Mappare le reti di cavi sottomarini e monitorare le infrastrutture strategiche per eventuali operazioni di sabotaggio. Secondo un’inchiesta delle tv pubbliche di Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia – inchiesta che parte dalla nave per la ricerca oceanografica Admiral Vladimirsky – sarebbe questa la vera missione di alcuni pescherecci e di navi da ricerca russi che in questi giorni operano nel Mare del Nord.
L’indagine, su cui sembra convergere anche l’intelligence del Regno Unito, trova conferme anche dai servizi danesi, secondo i quali la Russia potrebbe avere deciso di “catalogare” tutti i cavi sottomarini presenti nell’area baltica e del Mare del Nord per procedere ad atti di sabotaggio in caso di conflitto c he colpirebbero anche parchi off-shore e infrastrutture. Un’ipotesi che vede in prima linea anche Oslo, preoccupata in particolare dalla tenuta della sicurezza energetica dei suoi gasdotti e dei giacimenti, ma che inquieta anche la Danimarca, impegnata in un ampio programma per parchi eolici sul mare.
L’attenzione dopo l’affaire Nord Stream
L’inchiesta certifica ancora una volta l’attenzione rivolta dai Paesi della regione e dalla stessa Alleanza Atlantica alla sicurezza delle infrastrutture strategiche che solcano le acque intorno al continente europeo. L’allarme è risuonato in modo evidente dopo il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, sul quale va ricordato che al momento le indagini non hanno portato all’individuazione di un colpevole. Al netto dell’identità dell’autore dell’attacco – che probabilmente non sarà accertata in tempi brevi e in modo definitivo – quello che è risultato chiaro da quell’azione è stata la vulnerabilità delle infrastrutture critiche del Vecchio Continente.
Il tema è ritenuto ancora più urgente non solo per il sempre più stretto legame tra i vari Paesi sia sotto il profilo energetico che delle telecomunicazioni, ma anche per la rilevanza dei gasdotti in un’epoca di frattura degli Stati europei dalle forniture russe. L’importanza simbolica e strategica delle connessioni tra Paesi fornitori e clienti è centrale soprattutto in una fase di conflittualità tra superpotenze in cui l’ambito energetico risulta decisivo. E non è un caso che nel Baltico e nel Mare del Nord l’attenzione sia ancora maggiore, se si pensa del resto che tutta l’area è al momento impegnata nel completo sganciamento dalla Russia ma anche da nuovi assetti geopolitici e nuovi equilibri di potenza su cui pesa la divisione tra Occidente e Mosca e il ruolo dei nuovi hub energetici.
La dottrina navale russa
La Russia nega ogni tipo di iniziativa in tal senso. Il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov, ha respinto al mittente le accuse dei media scandinavi sfidandole a prestare “maggiore attenzione all’attacco terroristico ai gasdotti Nord Stream e alla necessità di un’indagine internazionale trasparente, urgente e ampia su questi atti di terrorismo e sabotaggio senza precedenti”.
D’altro canto, l’importanza delle inchieste sui pescherecci e le navi da ricerca di Mosca risiede anche in un altro elemento, e cioè quello legato in generale all’utilizzo di imbarcazioni o mezzi civili per operazioni di estremo interesse strategico-militare. Questione che, specialmente per quanto riguarda la Russia, non è una novità assoluta. Già a maggio del 2022, l’allora vice primo ministro per la Difesa e l’Industria spaziale, Jurij Borisov, aveva annunciato – a margine di un incontro all’Ammiragliato – un aggiornamento della dottrina navale russa in cui, tra le altre cose, è stato dato risalto all’inserimento di navi ed equipaggi civili nelle attività della marina militare di Mosca. La notizia fu segnalata anche dal Barents Observer, quotidiano norvegese, che segnalò proprio la possibilità dell’utilizzo dei pescherecci (oltre che delle rompighiaccio commerciali) per scopi legati alle operazioni delle forze armate russe.