Era l’agosto del 2020 quando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Stella d’Italia a Mikhail Vladimirovich Mishustin, primo ministro russo. Un atto dal grande valore politico senza dubbio, ma che trave la sua origine anche dalla precedente attività dell’attuale capo dell’esecutivo di Mosca. Quella cioè di uomo dello Stato russo incaricato di mettere mano al fisco della federazione, argomento caldo e spinoso per Putin e per l’intero apparato amministrativo. Da quella posizione, avrebbe favorito anche maggiore trasparenza nei commerci con i Paesi stranieri, tra cui l’Italia. Da qui il riconoscimento e la nomina voluta dal Quirinale su proposta della Farnesina. Oggi di quel conferimento c’è traccia solo sulle notizie di cronaca di allora e nulla più. Il 9 maggio infatti, con un decreto del Presidente della Repubblica pubblicato ieri in Gazzetta, le onorificenze sono state tolte. Non solo a Mishustin, ma anche ad altre importanti personalità del mondo politico ed economico russo. Quali l’attuale ministro del commercio, Denis Manturov, il segretario di Stato Viktor Leonidovich Evtukhov e il presidente della banca russ aVtb, Andrey Leonidovich Kostin.
L’onorificenza data nel 2020
Mishustin è stato nominato premier da Vladimir Putin nel gennaio del 2020. Ma la richiesta di onorificenza era partita già da prima e per motivi non legati alla sua attività di capo dell’esecutivo di Mosca. Fino a quando il presidente russo, quasi a sorpresa, non lo incarica di prendere il posto del “fido” Dmitry Medvedev come primo ministro, il nome di Mishustin è noto in patria per il suo ruolo all’interno del ministero delle Finanze. A parte la parentesi terminata nel 2004 vice ministro delle imposte e delle tasse (sua vera unica esperienza politica prima del 2020), ha poi lavorato come direttore dell’agenzia federale del catasto dal 2004 al 2006 e, nei successivi due anni, è stato a capo dell’agenzia federale per le zone economiche speciali. Incarichi delicati, perché impattanti su alcuni dei temi più sentiti dai russi. Quali la corruzione, la pressione fiscale e l’organizzazione della farraginosa macchina burocratica statale.
Mishustin è quindi prima di tutto un tecnico, ma la cui opera ha significati politici molto importanti. Non è un caso che per dieci anni, dal 2010 fino alla sua nomina a premier nel 2020, Putin lo ha voluto alla guida del servizio federale fiscale. Nel gennaio 2020, come detto, la chiamata in politica, arrivata in un periodo non propriamente fortunato. Stava per iniziare la crisi legata al coronavirus e, contestualmente, il dossier Ucraina non era mai tramontato. Intanto però, pochi mesi dopo, è arrivata la sua nomina a Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Stella d’Italia.
La Farnesina lo aveva proposto, come scritto da Linkiesta nell’agosto 2020, per il suo ruolo avuto prima di diventare premier. Il cavalierato è concesso di norma alle personalità straniere che lavorano attivamente per promuovere i rapporti l’Italia e un determinato Paese. L’ordine della Stella d’Italia, come si legge sul sito del Quirinale, è stato istituito nel dopoguerra “al fine di conferire riconoscimenti per gli italiani all’estero o stranieri che meglio avessero assistito nella ricostruzione dell’Italia”. Mishustin quindi è stato visto, molto probabilmente, come un “facilitatore” nei rapporti tra Mosca e Roma, specialmente sotto il profilo economico.
Il perché delle revoche
Ma è chiaro che l’onorificenza del 2020 aveva anche un sapore politico. Come del resto ha un sapore politico la revoca del cavalierato. Due anni fa c’era tutto l’interesse a promuovere una certa vicinanza tra Russia e Italia. La guerra in Ucraina ha cambiato le carte in tavola. Oggi Mishistin viene ufficialmente visto come “indegno” in quanto ritenuto tra i responsabili del conflitto. Vero che il suo è sempre stato un profilo basso. La politica estera russa non passa dalla Casa Bianca, sede dell’ufficio del primo ministro a Mosca. Passa ovviamente dal Cremlino, così come dal ministero degli Esteri e da quello della Difesa, oltre che dagli organi di sicurezza. Mishistin, spesso in ombra rispetto ai suoi stessi ministri, da quando è iniziato il conflitto in Ucraina si è fatto vedere poco e ha inciso poco. Non fa parte cioè della cerchia ristretta dei fedelissimi di Putin.
Ma è pur sempre il capo dell’esecutivo e, agli occhi dei governi stranieri, è uno dei primi a dover rispondere delle tragedie provocate dalla guerra. Ecco quindi perché, su proposta della Farnesina, al premier russo è stato revocato il cavalierato. Il segnale dato dal Quirinale è ben lampante: oggi per l’Italia risanare i rapporti con la Russia non appare prioritario. E dunque quelle stesse personalità prima insignite per i ruoli ruoli di “facilitatori”, oggi vengono definite indegne per via della guerra.
L’impressione è che la revoca del cavalierato al premier russo altro non è stato che un primo passo. Perché già da marzo alla Farnesina è a lavoro una commissione incaricata di individuare la presenza di nomi vicini al Cremlino insigniti delle onorificenze. Tra questi ci sarebbe anche il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov. In una nota dei Radicali Italiani, si parla di almeno 26 nomi a cui revocare ogni tipo di riconoscimento.