Padre Tawfik Eid, parroco della città siriana di Maloula, è attualmente in Francia, dove sta tenendo un ciclo di conferenze. Ha concesso un’intervista a Tv Libertés ripresa anche dal settimanale Tempi. E il parroco – tramite le parole rilasciate – dimostra di avere ben presente il ricordo di quei drammatici giorni del settembre 2013, nei quali i jihadisti di Jabhat Al Nusra, la costola di al Qaeda in Siria, hanno depredato e saccheggiato la città fino a conquistarla. Un vero e proprio calvario, culminato con l’uccisione di tre cristiani – poi dichiarati martiri – e con il rapimento di altre sei persone professanti la stessa fede.
E, soprattutto, un miracolo, in termini numerici, rispetto a quanto sarebbe potuto accadere. In quella circostanza, alcuni musulmani hanno tradito la perla cristiana della Siria e la vocazione al dialogo interreligioso della Repubblica Araba e a Maloula, vicino la capitale Damasco, sono state distrutte otto chiese e due santuari. Tra quelle attualmente in restauro, la parrocchia greco cattolica di San Giorgio e i due monasteri del IV secolo: uno di questi, quello greco ortodosso di Santa Tecla, è stato lo scenario della resistenza delle suore, quella documentata dal celebre reportage di Gian Micalessin.
Ma Padre Tawfik ha già perdonato: “Come Gesù sulla croce, anche noi abbiamo gridato: “Dio, perché ci hai abbandonato?”. Ma poi abbiamo scoperto che non ci aveva affatto lasciati soli – aggiunge il parroco – e la dimostrazione sono le poche perdite che abbiamo subito. La città, pur avendo passato dei mesi terribili, non è stata distrutta e oggi siamo tornati. La nostra fede oggi non solo non è stata minata, ma è più forte e sono i miei parrocchiani a dirmelo per primi”. Sì, perché i parrocchiani di Padre Eid stanno partecipando – assieme al resto della popolazione – alla ricostruzione della loro città, dei loro edifici pubblici e dei loro luoghi sacri. In un clima – però – che non appare affatto semplice da gestire.
Ripartire infatti è difficile ed è un processo che presenta anche l’urgenza sociale di rimarginare le ferite createsi tra due comunità: “Per tornare a vivere come prima i musulmani devono prima riconoscere i loro errori. I cristiani non possono coltivare l’odio nel loro cuore, altrimenti saremmo uguali ai terroristi. Però non può esserci riconciliazione senza il pentimento da parte loro”, dice Padre Eid in aramaico, la lingua parlata ancora oggi solo nella sua città e in altri due vicini villaggi siriani. Maloula, che in aramaico significa “ingresso”, è stato il luogo dove il sagrestano di Padre Eid è stato sgozzato.
Ci sono diversi modi di sostenere i cristiani che soffrono.
Questi sono tre progetti, tutti con un unico obiettivo: non lasciare soli i cristiani di Aleppo
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Causale: ilgiornale per i cristiani
Eppure, nonostante la persecuzione subita, i cristiani siriani allungano la mano in segno di pace nella speranza che dall’altro lato ci sia qualcuno pronto a rispondere con la stessa intenzione. Il parroco, che si trova in Europa grazie a un invito dell’associazione francese SOS Chrétien d’Orient, una di quelle che sta coadiuvando la ricostruzione, ha lanciato un appello all’occidente intero: “Prima di tutto devo ringraziare di cuore chi ci sta aiutando a tornare a vivere. Ma voglio anche dire una cosa a tutti i cristiani, a tutti i cattolici e agli uomini di buona volontà: voi dovete affrontare una sfida più dura della nostra. Noi abbiamo subìto l’offensiva dei terroristi, voi dovete combattere contro ateismo e laicismo. Per farlo non potete limitarvi a lamentarvi delle cattive leggi che vengono approvate in Europa, dovete impegnarvi di più in prima persona nella vita pubblica e innervarla con la vostra esperienza di fede. Non basta dire che gli altri sono cattivi. Se non lo fate, se non vi impegnate in politica, nessuno lo farà al posto vostro”. Padre Eid – insomma – invita i cristiani occidentali a non assistere passivamente al trionfo del relativismo, del laicismo e della secolarizzazione e chiede un forte impegno – specie nella politica attiva – per far fronte a questi avversari contemporanei. Nemici diversi dai jihadisti di Jabhat Al Nusra, ma che secondo il sacerdote andrebbero affrontati per mezzo della stessa fermezza culturale.