Le colonne dei templi di Palmira, fino a pochi giorni fa, erano ornate con le bandiere nere del Califfo e negli antichi anfiteatri romani venivano messe in scena macabre esecuzioni.Tutt’attorno la folla desiderosa di sangue, come in un rito crudele. Le immagini si diffuse su Twitter: i volti atterriti dei soldati siriani contro le barbe incolte dei jihadisti.I militari di Assad escono da una porta dell’anfiteatro. Le divise sono sdrucite e i capelli in disordine. Gli occhi fissano la sabbia. Nelle immagini del terrore sfilano ancora una volta le Toyota. Questa volta non sono bianche, sono coperte di sabbia per essere in pendant con l’ambiente (l’occhio dei registi dello Stato islamico è attento anche a questi dettagli).L’enorme bandiera nera del Califfo svetta al centro dell’anfiteatro. I soldati siriani sono inginocchiati; dietro di loro bambini armati. Poi le scariche di pistola e i fiotti di sangue.Era questa la vita a Palmira fino a tre giorni fa. L’antica città era caduta in mano al sedicente Stato islamico lo scorso 21 maggio. La colpa principale? Dello stesso governo siriano, che non era stato in grado di rifornire i suoi stessi soldati. I loro ultimi messaggi ai familiarisono drammatici: “Abbiamo finito tutte le munizioni. Siamo spacciati”.Un errore di valutazione non da poco, quello del governo siriano. Palmira si trova infatti a circa metà strada tra Damasco e Deir el-Zor ed è a soli 227 chilometri da Al-Raqqa, la capitale del sedicente Stato islamico. La sposa del deserto è rimasta per oltre dieci mesi nelle mani dei terroristi. Ora è stata liberata e la sua liberazione ci dimostra almeno due cose. La prima è che, come ha scritto Fulvio Scaglione su queste pagine, Putin aveva ragione sulla questione siriana. L’intervento russo in Siria non ha allungato la guerra. Anzi: sembra proprio averla accorciata. Secondo punto importante: per vincere la guerra contro l’Isis è necessario collaborare con l’esercito regolare siriano. La rabbia del mondo arabo è esplosa anche a causa di guerre sconclusionate (Afghanistan e Iraq in testa). L’occidentale è visto come un invasore, un nemico da combattere a tutti i costi. Per questo motivo, se si vuole sconfiggere Daesh è necessario collaborare con le forze locali presenti sul campo.