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Le relazioni e l’amicizia tra Cina e Cambogia sono destinate ad aumentare sempre di più, spostandosi dall’ambito prettamente economico-civile a quello militare. Il culmine dei sostanziosi e importanti investimenti (quasi 10 miliardi di dollari dal 2011 a oggi) cinesi sono il potenziamento del porto di Ream e la costruzione dell’aeroporto di Dara Sakor, situati alle due estremità della baia di Kompong Som. La peculiarità delle due infrastrutture è che ufficialmente saranno destinate all’uso civile, ma in realtà le mire e le idee di Pechino potrebbero essere quelle di trasformarle in avamposti militari cruciali per il controllo delle vie di navigazione dell’Oceano Indiano, oltre che per il sostegno della politica estera nell’area dell’Indo-Pacifico.

L’analisi del Pentagono

L’aeroporto di Dara Sakor ufficialmente sorgerà per permettere ai turisti di raggiungere l’omonimo parco nazionale che ospita, tra le altre cose, numerosi villaggi costruiti proprio da aziende cinesi. Ma –come scritto sul The New York Times– a far alzare il sopracciglio agli analisti del Pentagono è stato il fatto che la pista di atterraggio è in costruzione in una zona decisamente lontana da quelli che sono i principali punti turistici della Cambogia. A ciò si aggiunge il fatto che l’aeroporto sarà collocato in una zona strategicamente importante, essendo la zona di Dara Sakor una delle coste più lunghe e maggiormente controllate da parte delle forze armate cambogiane, oltre ad essere protetta da una fitta giungla malarica. Se due indizi non fanno una prova, una terza preoccupazione del Pentagono è relativa al fatto che la pista sarà la più lunga di tutti gli aeroporti della Cambogia, il che non sarebbe un problema enorme se non fosse che le dimensioni supererebbero di gran lunghe quelle necessarie per far atterrare e decollare gli aerei da trasporto passeggeri più grandi. Anche per questo motivo l’aeroporto di Dara Sakor, in realtà, potrebbe avere un duplice uso: civile e, soprattutto, militare.

La paura dell’espansionismo cinese

Se le analisi statunitensi dovessero essere confermate e la Cina avesse in programma di trasformare la Cambogia in un avamposto militare, ciò potrebbe creare più di un problema alla stabilità e agli equilibri regionali. Il governo di Pechino avrebbe dalla sua una lunga scia di avamposti che partendo da Gibuti, sul Corno d’Africa, arriverebbero a Shanghai, passando attraverso la Cambogia e le isole contese del mar Cinese Meridionale. Il controllo della Cina sulla principale rotta navale che attraversa il Pacifico meridionale e l’Oceano Indiano sarebbe quasi totale, provocando un irrigidimento nei rapporti con gli Stati Uniti ma anche con i Paesi alleati di Washington dell’area, tra cui il Vietnam e le Filippine.

La preoccupazione è molta, anche perché negli accordi siglati tra Xi Jinping e Hun Sen –in carica come primo ministro dal 1984– la Cambogia in cambio degli investimenti ha ceduto alla Cina parte della sua sovranità su alcune zone, permettendo a Pechino un controllo esclusivo di alcune zone lungo la costa di Dara Sakor e nel porto di Ream. Dietro a questo è stato visto, probabilmente non a torto, il tentativo della Cina di assicurarsi la possibilità di aumentare le capacità di proiettare la sua potenza militare, aggirando e “circondando” i potenziali oppositori nell’area. Pechino, ovviamente, ha smentito qualsiasi ricostruzione che vede negli investimenti velleità belliche o di espansionismo verso la Cambogia. In realtà, però, nel rapporto sul 2018 del direttore dell’intelligence degli Stati Uniti, pubblicato a inizio del 2019, l’allora numero 1 dei servizi di informazione Dan Coats aveva posto l’accento sui potenziali rischi per la Cambogia, specialmente per via del radicalizzarsi e del rafforzarsi della presa di potere da parte di Hun Sen che farebbe immaginare un tentativo di nascondere la sua debolezza politica. La sua volontà di rimanere al potere potrebbe portarlo a chiedere un maggior supporto a Pechino, che sfrutterebbe ciò per aumentare la sua presenza militare stringendo sempre più a sé la Cambogia. 

Uno scenario che gli Stati Uniti, così come gli altri Stati alleati di Washington, vorrebbero scongiurare perché darebbe alla Cina un ulteriore avamposto per continuare a perseguire la sua politica estera aggressiva ed espansionistica. Qualcosa anche da Washington ha iniziato a muoversi per favorire uno sviluppo “diverso” alla Cambogia, ma il destino di quello che è uno dei Paesi più poveri della zona sembra sempre più destinato a essere a tinte cinesi.

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