Giovedì 25 maggio il capo della compagnia militare privata russa (Pmc) Wagner Evgeny Prigozhin ha annunciato il ritiro delle sue forze dalla città di Bakhmut, recentemente conquistata. La scelta di Prigozhin, apparentemente priva di senso, risulta in realtà essere la semplice dimostrazione della mera importanza politica della battaglia di Bakhmut e dello scarso valore strategico della città. L’analista del think tank Institute for the Study of War, Kateryna Stepanenko, ha infatti chiaramente indicato come la città di Bakhmut godesse di una certa importanza strategica nell’ambito dell’originale piano russo di accerchiamento del Donbass. La sua conquista non avrebbe consentito di attaccare da più posizioni le roccaforti ucraine di Kramatorsk e Sloviansk, mentre il resto delle forze russe avrebbe marciato sul fronte sud da Donetsk e sul fronte nord da Izyum. La liberazione di Izyum a seguito dell’offensiva ucraina del settembre 2022 ha però posto fine alle velleità russe di occupazione del Donbass, rendendo quindi la conquista di Bakhmut strategicamente irrilevante.
Bakhmut e le ambizioni della Wagner
Perché dunque la Federazione russa ha proseguito l’operazione? Gli sforzi russi si sono concentrati su Bakhmut in virtù dell’enorme importanza simbolica della città e la cui cattura era considerata essenziale per migliorare l’immagine del Cremlino, pesantemente danneggiata dopo oltre un anno di fallimenti militari. La battaglia è però diventata anche teatro di scontro per lo stesso Prigozhin. Il capo della Wagner ha spinto molto per prendere Bakhmut, al fine di dipingere se stesso come l’unico in grado di ottenere risultati sul campo di fronte ai costanti arretramenti dell’esercito regolare. Prigozhin ha inoltre sfruttato la battaglia per portare avanti la sua personale crociata contro il ministero della Difesa di Mosca, da lui più volte accusato di non aver fornito munizioni alla Wagner lasciando morire i suoi uomini.

Il video di accusa registrato dal capo della Wagner dove ha accusato il Capo di Stato Maggiore Gerasimov e il ministro della Difesa Shoigu di non aver inviato le munizioni, lasciando morire i “figli della Russia”, mostra chiaramente come la battaglia abbia rappresentato un trampolino di lancio per le ambizioni politiche di Prigozhin, sempre più critico verso la gestione della guerra da parte del Cremlino e sempre più “realista” circa le possibilità di una vittoria russa, come indicato dal suo recente elogio dell’esercito ucraino. La conquista di Bakhmut rappresenta quindi una vittoria politica per il capo della Wagner, il quale tuttavia ha pagato un prezzo altissimo. La devastante battaglia urbana di Bakhmut ha infatti decimato la forza combattiva della Wagner, il gruppo è uscito pesantemente logorato dallo scontro e le sue capacità offensive sono ormai ridotte al minimo.
Quali rischi per l’esercito russo
Il ritiro della Pmc rappresenta quindi da un lato il “conto” da pagare per il suo leader, che ha investito quasi tutta la forza combattente della sua compagnia nella battaglia. Dall’altro esso costituisce anche un’astuta manovra che consentirà alla Wagner di riprendersi, lasciando all’esercito regolare la patata bollente della continuazione dell’occupazione di Bakhmut, dove le forze ucraine premono sempre più sui fianchi, nonché della gestione della controffensiva ucraina. Il capo della Wagner potrà quindi scaricare ancora una volta tutto il peso e la responsabilità di eventuali fallimenti al ministero della Difesa, presentandosi come l’unico capace di ottenere successi e fomentando ulteriormente le sue ambizioni politiche.
Quale che sia l’esito della controffensiva ucraina, pare ormai chiaro come le forze di Mosca presenti in Ucraina abbiano ormai assunto una conformazione bicefala, divise in due tronconi poco disposti a collaborare e pronti a sabotarsi a vicenda per favorire le proprie ambizioni politiche. L’unità e la fiducia reciproca all’interno di una forza militare sono essenziali in tempo di guerra, laddove tali elementi vengano meno, la forza combattente in questione ne risentirà pesantemente circa la propria funzionalità, con grave pregiudizio alla sua condotta delle operazioni belliche. Il Cremlino presto o tardi dovrà fare i conti con questa situazione: le rivalità tra la Wagner e il ministero della Difesa sono una polveriera pronta ad esplodere e un successo della controffensiva ucraina potrebbe costituire la miccia.