Una pioggia di missili si è abbattuta in un’area non distante da dove sorge la centrale nucleare di Zaporizhzhia, nel sud dell’Ucraina. “Questa notte circa 60 razzi di tipo Grad sono caduti sugli insediamenti costieri tra Nikopol e Zaporizhzhia, 40 dei quali sul villaggio di Marhanets”, ha fatto sapere Yevhen Yevtushenko, il capo dell’amministrazione militare del distretto della vicina Nikopol, specificando che l’attacco si è concentrato sulla sponda nord del fiume Dnipro, ad una decina di chilometri dalla struttura strategica.
I razzi hanno distrutto abitazioni e altre infrastrutture. “Sono state danneggiate case, edifici, condutture e reti elettriche. Due persone sono rimaste ferite, una delle quali, un uomo di 64 anni, è in ospedale con ferite gravi”, ha aggiunto Yevtushenko. Al di là dell’attacco missilistico in sè, un pericolo ancora più grande deriva dalla minaccia nucleare incarnata dalla citata centrale di Zaporizhzhia, il più grande complesso nucleare d’Europa.
Emblematico, a questo proposito, il messaggio dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), costretta ad inviare un team in loco, come aveva già fatto all’inizio dell’anno a Chernobyl e sempre nell’Ucraina meridionale.
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Il nuovo allarme dell’Aiea
“Possiamo mettere insieme una missione di sicurezza, protezione e salvaguardia e fornire l’assistenza indispensabile e la valutazione imparziale di cui c’è bisogno”, ha scritto in un tweet il direttore generale dell’Aiea, Rafael Mariano Grossi. Nelle ultime ore lo stesso Grossi, riferendosi all’impianto di Zaporizhzhia, si era detto “estremamente preoccupato per il bombardamento” avvenuto lo scorso venerdì nei pressi della centrale, “che sottolinea il rischio molto reale di un disastro nucleare“.
Da Kiev, intanto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua ad accusare la Russia di utilizzare la centrale nucleare “per scatenare il terrore”. Ricordiamo, infatti, che la struttura si trova sotto il controllo russo dallo scorso marzo. Il governo ucraino ritiene che le forze russe stiano impiegando “tattiche terroristiche” per lanciare razzi contro aree civili dal sito. L’Ucraina ha inoltre affermato che parti della struttura sono state “seriamente danneggiate” dagli attacchi militari russi, anche se qui entriamo in un ginepraio spinato di accuse incrociate.
Fatto sta che anche l’Aiea, l’organo ufficiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite in materia di energia nucleare, ha chiesto la fine immediata di qualsiasi azione militare da e vicino alla centrale di Zaporizhzhia, avvertendo di un “rischio molto reale di un disastro nucleare”.
Accuse reciproche
Per quanto riguarda le responsabilità di quanto sta accadendo, Kiev e Mosca, come detto, si stanno letteralmente incolpando a vicenda. Recentemente Energoatom, la società ucraina per l’energia atomica, ha deciso di spegnere uno dei reattori della centrale. Tutta colpa dell’attacco che venerdì è tornato a minacciare l’impianto. “Qualsiasi potenza di fuoco militare diretta verso o dalla struttura equivarrebbe a giocare con il fuoco, con conseguenze potenzialmente catastrofiche”, continua a ripetere l’Aiea.
Secondo quanto riportato dalla Bbc, che ha citato i civili della vicina città di Nikopol, dall’altra parte del fiume e ancora controllata da Kiev, i russi starebbero lanciando razzi proprio dall’area dislocata intorno allo stabilimento, e spostando attrezzature militari nel complesso. Il nodo più spinoso sta nel fatto che la gestione della centrale, ancora attiva, è rimasto nelle mani ucraine nonostante la zona sia finita nelle mani delle forze di Mosca.
A peggiore lo scenario, già tesissimo, c’è la guerra che non accenna a fermarsi. I recenti bombardamenti avvenuti in questa regione, ha spiegato Energoatom, hanno “gravemente danneggiato” una stazione di azoto e ossigeno e un “edificio ausiliario”. Anche se l’impianto continua a produrre elettricità, “c’è ancora un rischio di fuoriuscita di idrogeno e di sostanze radioattive, e anche il rischio di incendio è elevato”, hanno concluso gli esperti. Nel frattempo i razzi non smettono di solcare i cieli dell’Ucraina meridionale.