Con una duplice carriera, aziendale (ha lavorato per più di dieci anni nel settore dei motori aeronautici) e militare (nelle Forze speciali, o meglio, nei “Berretti verdi”), la voce del generale Mark Arnold è una delle più autorevoli negli Stati Uniti in fatto di strategia militare. E in quasi un anno e mezzo di guerra in Ucraina è tornato a farsi sentire più volte, anche con durezza.

Nessuna “lentezza”

Nelle ultime ore ha destato scalpore la sua intervista al Washington Post, ove punta il dito contro Washington a proposito della presunta “lentezza” della controffensiva ucraina. Arnold ha sul suo curriculum tre missioni in combattimento tra Iraq e Afghanistan e, nel conflitto in corso, si è messo a disposizione come consulente alle forze ucraine (a sue spese) lungo la linea del fronte.

Le difficoltà di Kiev, al di là dei risultati (si pensi al recupero di km negli ultimi giorni) e al negazionismo di Vladimir Putin, sarebbero da imputarsi all’amministrazione Biden e al modo in cui starebbe gestendo il supporto agli aggrediti. Il generale, infatti, si è scagliato contro le accuse spedite all’indirizzo delle milizie di Volodymyr Zelensky, responsabili di uno sfondamento che tarda a venire. Secondo Arnold, la vera controffensiva non potrà arrivare prima di un anno: questo non vuol dire che sia pessimista circa le possibilità di vittoria di Kiev, tuttavia sostiene che prima dell’estate del 2024 quel miracolo che tutti attendono in Occidente non potrà verificarsi per questioni eminentemente materiali. La risposta, infatti, è semplice: la riscossa ucraina dovrà attendere l’arrivo della maggior parte delle attrezzature che Washington ha in serbo, per poter fare davvero la differenza sul campo.

Cautela e diversioni? Ottime strategie ucraine

I primi ad essere smentiti dal generale sono i suoi colleghi del Pentagono. Qui, infatti, in troppi avrebbero voluto un’Ucraina che attaccasse a muso duro la Russia, anche a costo di perdite umane altissime. La cautela con la quale, invece, l’esercito ucraino ha agito sarebbe buona cosa nella visione di Arnold e, dunque, non un fallimento. Certo, espone al rischio che i russi possano approfittare dell’inverno per ricostruire le proprie linee difensive, ma anche a Kiev l’inverno concederà una serie di tregue. L’altra accusa che piove da Arlington è quella di aver divertito un numero eccessivo di risorse verso Bakhmut, nella parte orientale del Paese. Il generale, che è stato fianco a fianco con le forze in campo, sostiene che la manovra diversiva non abbia innanzitutto implicato un consumo eccessivo di risorse, anzi sarebbe l’espressione più oculata di come queste vadano utilizzate. Impiegare le forze su più teatri contemporaneamente, infatti, permette di stancare i Russi limitandone le risorse, oltre che contribuire a difendere un’area strategica come il nord-est. Avanzando anche verso sud, le forze ucraine avranno invece l’opportunità di trascinare giocoforza le linee di rifornimento russe in Crimea, nel raggio d’azione degli Himars. Niente è azzardato perciò, niente sarà inutile.

L’altro problema sul quale vuole focalizzarsi il generale è la tipologia di addestramento ricevuta dai soldati ucraini. Solo il 5% circa delle forze hanno sostenuto l’addestramento Usa negli ultimi 15 mesi e fra questi soldati nessuno sarebbe di rango elevato. Questo spiegherebbe perché la controffensiva è stata a lungo attesa, sembrando non avere mai inizio. L’idea di Arnold è quella di utilizzare ufficiali occidentali in pensione per addestrare le brigate in Ucraina, ma soprattutto addestrare il personale a livello di corpo d’armata a funzioni di comando superiore. Un aspetto di cui si parla poco riguarda, invece, il personale medico. L’ex generale starebbe cercando di raccogliere fondi dal settore privato (nel quale opera da anni) per formare un numero maggiore di medici da combattimento: una risorsa fondamentale per prevenire perdite sul campo e curare direttamente in loco le truppe, prevenendo le conseguenze di ferite potenzialmente mortali.

Cose serve all’esercito ucraino

Venendo ai conti della serva, Arnold tiene la contabilità delle risorse Usa donate all’Ucraina., sottolineando come, nonostante le carenze che le armate di Kiev ancora soffrono, i risultati morigerati degli ultimi mesi sono comunque da considerarsi un miracolo. L’Ucraina continua a non possedere superiorità aerea, subendo gli assalti degli elicotteri d’attacco russi che prendono di mira costantemente i loro corazzati; a questo sia aggiunge il fatto che solo sei battaglioni su 350 (nemmeno il 2%, dunque) sono stati addestrati alle armi combinate Nato. Considerando invece il rapporto tra numero di uomini e mezzi, secondo il generale, sommando tutti i Bradley, i Leopard 2 e i Challenger 2 sul campo si arriverebbe a equipaggiare appena una brigata. Vile, dunque, accusare di lentezza le forze ucraine. E a proposito di mezzi corazzati, le mancanze sono ancora più gravi: in Ucraina l’esercito deve affrontare campi minati e aree con ostacoli ad alta densità; per uno scenario identico la fanteria meccanizzata Usa dispone di carri armati con lame anticarro e rulli pesanti. Kiev non possiede nulla di tutto questo. Come si può mai pensare ad uno sfondamento così potente da indurre la Russia alla ritirata?

La “lista della spesa” verrà evasa con efficacia non prima di un anno, quando la produzione Usa dovrebbe subire una sterzata vigorosa: la fabbricazione dei proiettili da artiglieria da 155 mm passerà da 24mila a 80mila pezzi al mese; le forze sul campo, inoltre dovrebbero ricevere sia gli M1 che i famigerati F16. Più addestramento e più equipaggiamento saranno la ricetta giusta per l’offensiva finale del 2024: Arnold spera nelle armi a lungo raggio e dunque negli Atacams, nei missili antinave Harpoon (prodotti da Boeing, i primi ad arrivare erano stati danesi e olandesi), nei droni Reaper (i velivoli pilotati a distanza impiegati in operazioni di sorveglianza che può trasportare fino a otto missili aria-superficie) e nei corazzati M113.

Nel suo attacco in Patria, Arnold non risparmia nessuno. Sul banco degli imputati finisce perfino l’ossessione americana per le “guerre brevi”. A suo dire, il futuro dell’operazione è tutto nelle mani di Washington che dovrebbe smettere di biasimare la controparte per i risultati limitati ottenuti e iniziare a sostenere seriamente l’irrobustimento di un esercito che è sul pezzo da più di un anno, ma in buona parte composto da uomini che non hanno mai dovuto combattere in vita loro. La Difesa Usa può fare molto di più secondo il generale, se vuole che questa guerra finisca: all’appello non manca nemmeno il presidente Joe Biden: se l’amministrazione vuole che la guerra finisca, deve essere pronta a dare a Kiev ciò che serve. Ma il 2024 non sarà un anno come gli altri: con gli Usa al voto il sostegno pratico a Zelensky potrebbe presto subire degli intorpidimenti.

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