Il via libera degli F-16 all’Ucraina è l’ultima (ennesima) “linea rossa”, o presunta tale, superata nel corso della guerra. Dall’inizio del conflitto si pensava che l’invio di aerei occidentali a Kiev potesse essere una decisione rischiosa per il difficile e intricato equilibrio creato con la Russia. Tuttavia, la scelta del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di non frapporsi tra l’Ucraina e la coalizione che sosterrà l’addestramento e l’invio di questi caccia rappresenta certamente una svolta non secondaria nelle dinamiche del conflitto.

Ma perché fino a questo momento gli F-16 a Kiev non sono stati messi all’ordine del giorno delle potenze occidentali e si è dovuti giungere al G7 di Hiroshima per avere una svolta? I motivi sono molteplici e di diversa natura.

Come accennato in precedenza, una prima ragione riguarda i rapporti con Mosca. Da sempre queste “linee rosse“, spesso più presunte che effettive, servono a marcare un livello dello scontro tra Occidente e Cremlino. Nel corso della guerra, tante di queste linee sono state poi man mano smentite, dalla consegna di vecchi aerei sovietici a quella di missili a lunga gittata, fino all’arrivo dei carri armati europei e americani. Tutte queste misure sono state viste prima come ipotesi, discusse soprattutto per evitare che queste potessero innescare pericolose escalation dirette con la Russia.

Poi, in un secondo momento, le ipotesi sono diventate realtà, trasformando il dibattito interno in provvedimenti precisi a sostegno dell’Ucraina, e spesso con l’impressione che il passaggio dall’ipotesi alla concretizzazione fosse in realtà un periodo di gestazione per comprendere i nuovi equilibri interni all’Alleanza Atlantica. La consegna di aerei occidentali è sempre stata vista come una sorta di “punto di non ritorno”. E a tal proposito, è importante ricordare che il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha ribadito che Washington non sta “consentendo o sostenendo attacchi sul territorio russo e ciò vale anche per il supporto alla fornitura di F-16 da parte di chiunque”. Inoltre, sempre Sullivan ha parlato di “miglioramento dell’aviazione ucraina come parte del nostro impegno a lungo termine per l’autodifesa dell’Ucraina”. Avvertimenti e prospettive ben diverse rispetto a controffensiva o attacchi in piena autonomia.

Un secondo tipo di problema ha sempre riguardato l’addestramento dei piloti ucraini. Da un lato c’è il luogo: dove si addestreranno le forze ucraine. Un altro punto è con quali mezzi, poiché molti potrebbero non fornire i mezzi necessari all’istruzione degli avieri di Kiev. Un terzo problema riguarda invece il tempo necessario ai piloti per essere addestrati a sufficienza. Poiché se è vero che in questi ultimi tempi, complice anche la forte richiesta di Volodymyr Zelensky, si è cercato di ridurre al minimo l’arco temporale considerato necessario per addestrare i piloti, è altrettanto vero che i più esperti piloti e istruttori di F-16 ritengono improbabile che le unità ucraine possano essere addestrate in modo sufficiente e in pochissimi mesi. Un istruttore ha spiegato al portale The Drive che per piloti esperti, con centinaia di ore di volo su mezzi occidentali, sarebbero comune necessari mesi di addestramento. E quelli ucraini, al momento, non hanno alcuna esperienza di partenza su aerei diversi da quelli di fabbricazione russo-sovietica.

Un altro punto su cui vale al pena riflettere è inoltre la complessità di questi aerei, i quali potrebbero essere meno utili di quanto si possa ritenere a una prima lettura. Come spiegato già su questa testata, gli F-16 si troverebbero infatti a dover fronteggiare in questa fase del conflitto diversi ostacoli a un loro impiego. Le piste ucraine non sono adatte a questi mezzi, la catena logistica e i centri di manutenzione sarebbero molto vulnerabili o comunque non idonee per gestire questi aerei. Inoltre, l’assenza di vere bolle difensive impenetrabili da parte di Kiev renderebbe le eventuali basi per gli F-16 delle facili prede degli attacchi missilistici russi, in assenza di una grande copertura antiaerea fornita sempre dall’Occidente. Inoltre, sempre sotto il profilo squisitamente tecnico, alcuni analisti hanno sottolineato come l’assenza della superiorità aerea metta a serio rischio i caccia concessi all’Ucraina, in primis perché l’aviazione e la contraerea russe sono di fatto intonse da mesi, in secondo luogo perché i sistemi russi costringerebbero gli F-16 a volare a quote e distanze che renderebbero inutile o molto depotenziato il loro utilizzo. Tutti motivo per i quali – come scritto – alcuni think tank, tra cui il Rusi, consideravano il Gripen il caccia più adatto alle esigenze di Kiev.

Infine, c’è poi un altro tema che ha rappresentato motivo di dibattito e dunque di consolidamento di questa “linea rossa”: chi consegnerebbe questi aerei. Sul punto, non c’è una totale convergenza. Gli osservatori più esperti ritengono che i Paesi che al momento potrebbero fornire questo tipo di aerei sono Danimarca, Norvegia e Paesi Bassi. Le forze aeree di questi Stati hanno già contrattato la sostituzione dei vecchi F-16 con altri mezzi, in particolare F-35A. E questo renderebbe meno traumatico l’invio dei modelli più vecchi all’aeronautica ucraina. Non va dimenticato inoltre che proprio Danimarca e Paesi Bassi hanno aderito subito con convinzione alla coalizione dei caccia per Kiev e hanno già manifestato l’interesse ad addestrare i piloti ucraini con i propri jet. E questo potrebbe essere un indizio sull’impegno a consegnarli.

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