Guerre ibride, sono ormai sulla bocca di tutti, il loro ingresso nel vocabolario delle masse è avvenuto da tempo, ma un dibattito serio su come affrontarle, perlomeno qui in Italia, ancora non è iniziato. Un grave errore, in parte legato alla discontinuità politica, al quale è necessario rimediare il prima possibile.
Un mattoncino rilevante nel percorso che dovrà (inevitabilmente) preparare l’Italia ad affrontare una delle più grandi sfide del XXI secolo è stato posato nel 2021: la fondazione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN). Sfida che non potrà essere vinta, né tantomeno combattuta adeguatamente, se non si affiancheranno alle operazioni e all’esistenza dell’ACN delle entità deputate ad una comprensione globale del fenomeno; conoscenza propedeutica alla formulazione di politiche difensive, controffensive, offensive e, possibilmente, financo di previsione e anticipazione.
Le operazioni italiane in rete
L’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale è solo l’ultimo strumento di cui si è dotato lo Stato italiano per far fronte ai rischi di uno dei campi d’azione della Hybrid Warfare, ovvero il settore cyber. Il nostro Paese ha infatti già in funzione il Comando per le Operazioni in Rete (Cor), nato nel 2020, che ha ereditato l’esperienza maturata prima dal Comando C4 Difesa, attivo dal 2004, e poi dal CIOC (Comando Interforze per le Operazioni Cibernetiche), attivo dal 2017.
Il Cor è responsabile della condotta delle operazioni nel dominio cibernetico, nonché della gestione tecnico-operativa in sicurezza di tutti i sistemi di Information & Communications Tecnology/C4 della Difesa, al fine di armonizzare e distribuire tempestivamente le informazioni prodotte dai sistemi di comando e controllo, computing, attività ISR (Intelligence Surveillance & Reconnaissance) necessarie ad abilitare le funzioni del capo di Stato maggiore della Difesa, nella sua funzione di comandante in capo delle Forze, e dei Comandi interessati. Dal 26 luglio 2021, questo comando, unitamente al Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali (COFS) e al Comando delle Operazioni Spaziali (COS) è posto alle dipendenze del Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI).
Un importante strumento legislativo atto a migliorare l’attività nel settore cyber è stato offerto recentemente dal Dl “Aiuti” del 14 settembre 2022. All’articolo 37 si legge che il Presidente del Consiglio dei ministri può autorizzare l’adozione di misure di intelligence di contrasto in ambito cibernetico, in caso di crisi o emergenza, anche con la cooperazione del Ministero della Difesa. Le misure sono attuate dall’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (Aise) e dall’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (Aisi), con il coordinamento del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis).
Per far fronte alla multiformità delle minacce cyber, l’Italia ha compiuto un importante passo verso il loro contrasto attivo, sulla scorta di un cambio di postura che è cominciato nel 2015 con la possibilità di utilizzo delle Forze Speciali da parte della catena di comando dei servizi segreti. La parola d’ordine è, infatti, la flessibilità di impiego, soprattutto in un settore – quello cyber – che vede la commistione tra attori civili e statuali, e le cui operazioni sono quasi sempre di difficile attribuzione.
Questione di “cavi”, ma non solo
L’ambito cyber non è l’unico in cui si esplicita l’Hybrid Warfare. Affiancato a questo, che comprende anche quello informativo utilizzante principalmente sempre il World Wide Web, ne esiste uno più fisico legato alle infrastrutture per le comunicazioni, per la distribuzione di energia, e in generale per tutte quelle che risultano vitali per la vita del Paese (acquedotti, linee ferroviarie, stradali, ripetitori per le telecomunicazioni ecc).
Da tempo abbiamo sottolineato come alcune di queste siano particolarmente sensibili: le linee sottomarine, siano esse trasportanti idrocarburi oppure dati telematici, sono più esposte ad attacchi o ad attività di spionaggio.
Il recente attentato ai gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico ha mostrato prepotentemente questa fragilità intrinseca, e il nostro Paese ha, di conseguenza, mobilitato le sue forze per cercare di aumentare la sorveglianza di cavi sottomarini e linee di approvvigionamento energetiche subacquee.
Sebbene si viva in un’era in cui i satelliti hanno un ruolo importante, è sbagliato pensare che questi abbiano tutto il carico delle comunicazioni: è stato calcolato che il 95-97% delle informazioni scorra attraverso una fitta rete di cablaggi che corrono per più di 1,2 milioni di chilometri tra tutti i continenti. Ai satelliti è devoluto il compito – in condizioni normali – di trasmettere solo la restante percentuale, pari circa al 3-5%.
La Marina Militare Italiana è stata quindi chiamata a mobilitare alcuni suoi assetti, principalmente sottomarini, per sorvegliare le linee che corrono lungo i nostri fondali marini.
Questo però, come detto, è solo un aspetto della criticità delle infrastrutture, e per quanto riguarda quelle terrestri il nostro Paese è ancora indietro, ma in questo, almeno in Europa, è in buona compagnia. Gli snodi principali della distribuzione energetica, le condotte forzate degli impianti idroelettrici, oppure le semplici stazioni di pompaggio/distribuzione del gas o le stazioni di scambio ferroviario sono strutture critiche per la sicurezza dello Stato particolarmente fragili.
