Chiamasi effetto domino quella reazione a catena che si scatena quando un cambiamento, apparentemente piccolo o irrisorio, produce un’analoga modifica allo status quo tale da originare una sequenza, più o meno lineare, di ulteriori cambiamenti. Qualcosa del genere potrebbe avvenire in Asia da un momento all’altro. Solo che, per sottolineare la gravità della situazione, sarebbe meglio parlare di effetto domino nucleare. La regione che rischia di essere inghiottita dalla spirale del riarmo atomico può essere localizzata nel nord-est asiatico, ovvero nell’area compresa tra Giappone, penisola coreana e Cina. Va da sé, ovviamente, che variazioni locali potrebbero quasi sicuramente creare scossoni anche nel resto del continente.

Per evitare situazioni scomode, come ha evidenziato l‘Asia Times citando esperti sudcoreani, sarebbe quanto mai necessario creare al più presto una cornice, un quadro di dialogo sulla sicurezza capace di includere i principali attori della contesa. Il problema più spinoso è tuttavia rappresentato dalla Corea del Nord, Paese che non ha alcuna intenzione di privarsi dell’arma nucleare, unico deterrente per tenere in scacco gli Stati Uniti e i suoi alleati asiatici. Senza che la pressione oltre il 38esimo parallelo possa in qualche modo alleggerirsi, difficilmente gli altri governi regionali abbasseranno la guardia. Al contrario, come del resto sta già avvenendo (basta guardare il Giappone), quegli stessi governi risponderanno colpo su colpo sfornando armi sempre più pericolose.

Il primo tassello del domino: la Corea del Nord

La denuclearizzazione della penisola coreana è un tema tanto vecchio quanto, al momento, irrealizzabile. I dialoghi tra Stati Uniti, Corea del Nord e Corea del Sud per archiviare il nucleare sono congelati, e non sappiamo quando, se e come riprenderanno. Come se non bastasse ci sono tre variabili che rischiano di aggiungere ulteriore benzina sul fuoco in tutto lo scenario del nord-est asiatico: 1) le tensioni tra Cina e Stati Uniti non accennano a placarsi; 2) le potenze occidentali hanno messo nel mirino il Mar Cinese Meridionale e zone affini per bilanciare il potere cinese e, al contempo, espandere il proprio; 3) i nordcoreani, come detto, non sembrano aver intenzione di privarsi dell’unico deterrente che consente loro di fare la voce grossa nella regione.

Ma che cosa comporta tutto ciò? Semplice: finché la Corea del Nord non accetterà la via della denuclearizzazione (perché, però, dovrebbe farlo?) nessuno, nei dintorni geografici della penisola coreana, smetterà di rafforzarsi militarmente. Già, perché la Corea del Sud, supportata dagli Stati Uniti, è pronta a stringere i muscoli puntando sul suo sofisticato sistema di difesa “a tre assi” (three-axis defense system), costituito da Kill Chain, Korean Air and Missile Defence (KAMD) e Korea Massive Punishment and Retaliation (KMPR).

La Cina e il Giappone: reazioni prevedibili

Le armi sudcoreane, e l’ambigua presenza americana a pochi passi dalla Cina, hanno da sempre spinto Pechino a guardare con estrema diffidenza il ruolo di Washington nella penisola coreana. Il Dragone non tollera ingerenze nel proprio cortile di casa, e ogni corsa agli armamenti guidata indirettamente dall’America viene vista come fumo negli occhi. A quel punto il governo cinese potrebbe a sua volta stringere i muscoli per ottenere un margine di sicurezza sugli avversari.

Ma neppure il Giappone, altro alleato americano, vuole restare indietro. Non a caso Nobuo Kishi, ministro della Difesa nipponico, ha appena comunicato che Tokyo porterà la spesa per la difesa oltre la tradizionale soglia dell’1% del pil. Non solo: alcuni esperti sostengono che il Giappone, nel caso in cui le condizioni geopolitiche lo richiedessero, sarebbe in grado di armarsi di armi atomiche nel giro di pochi mesi. Come scordarsi, poi, dell’avvertimento di Pyongyang? A gennaio la Corea del Nord aveva annunciato lo sviluppo di un vasto arsenale di nuove armi.

Poco distante anche Taiwan, “preda” di Pechino, e anch’essa pronta a correre verso un pericoloso riarmo. E che dire della Russia, alleata cinese e avversaria di Washington? L’imperativo assoluto è dunque uno: evitare l’effetto domino nucleare. La possibile soluzione? Stabilizzare la sicurezza regionale mediante colloqui ad hoc che comprendano Cina, Giappone, le due Coree, la Russia e, ovviamente, gli Stati Uniti.

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