Lo scontro tra Kiev e Mosca si arricchisce di un ulteriore, inquietante e scivoloso terreno di scontro: quello degli omicidi mirati. Le parole del capo dell’intelligence militare ucraina, Kirilo Budanov, sono state molto chiare. Il vertice dei servizi ucraini ha confessato la responsabilità del Gur nelle operazioni che hanno colpito i “propagandisti” russi. Come riportato da Repubblica, la frase di Budanov appare cristallina. A una precisa domanda su come hanno agito in questo tempo i servizi di Kiev, il capo dell’intelligence militare ha risposto: “Diciamo cosi, abbiamo già raggiunto molte persone”. Sui casi specifici, Budanov ha risposto il più classico dei “non possiamo confermare né smentire”. Ma queste dichiarazioni, rilasciate su Youtube, si collegano a quanto già detto dallo stesso funzionario il 7 maggio, quando Budanov ha ammesso che che gli agenti di Kiev continueranno “a uccidere russi ovunque sulla faccia di questo mondo, fino alla completa vittoria dell’Ucraina”.
L’escalation di toni ha provocato l’immediata reazione di Mosca, che ha ribadito attraverso vari portavoce l’idea del Cremlino su Kiev come “sponsor del terrorismo”. La scelta di parole non è certo casuale, dal momento che in Occidente da tempo ci si sofferma sulla designazione della Russia quale Stato sponsor del terrorismo: indicazione che è stata già fornita dal Parlamento europeo in una risoluzione dello scorso anno. Ma quello che conta è anche la risposta data dal portavoce della presidenza russa, Dimitry Peskov, che in riferimento a quanto detto da Budanov, ha aggiunto che la Russia possiede “servizi speciali che faranno tutto il necessario dopo tali dichiarazioni. Nessuno dovrebbe avere dubbi al riguardo”.
Le frasi di Peskov e Budanov non sembrano pertanto ammettere dubbi. Kiev e Mosca combattono su vari livelli, e uno di questi adesso è senza dubbio quello delle operazioni in quella zona grigia fatta di azioni fantasma che nella maggior parte dei casi restano avvolte nell’oblio e nell’anonimato e di cui si parla solo con alcune indiscrezioni.
Un’area in cui inevitabilmente si muovo le agenzie di intelligence: strumenti fondamentali per la conduzione di un conflitto in cui hanno importanza diversi fattori, tra i quali non soltanto la ricerca di informazioni, lo spionaggio e i sabotaggi, ma anche la decapitazione dei comandi nemici o l’eliminazione di personaggi che rappresentano avversari ma anche simboli. E che soprattutto alimentano l’idea che il Paese nemico sia territorio di caccia per i propri agenti.
Sotto quest’ultimo profilo, vale anche la pena riflettere sul modo in cui queste parole di Budanov incidono nell’immagine della Russia e del sistema di sicurezza dello Stato che ha scatenato la guerra. L’idea che i servizi ucraini confessino di uccidere russi “ovunque”, sottolinea l’immagine che essi riescano a penetrare quella che si considera una “fortezza”. La dichiarazione quindi rappresenta uno squarcio profondo sia nel lavoro dell’intelligence russa sia nella stessa percezione di sicurezza che Vladimir Putin ha voluto da sempre dare alla sua opinione pubblica e che adesso invece vacilla. Due colpi quindi. Da un lato Budanov mostra il fianco scoperto di Mosca: gli uomini di Kiev sono in grado di arrivare a chiunque. Dall’altro lato, il capo del Gur non certifica veramente che certi omicidi siano opera di Kiev (la cui regia è impossibile da verificare) ma si inserisce in ogni caso nel complesso campo della guerra psicologica. Al pari degli attacchi contro il territorio della Federazione, l’Ucraina intacca la certezza di molti russi, e cioè che la guerra non è né sarà combattuta entro i propri confini. E questo, per un presidente che viene dal Kgb e che si considera protettore del suo popoli, è un doppio problema.