione del grande numero di velivoli prodotti sino a oggi e della loro diffusione in tante forze aeree occidentali, che infatti potrebbero privarsi del surplus di questi caccia – le cui prime versioni sono ormai obsolete per un conflitto moderno ma ancora efficaci per l’ambiente bellico ucraino –: nella fattispecie si parla di Danimarca, Olanda e Belgio. Questa grande diffusione degli F-16 attivi significa che è possibile contare su una rete logistica consolidata e un buon numero di pezzi di ricambio disponibili, componenti importanti per mantenere i caccia in grado di combattere.

I problemi degli F-16

Tornando alle problematiche, l’addestramento del personale addetto alla manutenzione può richiedere più tempo dell’addestramento dei piloti, che comunque è piuttosto lungo perché gli ucraini non hanno mai utilizzato caccia occidentali, quindi sono abituati a velivoli molto diversi. Si ritiene, nella migliore delle ipotesi, di poter addestrare un pilota in tre mesi fornendo capacità di volo di base, in quanto l’F-16 è un velivolo piuttosto semplice da utilizzare, tuttavia insegnarne l’uso in combattimento richiederà più tempo; ma è soprattutto nella formazione del personale addetto alla manutenzione che le tempistiche si allungano, in quanto essa può richiedere mesi o anni, a seconda del livello di competenza desiderato. La soluzione potrebbe essere identificata nell’effettuare la manutenzione altrove in Europa, e nell’impartire ai piloti ucraini solo le basi della difesa aerea, ma anche qui si apre un nuovo capitolo, ovvero degli strumenti necessari all’uopo.

Come saranno armati gli F-16? Per essere realmente efficaci nel contesto delle operazioni aeree in Ucraina dovranno montare missili capaci di colpire bersagli aerei “oltre la linea di visuale”, ovvero, in inglese Beyond Visual Range (Bvr), quindi l’unico vettore in grado di farlo compatibile con l’F-16 è il missile Aim-120 Amraam, che pertanto dovrà essere “messo a bilancio” dagli Stati Uniti (il suo costo unitario è di circa 1,2 milioni di dollari) col rischio di intaccare le scorte nazionali.

Poi c’è la questione riguardante dove sarebbero basati gli F-16. I caccia si comportano meglio su piste lunghe e ben pavimentate, pertanto potrebbero incontrare difficoltà con quelle più “spartane”, ex sovietiche, presenti in tutta l’Ucraina. Kiev quindi potrebbe aver bisogno di ripavimentare e potenzialmente allungare un certo numero di piste, un processo che non sfuggirebbe all’occhio della Russia che reagirebbe colpendole con missili da crociera e SRBM tipo Iskander-M, in quanto rappresenterebbero un bersaglio di alto valore.

Tornando alle questioni legate al combattimento aereo, gli F-16 si troverebbero in un ambiente contestato in quanto i caccia russi tipo Su-35, armati di moderni missili Bvr come gli R-77 (AA-12 Adder in codice Nato), pur restando nello spazio aereo “sicuro” sovrastante la Crimea o altri territori occupati potrebbero “vedere” e colpire i caccia ucraini. Qualcosa che già accade dalle evidenze che ci sono giunte in questi mesi: i Su-35 e MiG-31 russi effettuano missioni Cap (Combat Air Patrol) nello spazio aereo “sicuro” e a volte riescono ad abbattere i caccia ucraini impegnati in operazioni di attacco al suolo, comprese quelle antiradar. Bisogna precisare comunque che queste Cap non sono costanti, e i velivoli partono da aeroporti lontano dal fronte, quindi esistono dei margini di azione dati da finestre temporali aperte per i caccia ucraini. Anche l’aeronautica di Kiev possiede missili per il combattimento Bvr (gli R-27 o AA-10 Alamo), ed è possibile che, usati da Su-27, abbiano ottenuto qualche successo: giorni fa un Su-35 russo è stato abbattuto al largo della Crimea occidentale ed è possibile che sia stato per azione aerea e non di sistemi Sam (Surface to Air Missile).

Addestrare un pilota al combattimento Bvr è relativamente meno complicato rispetto all’istruirlo al dogfight, il combattimento aereo manovrato a corta distanza, ma i dubbi sull’efficacia permangono e pertanto si capisce perché il generale Milley abbia tenuto a precisare che gli F-16 non saranno “un’arma miracolosa” che ribalterà le sorti del conflitto.

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