Difendersi dalle guerre dei cavi
Un possibile modo per poter garantire una qualche forma di sicurezza, senza dover impiegare i militari di professione in missioni tipo “Strade Sicure” (che anche per questo andrebbe chiusa), è quella di aprire un comando per la Difesa territoriale impiegante personale reclutato ad hoc – quindi è necessario, ancora una volta, aumentare il numero degli effettivi nelle Forze Armate. La Germania si sta organizzando da questo punto di vista: Berlino ha attivato il suo primo reggimento di sicurezza nazionale, una nuova forza della Bundeswehr da usare in tempi di crisi nazionale.
Il ministro della Difesa tedesco Christine Lambrecht ha affermato, contestualmente all’annuncio della nascita del nuovo comando, che l’aggressione della Russia all’Ucraina chiarisce che la Germania non può più presumere di essere circondata da nazioni amiche e deve reinvestire in una capacità di difesa nazionale che è stata trascurata. Berlino quindi utilizzerà i riservisti per questo importante compito che vedrà, entro il 2025, la formazione di un totale di cinque reggimenti che possono essere mobilitati in caso di emergenza, ad esempio in occasione di un blackout elettrico a livello nazionale, e per proteggere infrastrutture critiche come ponti, centrali elettriche o altro.
Ma oltre cavi e rete c’è (molto) di più
L’Italia sta costruendo uno scudo cibernetico a protezione del proprio ecosistema virtuale, sullo sfondo di una maggiore attenzione alla vulnerabilità delle infrastrutture critiche, ma molteplici e variegate sono le dimensioni e le trincee delle guerre ibride. Come l’economia – embarghi, militarizzazione dell’import-export, sanzioni, scalate predatorie, speculazione –, la sicurezza – migrazioni di massa, terrorismo – e la mente – disinformazione, operazioni cognitive e psicologiche.
Economia. L’Italia abbisogna di una strategia nazionale per l’autosufficienza nei settori strategici, come l’energia e la salute, per il potenziamento della sicurezza alimentare e per la protezione di campioni nazionali e attori-chiave da manovre speculative. E urgono, altresì, scuole ed entità deputate allo studio e alla comprensione delle guerre economiche. Come nella vicina Francia, patria del dirigismo e dell’intelligence economica.
Sicurezza. I rischi associati alla fluidità del confine meridionale dell’Italia, coincidente con le acque del Mediterraneo, sono palesi da decenni: flussi di barchini e barconi di immigrati irregolari, quando orchestrati da governi e quando da reti criminali – con la complicità di organizzazioni nongovernative –, all’assalto costante delle isole e delle coste meridionali. L’aumento dell’influenza esercitata da Mosca e Ankara tra Sahel e Cirenaica potrebbe esacerbare ulteriormente la situazione, sottoponendo Roma a un crescendo di pressioni migratorie dall’alta carica destabilizzativa. Una riformulazione integrale del modus operandi nostrano, magari attingendo alle esperienze spagnola e polacca, è quel che serve per non perpetuare ad infinitum l’attuale condizione di inerme vittima delle migrazioni di massa coercitive, per stanare con più facilità eventuali infiltrazioni malevole e per prevenire disordini sociali.
La sfida delle guerre cognitive
Operazioni cognitive, l’ultima frontiera delle guerre ibride, che han trasformato la mente nel sesto dominio della conflittualità. La tecnologia dell’informazione al servizio dell’ingegneria del dissenso: messaggistica istantanea, nuovi media, social network, streaming. I danni di queste armi psico-distruttive sono stati visti e vissuti in Italia e nel resto dell’Unione Europea durante la pandemia di COVID19, tra moti antirestrizioni e antivaccinismo galvanizzati dalle operazioni cognitive di Russia e Cina.
Il futuro è rappresentato da scenari di guerre cognitive permanenti – fisiologica inevitabilità del villaggio globale. Scenari in grado di nuocere ad alcuni più che ad altri – il pluralismo quale forza e debolezza delle liberal-democrazie. E che sapranno contrastare con efficacia coloro che investiranno maggiormente nel controllo delle piazze digitali, dosando saggiamente verifica dei fatti e censura, e nella realizzazione di sistemi educativi capaci di formare la cittadinanza ad autonomia cognitiva, scetticismo attivo e spirito critico.
All’Italia occorre, nel contesto dell’albeggiante era delle guerre cognitive, recepire le indicazioni in materia provenienti dall’Alleanza Atlantica e costituire un ente modellato secondo l’Agenzia per la difesa psicologica della Svezia. Perché investire in autonomia cognitiva e controllare le agorà virtuali potrebbe non essere sufficiente, giacché le operazioni cognitive, in quanto esperite fra Facebook, TikTok e WhatsApp, nascono per sfuggire alle maglie della censura e per piantare semi di caos creativo nei luoghi più impensabili. Costruire un sistema educativo migliore oggi per avere un’opinione pubblica meno vulnerabile domani.