C’è chi parla di cautela e chi, molto più esplicitamente di imbarazzi. Di sicuro, il recente annuncio di Vladimir Putin sulla mobilitazione parziale in Russia potrebbe aver creato non pochi grattacapi oltre la Muraglia. Anche perché l’approccio cinese alla guerra in Ucraina coincide con una complessa ginnastica diplomatica tra il tenersi a debita distanza dal conflitto e mantenere una forte partnership con il Cremlino. Continuare a mantenere questa posizione rischia non solo di compromettere l’immagine della Cina, ma anche e soprattutto di risucchiare il Dragone nel vortice delle ostilità.

L’approccio della Cina al conflitto continuerà ad essere “coerente e chiaro”, ha tuttavia spiegato Wang Wenbin, portavoce del Ministero degli Esteri cinese. “Chiediamo a tutte le parti coinvolte di raggiungere un cessate il fuoco attraverso il dialogo e i negoziati e di trovare il modo più rapido possibile per tenere conto delle ragionevoli preoccupazioni di sicurezza di tutti”, ripetono ufficialmente da Pechino.

Eppure, in occasione del recente incontro tra Putin e Xi Jinping, il presidente russo aveva sorpreso tutti affermando che il suo omologo cinese aveva “domande e preoccupazioni” sulla guerra della Russia in Ucraina. È pur vero che Xi considera Mosca un fondamentale contrappeso al potere degli Stati Uniti. Che forse vale più di qualsiasi preoccupazione.



L’escalation di Putin preoccupa la Cina?

Sulla carta, dunque, la Cina tiene ferma la sua posizione sull’Ucraina: serve una risoluzione negoziata per uscire dalla crisi. Dietro le quinte si intravedono però timori e reticenze per un annuncio, quello di Putin, che potrebbe compromettere la stessa Repubblica Popolare.

Intanto perché, a questo giro, è stato il Cremlino ad aggiungere un pericoloso carico da novanta sul tavolo della diplomazia. Poi perché gli Stati Uniti, che già da settimane hanno alzato l’asticella della tensione con Pechino, potrebbero utilizzare l’annuncio di Putin come casus belli diplomatico per puntare il dito contro Xi. E tutto, non dimentichiamolo, a poche settimane dal decisivo Congresso che dovrebbe consegnare al leader cinese un inedito terzo mandato.

A questo proposito è interessante leggere quanto dichiarato da Shi Yinhong, professore di Relazioni internazionali all’Università Renmin di Pechino, nel corso di un’intervista a Repubblica. “A causa della nuova escalation bellica, della sua aggressione e volontà di annessione e della sua rinnovata minaccia di guerra nucleare, credo che la Cina non abbia altra scelta se non quella di stare un po’ più lontana da Putin in questo momento”, ha affermato l’accademico.

Il futuro di Putin

Certo, quella del professor Shi non è la posizione del Partito Comunista Cinese ed è da annoverare nel campo delle ipotesi. È però emblematica dei pericoli che potrebbe correre la Cina nel caso in cui lo scenario bellico in Ucraina degenerasse in un tutti contro tutti. “Se il capo del Cremlino diventerà il perdente di questa guerra, non sarà un affare facilmente gestibile per la Cina”, ha aggiunto Shi.

Poi c’è un interessante editoriale del Global Times che, pur condannando la Nato, sottolinea un aspetto chiave della visione cinese: “Bisogna porre un freno d’emergenza alla situazione in Ucraina in un momento in cui le dimensioni della guerra sono ancora gestibili. In un conflitto militare tra potenze nucleari non ci saranno un vincitore o un vinto assoluti. Chiunque cerchi di sopraffare completamente la controparte deve essere pazzo”.

Indipendentemente dal futuro di Putin, al momento la Cina non sembrerebbe tuttavia intenzionata a mollare la Russia. Il motivo è semplice: la partnership tra Mosca e Pechino deve essere letta nel lungo periodo e volta a modificare l’attuale ordine mondiale in chiave anti statunitense.

Michael Schuman, senior fellow dell’Atlantic Council, offre un’altra chiave di lettura: “Se la guerra si mette male per Putin, la partnership non finirà ma farà diventare Mosca ancora più dipendente da Pechino”. Sia però chiaro che il Dragone, per Putin, non intenderà sacrificare i propri interessi nazionali. Ecco perché una guerra ancora più estesa, o peggio nucleare, non può affatto tranquillizzare la Cina.

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